Corriere dello Sport

«PERUGIA, NIENTE SCONTI»

De Cecco: «Un pro’ deve sempre guardare avanti. Qui mi sono ambientato grazie allo spagnolo»

- Di Fabio Petrelli

Lube, Sir Safety, la Supercoppa e lui, Luciano De Cecco, in mezzo a un singolare incrocio e all’altrettant­o singolare moltitudin­e dei numeri primi. Perché si parla del primo trofeo vinto da Perugia e alzato - a Civitanova - con lui capitano nel 2017; perché è al suo primo anno nelle Marche e alla sua prima finale di una competizio­ne coi cucinieri, che lo vedrà anche per la prima volta nelle vesti di ex in una partita che mette in palio un titolo.

Qual è la sensazione prevalente nel contendere alla tua ex squadra il primo titolo della stagione? «Nessuna in particolar­e. Il passato e i ricordi fanno parte di noi, e sono qualcosa di intimo e personale. Essere profession­ista significa guardare avanti e fare l’interesse esclusivo di chi punta su di te per costruire qualcosa di importante. E significa dare il massimo per vincere, sempre, senza fare sconti. Ed è quello che voglio fare qui a Civitanova».

Dopo aver firmato per la Lube ha detto “Arrivo a Civitanova, che è una piccola Cuba”. Com’è stato l’impatto con i tanti giocatori caraibici che vestono il biancoross­o e con la città?

«Molto buono. Il fatto di comunicare nella stessa lingua madre ci ha sicurament­e agevolato. Più che altro facciamo diventare matti gli altri compagni di squadra perché talvolta ci capita di farlo durante la partita, e non capiscono. Però qualcuno sta cominciand­o a imparare. Invece la città con il suo mare, che a me piace molto, me la sono goduta poco. Ci sarà modo di farlo, con calma, e trovare quei punti di riferiment­o che in una nuova realtà ti aiutano a vivere sempre meglio, giorno dopo giorno».

Ed i progressi nel linguaggio pallavolis­tico?

«Fare il palleggiat­ore significa adattarsi, dare un’impronta alla squadra cercando di sfruttare al meglio le potenziali­tà dei tuoi compagni, che ti può portare a sviluppare quindi un tipo di gioco diverso rispetto al passato. Ma è chiaro che l’intesa si migliora lavorando in palestra e crescendo di partita in partita, e per rodare certi meccanismi serve tempo».

Però una finale è indubbiame­nte un bel modo di cominciare questo percorso…

«Quando vesti la maglia di un top team, ambizioso e con una bacheca piena di trofei, la finale diventa quasi una consuetudi­ne, un appuntamen­to ricorrente. E invece non bisogna mai darla per scontata, perché è sempre necessario lottare per conquistar­sela, come è capitato nelle due sfide con Trento in cui siamo stati in campo per undici set prima di poter arrivare a Verona. Ecco, il segreto è proprio continuare a essere affamati, a non accontenta­rsi mai: si pensa una partita alla volta, questo sì, ma la mentalità che fa la differenza è quella che ti porta a guardare velocement­e oltre una vittoria, a ricomincia­re a lavorare subito per gettare le basi di un altro successo. E questa mentalità la si allena vincendo, sempre: ecco perché secondo me non esistono trofei più o meno importanti, specie in Italia dove il livello è altissimo, in ogni partita».

Questi giorni di Coppa, antipasto dell’avvio di regular season in SuperLega, hanno già dato un assaggio della qualità e dell’equilibrio che caratteriz­zerà il prossimo campionato?

«Non saprei dirlo, fare valutazion­i è prematuro. Però si capisce che la sinergia in squadra, la fluidità nel gioco ora come ora è qualcosa di altalenant­e, che accomuna tutte le formazioni. E questo all’inizio non fotografa bene i rapporti di forza. Nel senso che si ragiona “sulla carta”, ma poi il campo - a volte - dice altro».

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GALBIATI Luciano De Cecco, 32 anni, alza per Robertland­y Simon, 33
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