Corriere dello Sport

La nuova grammatica del contagio-infortunio

Un concetto che cambia la percezione del virus nello sport La pandemia fa aggiornare di continuo i regolament­i e i protocolli ma servirebbe più equilibrio nel fissare le limitazion­i

- di Angelo Carotenuto

Un focolaio con quindici positivi in casa di una squadra di serie A alla fine è parsa una cosa enorme finanche ai presidenti delle altre diciannove. Mandare il Genoa domani in campo contro il Torino sarebbe stata una violazione di ogni principio di lealtà e di equità sportiva.

Un focolaio con quindici positivi in casa di una squadra di serie A alla fine è parsa una cosa enorme finanche ai presidenti delle altre diciannove. Mandare il Genoa domani in campo contro il Torino sarebbe stata una violazione di ogni principio di lealtà e di equità sportiva, oltre che mancanza di buon senso, un azzardo sotto il profilo sanitario. La pandemia ci ha insegnato a considerar­e mutevoli gli scenari e dunque le contromoss­e da prendere. La nostra stessa percezione è mutata. Il contagio di Rugani fu uno shock che spinse a fermare il campionato, i quindici del Genoa hanno fatto credere a qualcuno che si potesse andare avanti. In mezzo c’è stato un mondo di dolore e lutti, c’è la consapevol­ezza che la battaglia sarà lunga, c’è la necessità di vivere nel frattempo quella che stiamo chiamando una nuova normalità, nella quale tenere insieme norme di sicurezza di fronte alla seconda ondata e un surrogato di esistenza che salvi economie e passioni, sentimenti e stipendi. Una routine quanto più vicina all’originale. Il nostro elementare bisogno di tenerci compagnia.

È nato così il concetto del contagio considerat­o come un infortunio. È frutto della ricerca di una nuova grammatica dell’esistenza dopo il lockdown. I primi a occuparsen­e e a teorizzare la necessità di non fermarsi dinanzi a delle positività sono stati i carrozzoni milionari dei motori, la Formula 1 e la MotoGP. Fecero scalpore il 5 maggio le parole del professor Gérard Saillant, guida del comitato medico della federazion­e internazio­nale di automobili­smo, che in una intervista a l’Équipe spiazzò dicendo:«I Gp non vanno cancellati. È come dire che chiudiamo la metropolit­ana perché abbiamo un passeggero positivo». Era maggio, oggi è un pensiero digerito. Già due settimane dopo, il gran capo della Dorna che organizza la MotoGP, Carmelo Ezpeleta, poteva dire a Radio Marca dando meno scandalo: «In caso di positività gli altri vanno avanti». La Formula 1 ha inventato la panchina. La Racing Point ha mandato in pista il tedesco Hülkenberg quando è stato contagiato Pérez. Non è parso strano a nessuno.

Ora, il concetto del contagio come infortunio, nel calcio sarebbe perfino più lineare. Il calcio ha un vantaggio, le panchine fanno parte da sempre della sua natura. Ma esiste una misura. Non si può pensare che le panchine da sole siano tutto. Quella Francia a cui in primavera molti hanno dato una patente di superiore sensibilit­à per aver annullato la Ligue 1, è partita con un protocollo che rinviava le partite con 4 positivi in una settimana. Quando si sono accorti che non funzionava, lo hanno cambiato in corsa. Ora ci si ferma con 11 positivi. Noi con 15 volevamo andare avanti. I club francesi hanno consegnato una lista di 30 giocatori in Lega e giocano se 20 sono negativi. È una proporzion­e rispettosa sia di chi si ammala sia degli interessi del sistema. C’è più equilibrio che nella soluzione trovata ieri in Lega, in vigore da metà ottobre: l’adesione al protocollo UEFA che impone si giochi con 13 calciatori negativi.

Con le rose italiane da venticinqu­e, conservand­o la stessa proporzion­e francese, la serie A avrebbe potuto alzare il limite a 16 negativi. Sedici giocatori con due portieri avrebbero avuto il pregio sia di ricalcare l’assetto classico avuto dalle squadre in decenni di calcio sia di garantire a tutti una formazione titolare e cinque teorici cambi. Sarebbe stato salvaguard­ato il principio di equità tra un club in emergenza e uno no. I 13 dell’UEFA ai quali ora l’Italia si adegua, sono una soluzione pensata mesi fa, prima della nuova ondata. La pandemia obbliga a ripensarsi di continuo. Il Tour ha cambiato i suoi protocolli tre volte, l’ultima poche ore prima del via. Dinanzi all’eventualit­à di un nuovo focolaio stile Genoa, dai 10 contagi in su - una ipotesi non impossibil­e nell’Italia dell’autunno 202021 - la Lega Calcio ha inventato la possibilit­à che un club chieda il rinvio, ma solo una volta, una volta all’anno. È una specie di jolly. Come si faceva il giovedì sera a Giochi senza Frontiere. Ma come fanno in una settimana i 10 positivi a guarire, allenarsi e tornare disponibil­i?

 ?? LAPRESSE ?? Mattia Destro, 21 anni, è positivo al Covid
LAPRESSE Mattia Destro, 21 anni, è positivo al Covid
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy