Corriere dello Sport

Il mercato al tempo Covid

- di Roberto Perrone

Il calcio al tempo delle Asl si è regalato un mercato elettrico, malgrado tutto, con un po’ di fantasia e pure con il giallo finale (Smalling). Con molti soldi in meno, con tanti bilanci malconci, con molti prestiti secchi per alleggerir­si almeno degli stipendi, con un vortice di giocatori e anche con il Grande Colpo dell’ultimo giorno: Federico Chiesa alla Juventus.

Il calcio al tempo delle Asl si è regalato un mercato elettrico, malgrado tutto, con un po’ di fantasia e pure con il giallo finale (Smalling). Con molti soldi in meno, con tanti bilanci malconci, con molti prestiti secchi per alleggerir­si almeno degli stipendi, con un vortice di giocatori e anche con il Grande Colpo dell’ultimo giorno: Federico Chiesa alla Juventus con un anno di ritardo, però quello era il suo destino e il suo desiderio. E la Juventus, con il re di tutti gli affari, per il nome del giocatore e per l’investimen­to, diventa la squadra che ha fatto il mercato più eclatante. Però le altre si sono date da fare.

Tre sono le tendenze evidenti del mercato in mezzo al Covid. La prima. La forbice dei nuovi arrivi è molto ampia, con un ritorno all’investimen­to sui giovani. Si va dall’usato sicuro di qualità e anche di una certa età, con giocatori come Ibrahimovi­c, Vidal, Callejon, Smalling, Kalinic al rampantism­o di prospettiv­a, con giovanotti come Kulusevski, Chiesa, Hakimi, Osimhen, Hauge, Lammers, Tonali. Questo è frutto di un adattament­o ai tempi. Le società, specialmen­te quelle di vertice ma non solo, nell’ultimo decennio hanno sempre preferito giocatori fatti e finiti per mancanza di tempo, per ottenere risultati subito, senza frapporre indugio e senza potersi permettere i giovani da far crescere. Il peso dei diritti tv, dei denari europei, degli sponsor impedivano il ricorso a giovinezze spavalde. Ci volevano arroganti consolidat­i, tipo Ibrahimovi­c. Ora i tempi martoriati dal virus hanno riscritto le strategie: meglio scommetter­e, pur con tutte le pandette, anche su giocatori che garantisca­no anni di rendimento perché del futuro non v’è certezza. Se la situazione non migliorass­e e se domani (cfr. Mina) non si riuscisse a mettere mano alla cassa, se diminuisse­ro ancora di più le entrate, almeno si può contare su un certo numero di giovani già in casa.

La seconda tendenza riguarda l’attenzione ai voleri degli allenatori. Quasi tutti sono stati accontenta­ti almeno nei giocatori principali e la griglia mette Juve e Inter in prima fila. Pirlo voleva un centravant­i e l’ha avuto, anche se non era il primo in lista; Conte desiderava Vidal e un esterno potente e ecco Hakimi; Gattuso, tra gennaio e l’estate, si è rinforzato a centrocamp­o e in attacco; Gasperini ha ottenuto che i migliori non partissero e ha ricevuto qualche giocatore già formato. Lammers, ad esempio, in Olanda bazzicava da due anni la massima serie; Inzaghi ha allargato la rosa, anche se è sfumato l’acquisto emozionale (David Silva). Anche Pioli e Fonseca, alla fine, hanno ottenuto, pur con qualche mancanza, conferme e rinforzi. Terza tendenza. Quest’anno, rispetto al recente passato, si è investito più sui giocatori che sugli allenatori. Un po’ perché qualcuno ce l’aveva già (l’Inter) un po’ perché sta tramontand­o l’idea del tecnico-santone (Rangnick abbandonat­o dal Milan). Comunque, se l’oscar dell’acquisto va alla Juventus, quello della vendita va senz’altro all’Atalanta che con Traoré ha incassato (bonus compreso) 40 milioni. Chapeau.

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