HONDA, NUOVO RITIRO CAOS PER L’INTERA F.1
Red Bull e Alpha Tauri in difficoltà Matrimonio con l’ex amica Renault o la speranza che arrivi la Porsche
Nel dubbio che i giapponesi non siano adatti alla Formula 1, s’avanza una certezza: la Formula 1 non fa per i giapponesi. Lo conferma l’ennesimo sorprendente ritiro dal Mondiale, preannunciato ieri per fine 2021. Una mazzata per Red Bull e Alpha Tauri, che alla Casa nipponica s’erano affidate anima e corpo.
La pietra friabile nella costruzione è rappresentata da una parola: autarchia. La Honda in Formula 1 ha sempre perseguito l’obiettivo totale del “Made in Japan”: uomini, filosofie e sistemi di lavoro del Sol Levante, strutture burocratizzate, lente e autoreferenziali, all’interno di un campionato in cui l’efficienza si costruisce con la multiculturalità tecnica e la rapidità nelle decisioni.
SCIAGURATA ESCLUSIVA. La casa fondata dal mitico Soichiro non ha imparato neanche dalla sciagurata partnership con McLaren, dal 2015 sbandierata come collaborazione in esclusiva, quando anche i cordoli sanno che un motorista al rientro dovrebbe fornire almeno una seconda squadra per poter aumentare il volume delle informazioni e procedere spedita verso la competitività. Ma niente da fare: si preferì inseguire la chimera del ritorno alla storia di Senna e Prost, fine anni Ottanta.
Honda ha infine trovato questa situazione ideale appena l’anno scorso con l’intero gruppo Red Bull: una scuderia con ambizioni massime e un secondo team della stessa proprietà, pertanto tutti i vantaggi dall’incrocio dei dati e dall’esclusività della partnership. Ha sofferto con McLaren dal 2015 (diciamo anche 2014, quando come “motorista non iscritto” potè provare su vari circuiti del Mondiale) al 2017 conoscendo momenti di umiliazione come il «motore da GP2» sparato via radio in mondovisione da Fernando Alonso, per giunta sull’asfalto sacro di Suzuka. Ha poi raggiunto la Toro Rosso (oggi Alpha Tauri) nel 2018 convincendo Red Bull a sposarla nel 2019 con l’obiettivo dichiarato, altisonante e possibile di raggiungere e battere la Mercedes. Passi avanti, vittorie anche (Honda è l’unico motorista ad aver portato al successo due diversi team nell’era dell’ibrido), progressi e fors’anche un supermotore che sta girando ai banchi prova e verrà pronto per assicurare un salto di qualità nel 2021.
DUE TITOLI IN REGALO. Ma niente da fare, è più forte di loro e ieri Honda ha annunciato che si fermerà alla fine della prossima stagione, dopo aver seriamente valutato uno stop già in questo 2020. Tale ritirata, dovuta a ragioni economiche (nascoste, ché non portano lustro), evoca il “tutti a casa” di fine 2008 con l’intera squadra, macchina e motore, che cresceva secondo la filosofia giapponese del Kaizen, il miglioramento produttivo lento ma inesorabile. Ma appena in procinto di vincere, se ne andò. Ross Brawn comprò tutto per un dollaro, vinse due Mondiali nel 2009 e rivendette per una montagna di soldi a Mercedes. Ecco, quella di fine 2008 fu davvero una scelta del kaizen.
L’imminente ritiro (fine 2021 è dietro l’angolo) è un colpo non solo per i due team interessati, ma per l’intera Formula 1 che vede ridursi il suo respiro mondiale. La Red Bull e anche per noi la dignitosissima, italiana Alpha Tauri con sede a Faenza, costituiscono un valore nel campionato. A chi chiederanno i motori? Alla Renault con cui sono volati gli stracci appena due anni fa, parole vicine all’improperio e infine lo sgarbo francese di portarsi via Daniel Ricciardo? Possibile: sarebbe brutto ma stabile come un matrimonio di interesse perché converrebbe a entrambi (Renault dal 2021 farà motori solo per sé stessa, con costi difficilmente sostenibili), e in fondo si tratta del motorista con cui i bibitari hanno vinto i loro titoli. O è anche possibile che Stefano Domenicali – alle prese con la prima grana da ad della Formula 1 in pectore – porti dentro il gruppo Volkswagen (marchio Porsche) per cui ancora lavora, e che tanto lo stima.
C’È CHI DICE NO. Meno probabile, anzi oggi al limite del fantamercato, che Mercedes o Ferrari (questa alle prese con una power unit deficitaria, ma non per sempre) possano fornire i loro motori a una squadra che sarebbe poi in grado di batterle. Restano tutte in piedi le ragioni per cui dissero no alla richiesta di Red Bull, più volte, a partire dal 2015.
Infine: ridicola la motivazione con cui Honda ha spiegato questo ritiro. «Vogliamo investire per essere carbon free dal 2050». Interessante: e perché lascia la Formula 1, che avendo aderito all’Agenda Onu in tema di sostenibilità dovrà esserlo già nel 2030?