CHE SORPRESA L’ITALIA IN ATTACCO VEDE DOPPIO
Accanto ai soliti volti e nomi noti è sbocciata ora una nuova generazione di attaccanti pronti a entrare in campo e a rubare la scena per l’Europeo Berardi, Caputo e El Shaarawy garantiscono un bonus offensivo di qualità e quantità a Mancini
Numeri alla mano, il giorno dopo il 6-0 alla Moldova chiamerebbe la celebrazione di Roberto Mancini, in cifre il miglior ct dell’ultimo mezzo secolo dopo 22 partite. Pur meritando gli encomi che gli vengono riservati in queste ore, forse il peso specifico dell’ultimo largo successo consiglia di rimandarne l’esaltazione tecnica, inserendola in una cornice più consona. Piuttosto la partita del Franchi rappresenta motivo di soddisfazione per il ct perché dal campo sono arrivate indicazioni oggettivamente interessanti, dai singoli (Locatelli, Cristante, Lazzari) e da un reparto. La Nazionale, infatti, è come se fosse “raddoppiata” in attacco. Berardi-Caputo-El Shaarawy hanno mandato messaggi precisi a Mancini, da tempo al lavoro per risolvere il ballottaggio tra centravanti (animato da Immobile-Belotti), tra esterni a destra (ovvero Chiesa e Bernardeschi) e per individuare un vice Insigne (in corsa fin qui Lorenzo Pellegrini, Kean, lo stesso Chiesa).
FINALMENTE DOMENICO. Andiamo per ordine, partendo dal Van Persie della Sila, come venne battezzato a inizio carriera Domenico Berardi. La sua storia con la Nazionale è stata fin qui assai tribolata. Conte, che lo chiamò la prima volta esattamente 5 anni fa, lo tagliò in seguito alla scelta del giocatore di non restare a Coverciano (come Insigne) per un leggero infortunio in quella prima occasione dell’ottobre 2015. Venendo a tempi più recenti, ogni volta che Mancini lo aveva messo in lista è arrivata una serie di infortuni (ultimo esempio, lo scorso agosto) che ne hanno bloccatol’ingresso stabile nel gruppo azzurro. Così Berardi, mentre raggiungeva la piena maturità nel Sassuolo di De Zerbi la scorsa stagione, a 25 anni (14 gol e 10 assist in campionato), ha avuto poche chance di mettersi in evidenza con l’Italia. Occasione sfruttata felicemente mercoledì, non solo col primo gol (in 6 presenze) ma anche per una prestazione molto “giocata”, dentro al campo, in pressing, in dribbling, insomma col meglio del suo vasto repertorio, in passato troppe volte frustrato da atteggiamenti poco equilibrati. Di sicuro un Berardi centrato può essere qualcosa di più che un semplice vice di Chiesa (71 gol in 211 presenze in A per il primo, ovvero una rete ogni tre gare e 26 gol in 137 partite per l’ex viola ovvero un centro ogni 5), atteso adesso dal gran salto nell’universo Juve, esaltante e insidioso (come insegna la recente storia di Ber
nardeschi).
OCCHIO A CICCIO. Venendo al nuovo Ciccio nazionale, 21 centri nel 2020-21, sguardo alla Schillaci e lampi alla Pablito, di cui molto si è detto e scritto in questi giorni, non c’è dubbio che abbia proposto a Mancini quel che si aspettava da lui oltre a regalarsi subito un gol da debuttante, impresa record per un 33enne. Caputo è il bomber in più di questa Nazionale, un attaccante abile, verticale, col senso del gol. Non ha la forza e la caparbietà di Belotti, non è un terminale come Ia Scarpa d’Oro Immobile, che nell’ultima stagione ha segnato il 45,5% dei gol della Lazio, eppure può dire la sua perché al ct piace la sua diversità nella misura in cui gli altri due non lo appagano completamente.
LA CINA AVVICINA. Infine resta da dire di El Shaarawy. Il Faraone, dorato dall’ingaggio strappato allo Shanghai Shenhua, sperava di riuscire a tornare alla Roma. Mancini, in questo senso, faceva il tifo. Le cose non si sono concretizzate. E Stephan adesso rischia alla lunga di restare fuori dall’azzurro. Ma in questo momento ha dimostrato di poterci stare eccome, esaltato dalla fascia di capitano (dopo due tribune consecutive). Oltretutto sul suo ruolo, oltre il titolarissimo Insigne, Mancini sta ancora lavorando. Per questo la bella prova di Firenze per El Shaarawy è stata il modo migliore per dire “ci sono anch’io”.