SOSTENIBILITÀ AUDI IL FUTURO È UN’ATTITUDINE
Il manifesto della Casa di Ingolstadt spiegato dal Direttore di Audi Italia, Fabrizio Longo «Non ha più senso parlare di auto se non sono in connessione con la nuova sensibilità delle persone»
Vendere macchine ai tempi del Covid mentre è in corso la più complessa transizione energetica della storia, è un’impresa sempre più complessa. Le perdite non sono ancora ben quantificabili, ma sicuramente ingenti. Eppure bisogna andare avanti, cercare strade nuove, perchè quelle non mancano mai, bisogna solo saperle cercare e trovare, oltre che sceglierle. Audi da molto tempo ha cominciato a spostarsi su un territorio, inevitabilmente tecnologico e avanzatissimo, ma con una consapevolezza ambientale e un approccio sostenibile che non possono più mancare. Perchè se il business resta il “core”, il cuore dell’attività, accanto c’è l’uomo, con i suoi bisogni primari, insomma, con un’etica, come ha spiegato bene Fabrizio Longo, Direttore di Audi Italia a Plan de Corones alla serata inaugurale di Care’s.
«È cambiato il livello di sensibilità, diventato significativamente più alto. Il progresso è fatto di scelte. I valori non si improvvisano. Il Covid non ha cambiato nulla. Il punto è se quei valori li avevi o no prima. Sulla base di questo stiamo cambiando la maniera di dialogare con il cliente, altrimenti in questo campionato si rischiano di perdere partite anche molto importanti. La coerenza, il comportamento, il saper essere inclusivi nei confronti delle altre tecnologie sono elementi a difesa e sostegno di miliardi di investimenti. L’auto sta attraversando un cambiamento epocale, gli ultimi 10-15 anni, valgono come non sono valsi i 50 che li hanno preceduti e non tanto come innovazione tecnologica ma per quella sensibilità con la quale ci siamo posti il dovere di comprendere l’attitudine di chi ci deve scegliere. Perchè qui non è più una gara a chi investe di più o fa il miglior prodotto, perche’ se non riusciamo a metterlo in contatto con la sensibilità del consumatore, non lo compra comunque nessuno e si rischia una crisi ancora più seria». La chiave, come spesso accade è l’apertura, l’arricchimento e oggi l’auto è davvero al centro di una rivoluzione culturale, oltre che industriale.
«Mai come in questo periodo quello che il progresso sta producendo in tutti i settori - medicina, militare, spaziale - ce lo ritroviamo nelle nostre macchine. Non sarà il termine più appropriato oggi, ma è una contaminazione, un arricchimento multidisciplinare che crea nuove possibilità come dimostra la stessa intelligenza artificiale e c’entra poco col fare le macchine e farle bene. Bisogna saper portare le auto nel mondo circolare che ruota intorno all’auto e allo stesso tempo si irradia. È la prima volta che viviamo un interscambio così profondo e deve servire a restituire benefici concreti all’individuo e alla società».
Il mantra collettivo è concatenato con una parola: sostenibilità. Ma le parole non bastano. «Tutti si propongono sostenibili. Ma bisogna vedere la coerenza a monte, non a valle. È il corretto trasferimento di certi valori che conta. Se faccio una macchina elettrica ma ancora produco emissioni di CO2, sono davvero sostenibile? Noi il problema ce lo siamo posti almeno 10 anni fa, perchè pianificare una riduzione pari a 1,2 tonnellate di CO2 per ogni auto prodotta entro il 2025, non è come accendere la luce. Significa ribaltare ogni concetto conosciuto di linea produttiva. Bisogna avviare e completare la decarbonizzare degli stabilimenti, sprecare sempre meno acqua, riciclare alluminio, utilizzare materiali eco, pensare alla second life delle batterie come di tutti gli elementi produttivi riciclabili, sfruttare meglio e di più l’energia solare per bilanciar i flussi. È un concetto sistemico più’ ampio. E noi ci stiamo impegnando al meglio delle nostre possibilità come ad esempio nell’impianto di Climeworks in Islanda: qui estraiamo CO2 dall’aria, la trasportiamo nel sottosuolo dove si trasformar in roccia. E così puntiamo ad eliminare dall’atmosfera 4.000 tonnellate di CO2 all’anno ...». Alla fine, insomma, oltre le macchine, torna ad essere centrale l’uomo.
«Non ha più senso parlare solo di macchine. Viviamo un’accelerazione poderosa, un’opportunità da sfruttare e investendo 40 miliardi entro i prossimi cinque anni, stiamo dando prova di forte determinazione e concretezza. Anche la lezione del Covid è servita. In quei 90 giorni in cui sembrava fosse tutto chiuso, non siamo mai stati così aperti con i clienti, abbiamo trovato strumenti diversi e li stiamo utilizzando nche ora. Sono sempre più’ convinto che il successo di un brand non dipenderà più solo dal prodotto, perchè il futuro è’ un’attitudine».