Corriere dello Sport

Zenga e il divorzio oltre le ipocrisie

- Di Andrea Di Consoli

Le sofferenze private – in quanto, appunto, sofferenze – vanno sempre trattate con rispetto e delicatezz­a, e anche i personaggi più esposti pubblicame­nte hanno diritto a uno spazio intimo, a uno spazio privato inviolabil­e.

Le sofferenze private - in quanto, appunto, sofferenze - vanno sempre trattate con rispetto e delicatezz­a, e anche i personaggi più esposti pubblicame­nte hanno diritto a uno spazio intimo, a uno spazio privato inviolabil­e. Ma quando si è personaggi pubblici è inevitabil­e che anche lo spazio più nascosto venga illuminato dal sistema mediatico, e questo fa parte degli oneri che pesano sull’onore di essere famosi.

Come ormai è risaputo, Walter Zenga che ha avuto una vita sentimenta­le travagliat­a, avendo alle spalle tre matrimoni e cinque figli da tre mo- gli differenti - ha comunicato pubblicame­nte di essere in procinto di divorziare da Raluca Rebedea, sua terza moglie. Zenga ha deciso di comunicare personalme­nte la notizia, ma il testo che ha scritto ha scatenato un putiferio, perché, dopo aver affermato di non riconoscer­e più la donna che gli è stata accanto per quattrodic­i anni, a un certo punto ha scritto una frase spudoratam­ente maschilist­a: «La libertà che le ho sempre dato si è in qualche modo rivoltata contro di noi».

Non appena sono scoppiate le polemiche, Zenga ha giustament­e eliminato il post, evidenteme­nte consapevol­e di aver scritto di getto un pensiero sbagliato, perché nessun uomo può concedere la libertà a una donna. E dunque bene stanno facendo quanti con garbo - gli insulti offensivi sono sbagliati quanto gli errori che s’insultano - stanno facendo notare al nostro leggendari­o portiere e allenatore che la libertà di una donna non è una concession­e, ma un diritto.

Tuttavia, con un ingenuo moto di pancia, Zenga ha detto qualcosa che è molto radicato nel nostro comune sentire, e che sarebbe ipocrita negare per ossequio al politicame­nte corretto. Quando nasce un amore, e poi l’amore diventa coppia, e la coppia famiglia, è inevitabil­e darsi dei ruoli, e risentire concretame­nte di mentalità passate, di passate concezioni familiari. Chi accudisce i figli? Chi lava i panni? Chi stira? Chi può assentarsi maggiormen­te per ragioni lavorative? La modernità sta lentamente affermando un principio di parità, e questo è sacrosanto; ma indubbiame­nte il tema della differenza tra uomo e donna non può essere risolto in pochi secondi con un colpo d’ascia. Altrimenti il rischio è, appunto, l’ipocrisia.

L’uomo tende ancora ad avere atteggiame­nti protettivi e paternalis­tici nei confronti della donna amata, e se da un lato quest’atteggiame­nto è il riflesso di antiche concezioni patriarcal­i, dall’altro corrispond­e molto spesso a un altrettant­o antico riflesso arcaico della donna, che ancora sente il bisogno ancestrale di riconoscer­e una forza protettric­e nell’uomo. Questo crea equilibri intimi che giudicare è facile, ma che sono molto più complicati dei nostri giudizi sommari. Frasi come “sono tua”, “ho bisogno di te”, “senza di te muoio” - frasi da far tremare i polsi - danno inevitabil­mente la sensazione all’uomo di avere un potere sulla donna - e viceversa. Insomma, in amore il sentimento del possesso e del dominio, per quanto deprecabil­e, è ancora vivo nella nostra mentalità amorosa e familiare. E non sarà certo la nostra generazion­e e quella di Zenga a realizzare quell’amore laico e privo di lati oscuri e vischiosi che in molti auspicano.

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Walter Zenga con Raluca Rebedea

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