Corriere dello Sport

LA FORMULA 1 NELL’IGNOTO

A partire da domenica, il Mondiale su quattro piste inedite o abbandonat­e da tempo L’ex Capelli spiega le incognite: «Non si corre più al buio, ma il pilota maturo fa la differenza»

- Di Giorgio Burreddu

Ignoto spazio profondo. Circondato dal serpentone di cemento di queste piste così antiche eppure nuovissime nel panorama del Mondiale. Quattro gran premi: Nürburgrin­g, Portogallo, Imola e Turchia. Il campionato si gioca qui, su queste incognite. Una è un inedito assoluto (l’Algarve), le altre sono vecchi fantasmi che ritornano. E tutte insieme formano una dimensione di incertezza, per questa Formula 1, che si scontra con la consuetudi­ne di chi stravince: sempre lui, Lewis Hamilton, a caccia del titolo.

Ma come si affrontano piste meno battute, meno note o del tutto nuove? L’uomo giusto è Ivan Capelli, ex pilota, fine analista di tutti gli aspetti della velocità. «Oggi ci sono più strumenti: simulazion­i, calcoli, previsioni. Si può arrivare in pista con una preparazio­ne raffinata. Poi è ovvio che una volta arrivati lì c’è un doppio lavoro da fare: prima la verifica in pista di quello che si è analizzato sui computer e poi l’utilizzo del simulatore con informazio­ni nuove per elaborare i dati e fare ulteriori prove simulate. E’ un lavoro anche contro il tempo».

Si comincia con il GP dell’Eifel al Nürburgrin­g, che manca al Circus dal 2013. «Tracciato complesso, ma sarà un bel gran premio». L’ultima volta qui vinse Vettel su Red Bull, e anche questo è il segno di passato. «Non rischia quanto Leclerc. Seb vive di sprazzi, non di continuità. Quando sai di andare via, qualcosa in meno ce la metti».

PISTE. Poi sarà la prima assoluta per il GP del Portogallo. Una pista inaugurata nel 2008, vero punto di domanda per i piloti. «L’incognita maggiore è capire quanto la gomma riesce a essere sfruttata, si possono fare tutti i calcoli possibili, ma il livello di grip che c’è in pista lo capisci sulla vettura. Bisogna avere anche la fortuna di iniziare con il piede giusto, altrimenti il weekend si fa in salita. Il pilota? Deve capire le sensazioni, il livello di grip. Il pilota maturo fa la differenza».

Prima del GP in Turchia toccherà a Imola. Il circuito emiliano-romagnolo manca dal 2006. Lì ci ha corso anche Capelli. «E’ un po’ diversa, dopo l’incidente di Senna è stata modificata. Ma rimane una pista tecnica, difficile nella sua interpreta­zione. Le macchine di oggi hanno un carico dinamico, una prontezza di motore diversa da quella che avevamo noi». Le incognite sono tante, i piloti lo sanno. Lui amava Suzuka («Tante difficoltà tecniche, il pilota può inventare qualcosa per fare la differenza»), ma in generale le piste le studiava senza tralasciar­e nulla. «A fine turno - racconta ancora l’ex pilota Ferrari - prendevo una mappa della pista e iniziavo a scrivere curva per curva quali potevano essere i problemi principali da trasferire all’ingegnere».

La velocità è fatta di dettagli, di studio. Però, dice Capelli, «una pista una volta che l’hai fatta è un po’ come andare in bici: ti ritornano in mente i parametri, le cose che utilizzi per andare forte. Un forte adeguato alla vettura che hai. Ma averla fatta è un grande vantaggio».

DIFFERENZA. Non averci mai corso è invece segno di imprevedib­ilità. Tutto può succedere. O quasi. «Il favorito principale è sempre Hamilton, che ha dimostrato grande capacità di mantenere alta la concentraz­ione. E quando c’è da cambiare marcia lui lo fa. Questo è il momento di dare la scossa finale». Outsider, volti nuovi, spunti diversi? Tutto può accadere. Ma, va avanti Capelli, «è sulle piste inedite che i piloti che hanno più talento riescono a fare immediatam­ente la differenza. Capiscono le cose tre, quattro giri prima degli altri».

Ignoto spazio profondo. La Formula 1 arriva lì. Nelle piste e nei volti. L’ultimo è quello di Stefano Domenicali, arrivato ai vertici di questo grande e complesso mondo di motori e sensazioni. «E’ un grande conoscitor­e di tutti i meccanismi legati alle squadre, alla politica. Ma ridare un’emozione e un sentimento di passione a questa Formula 1 che si è svuotata in questi anni non sarà facile».

«Sui circuiti nuovi conta pure il talento: chi ne ha di più sa interpreta­rli prima»

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