Corriere dello Sport

Stefano Domenicali nuovo Ceo della Formula 1, l’ultimo mondiale Ferrari porta la sua firma

L’attuale presidente e a.d. della Lamborghin­i ricoprirà il ruolo di CEO del Formula One Group

- Burreddu

Èl’uomo del fare, pieno di grazia e di sensibilit­à, capace di avere la scintilla vincente e di non perdere mai il sorriso. L’uomo giusto, insomma, per prendere posto sul ponte di comando della Formula 1.

Manca solo la conferma, ma Stefano Domenicali sta per tornare in pista. Dopo aver guidato i vertici di Audi e Lamborghin­i, dove ricopre attualment­e la carica di presidente e amministra­tore delegato, ora il manager imolese è pronto a prendere il posto di Chase Carey nel ruolo di Ceo di Formula One Group, il braccio sportivo di Liberty Media.

VOCE. La voce gira da mesi. Ma Domenicali è schivo, non dice nulla. Si aspetta. Certo ieri la BBC ha reso la voce un po’ più forte, un po’ più vera. A ore infatti si attende un comunicato ufficiale, ultimo atto di un percorso che ha convinto Domenicali a tornare lì dove ha vinto, cioè in quella Formula 1 che tante soddisfazi­oni gli aveva dato in un passato non troppo lontano.

SPORT. Tutta la vita di Domenicali è legata allo sport. Nel suo ufficio alla Lamborghin­i le pareti sono tappezzate di maglie, di foto, di cimeli legati regalati dagli amici.

Da ragazzino andava al campetto dei Cappuccini dietro casa, a Imola. Ci andava con il suo amico Giancarlo Marocchi, che con il pallone era più bravo, infatti poi è diventato un calciatore del Bologna e della Juventus. Stefano era quello bravo coi numeri, con la gestione, con l’intuito. Era già un grande manager. D’altra parte nella vita di Domenicali lo sport c’è stato sempre. Il pallone, e le giornate piene di fango sul campo dei frati dietro casa.

BASKET. Ma anche il basket, che Domenicali andava a vedere al PalaDozza quando faceva l’università. Era la Bologna piena di vita, di cultura, di musica. La città che ha influenzat­o la sua vita, anche se poi ha viaggiato, è andato lontano. Finché non ha incontrato la velocità e le sue contraddiz­ioni, la pista, i piloti, e l’idea che inseguire la vittoria non è solo una questione di motore.

AVVENTURA. Entrato in Ferrari nel 1991, passato team manager dal 1996, la scalata di Domenicali è stata da subito naturale. Non scontata, mai banale.

Nel 2002 diventa Direttore Sportivo al fianco di Jean Todt e di Ross Brawn. Stefano studia, quella è una cosa che non ha smesso mai di fare. Nemmeno dopo, quando è diventato tra i manager più attivi in circolazio­ne. E’ stato artefice dei successi ferraristi dell'era Schumacher e dell'ultimo titolo piloti vinto da Maranello con Kimi Raikkonen, nel 2007.

Di più. Diventato Team Principal nel 2008, è in quella stagione che Domenicali guida la Ferrari all'ultimo titolo Costruttor­i sfiorando anche quello piloti con Felipe Massa. Perso all’ultima curva in Brasile. Poi il calo, la fine di una parabola incredibil­e. Ma comunque costellata di grandi risultati con Fernando Alonso: un secondo posto nel 2010 e poi ancora nel 2012 e nel 2013.

FERRARISTI. Nel 2014, con l’ingresso nell’era ibrida, di una Formula 1 diversa rispetto a quella dei primi anni Zero, Domenicali lascia. E’ sempre stato un arrivederc­i, il suo.

Nel frattempo ha guidato l’Audi, e poi la Lamborghin­i, che sotto la sua gestione è cresciuta costanteme­nte negli ultimi sette anni, superando nel 2017 il miliardo di fatturato e lanciando il Suv Urus, nel 2018. Ora l’imminente passaggio alla guida mondiale della Formula 1.

Quasi a completare un ideale trittico ferrarista: Ross Brawn dal 2017 è direttore generale e responsabi­le sportivo del progetto F1 di Liberty Media, mentre Jean Todt è dal 2009 presidente della Fia, la Federazion­e Internazio­nale dell'Automobile.

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Stefano Domenicali, 55 anni, oggi a.d. e presidente della Lamborghin­i
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