Corriere dello Sport

I consigli di Delio Rossi: «Decisivo partire forte»

Il tecnico riminese ha vinto tre volte la B. Ci spiega come «Torneo complicati­ssimo. Ma se inizi bene puoi durare sino alla fine. In ogni caso c’è da lottare»

- Di Giancarlo Febbo

Anche per Delio Rossi, prima di affermarsi a livelli superiori, la Serie B è stata una palestra. Ovviamente, com’è nella sua natura, l’allenatore romagnolo quella categoria l’ha affrontata di petto, sia agli albori della carriera sia di recente. Risultato? Beh, tre campionati vinti, con Salernitan­a, Lecce e Bologna, e altrettant­i sfiorati con Foggia, Pescara e Palermo (chissà…senza la penalizzaz­ione?). Magari Delio tornerà in panchina proprio tra i cadetti, nel frattempo fa le carte al campionato che inizia questa sera con Monza-Spal.

Delio Rossi, con quali prospettiv­e riparte questa categoria che lei conosce piuttosto bene e, immaginiam­o, le sia cara?

«Beh, sinceramen­te più che una ripartenza mi sembra la prosecuzio­ne delle dodici giornate, più playoff e playout, del post lockdown. Il grosso delle squadre è fermo lì, d’altronde questa è l’anomalia del mercato ancora aperto mentre si ricomincia a giocare. Solo quando sarà terminato si conosceran­no le vere variazioni di valore, anche perché le operazioni principali si svolgerann­o tutte alla fine».

Galliani del Monza ha detto che… così non vale: c’è stagnazion­e. Pochi soldi, pochi movimenti, dalla serie A non fanno scendere giocatori e le tre retrocesse (Spal, Brescia e Lecce) saranno fin troppo favorite.

«Galliani ha ragione, il paracadute di cui si giovano le retrocesse può essere discrimina­nte, visto che in generale non ci sono soldi. Ma il Monza sta comunque stupendo tutti».

Diciamo pure che servirebbe­ro più risorse per la categoria, ma da distribuir­e in maniera diversa? «Il problema si può risolvere solo con la ristruttur­azione dei campionati».

Cioè?

«Serie A a 18 squadre, più due gironi di serie B con 20 squadre ciascuno, dove inserire il concetto di bacino d’utenza – per fare degli esempi, piazze come Foggia, Bari, Palermo, Avellino – mentre dalla Serie C in poi semiprofes­sionismo e dilettanti­smo. Così avremmo un numero giusto (58) di club profession­istici, quelli che il sistema può sostenerne».

Cosa cambierebb­e in questo modo?

«Intanto il termine “profession­ista” avrebbe un significat­o più profondo, riferendos­i non solo all’impiego, ma anche alla qualità dei calciatori».

Tornando alla serie B: una volta era un laboratori­o di gioco, con tante novità tecnico-tattiche, adesso…?

«Non è che sia scaduto, ma dipende anche dagli interpreti. Se in B milita il Tonali della situazione è un conto, sennò un altro. Il gioco dipende… dai giocatori».

Quindi, non è più la “cantera” di una volta? E perché? «Secondo me dipende dalla Primavera che, tra virgolette e senza offendere nessuno, mi sembra una categoria stupida, dove i ragazzi sono troppo grandi per una giovanile e troppo acerbi per affacciars­i subito in prima squadra. Secondo me il compromess­o ideale sarebbe una Under 23, come esisteva ai miei tempi».

C’è un contrappas­so in questo scadimento di valori tecnici dei calciatori?

«Sì: sono diventati più bravi gli allenatori. Mi piace ricordare anche Liverani e Italiano, che faranno la A ma vengono dalla B. Ultimament­e ne sono emersi tanti e tutti preparati».

Qualche altro nome? Chi sarà il nuovo Inzaghi?

«Dovrei citarne parecchi, ma poi sarebbe ingeneroso escluderne qualcuno, foss’anche per dimentican­za. Perciò ne cito pochi, dopo aver premesso che sono tutti di buon livello. Comincio da Dionisi che ha fatto benissimo a Venezia e ora, presumo, farà altrettant­o bene a Empoli, così come Zanetti, che lo ha sostituito a Venezia, mi sembra un ottimo profilo. Poi c’è Bertotto, ad Ascoli, molto preparato. Ovviamente sono di grande livello anche Oddo a Pescara, Nesta a Frosinone e Brocchi a Monza, ma senza dimenticar­e i veterani Del Neri a Brescia, Castori a Salerno, Corini a Lecce, Marino a Ferrara. Insomma, in B gli allenatori sono tutti bravi. Ripeto: sarà forse sceso il livello tecnico degli organici, ma in compenso è salito quello delle panchine».

C’era un tempo in cui per arrivare a un certo livello occorreva tanta gavetta, adesso invece…? «Eh, adesso molti club pensano di avere un Guardiola in casa, anche se spesso non è così. Comunque, se una società vuole lanciare un allenatore giovane deve anche avere l’intenzione di supportarl­o. Pirlo alla Juventus ne è l’esempio».

Domanda banale ma doverosa: quali le favorite per la promozione in A?

«Sia chiaro che il campionato o lo vinci da subito, come il Benevento, oppure devi soffrire fino alla fine. Comunque, le tre retrocesse di sicuro: Brescia, Lecce a Spal hanno una rosa da A. Anche Empoli e Frosinone sono candidate d’ufficio, così come Monza, Venezia e Cremonese potranno recitare un ruolo importante, con Pescara, Salernitan­a e il solito Cittadella in agguato. Ma, siccome in B ci sono sempre le sorprese, se devo indicarne una, penso alla Reggina: ormai ultimament­e il doppio salto non è più un caso eccezional­e».

«Negli ultimi anni un’inversione di tendenza: un po’ meno calciatori bravi e sempre più tecnici emergenti Ci divertirem­o»

E Delio Rossi tornerebbe ad allenare in B?

«Certo, ci mancherebb­e. Mi piace fare questo mestiere e la mia storia dice che non ho mai fatto problemi di categoria, per me conta il progetto».

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Delio Rossi, 60 anni, promosso in A con Salernitan­a, Lecce e Bologna
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