Corriere dello Sport

CHE SORPRESA L’ITALIA IN ATTACCO VEDE DOPPIO

Accanto ai soliti volti e nomi noti è sbocciata ora una nuova generazion­e di attaccanti pronti a entrare in campo e a rubare la scena per l’Europeo Berardi, Caputo e El Shaarawy garantisco­no un bonus offensivo di qualità e quantità a Mancini

- di Andrea Santoni INVIATO A FIRENZE

Numeri alla mano, il giorno dopo il 6-0 alla Moldova chiamerebb­e la celebrazio­ne di Roberto Mancini, in cifre il miglior ct dell’ultimo mezzo secolo dopo 22 partite. Pur meritando gli encomi che gli vengono riservati in queste ore, forse il peso specifico dell’ultimo largo successo consiglia di rimandarne l’esaltazion­e tecnica, inserendol­a in una cornice più consona. Piuttosto la partita del Franchi rappresent­a motivo di soddisfazi­one per il ct perché dal campo sono arrivate indicazion­i oggettivam­ente interessan­ti, dai singoli (Locatelli, Cristante, Lazzari) e da un reparto. La Nazionale, infatti, è come se fosse “raddoppiat­a” in attacco. Berardi-Caputo-El Shaarawy hanno mandato messaggi precisi a Mancini, da tempo al lavoro per risolvere il ballottagg­io tra centravant­i (animato da Immobile-Belotti), tra esterni a destra (ovvero Chiesa e Bernardesc­hi) e per individuar­e un vice Insigne (in corsa fin qui Lorenzo Pellegrini, Kean, lo stesso Chiesa).

FINALMENTE DOMENICO. Andiamo per ordine, partendo dal Van Persie della Sila, come venne battezzato a inizio carriera Domenico Berardi. La sua storia con la Nazionale è stata fin qui assai tribolata. Conte, che lo chiamò la prima volta esattament­e 5 anni fa, lo tagliò in seguito alla scelta del giocatore di non restare a Coverciano (come Insigne) per un leggero infortunio in quella prima occasione dell’ottobre 2015. Venendo a tempi più recenti, ogni volta che Mancini lo aveva messo in lista è arrivata una serie di infortuni (ultimo esempio, lo scorso agosto) che ne hanno bloccatol’ingresso stabile nel gruppo azzurro. Così Berardi, mentre raggiungev­a la piena maturità nel Sassuolo di De Zerbi la scorsa stagione, a 25 anni (14 gol e 10 assist in campionato), ha avuto poche chance di mettersi in evidenza con l’Italia. Occasione sfruttata felicement­e mercoledì, non solo col primo gol (in 6 presenze) ma anche per una prestazion­e molto “giocata”, dentro al campo, in pressing, in dribbling, insomma col meglio del suo vasto repertorio, in passato troppe volte frustrato da atteggiame­nti poco equilibrat­i. Di sicuro un Berardi centrato può essere qualcosa di più che un semplice vice di Chiesa (71 gol in 211 presenze in A per il primo, ovvero una rete ogni tre gare e 26 gol in 137 partite per l’ex viola ovvero un centro ogni 5), atteso adesso dal gran salto nell’universo Juve, esaltante e insidioso (come insegna la recente storia di Ber

nardeschi).

OCCHIO A CICCIO. Venendo al nuovo Ciccio nazionale, 21 centri nel 2020-21, sguardo alla Schillaci e lampi alla Pablito, di cui molto si è detto e scritto in questi giorni, non c’è dubbio che abbia proposto a Mancini quel che si aspettava da lui oltre a regalarsi subito un gol da debuttante, impresa record per un 33enne. Caputo è il bomber in più di questa Nazionale, un attaccante abile, verticale, col senso del gol. Non ha la forza e la caparbietà di Belotti, non è un terminale come Ia Scarpa d’Oro Immobile, che nell’ultima stagione ha segnato il 45,5% dei gol della Lazio, eppure può dire la sua perché al ct piace la sua diversità nella misura in cui gli altri due non lo appagano completame­nte.

LA CINA AVVICINA. Infine resta da dire di El Shaarawy. Il Faraone, dorato dall’ingaggio strappato allo Shanghai Shenhua, sperava di riuscire a tornare alla Roma. Mancini, in questo senso, faceva il tifo. Le cose non si sono concretizz­ate. E Stephan adesso rischia alla lunga di restare fuori dall’azzurro. Ma in questo momento ha dimostrato di poterci stare eccome, esaltato dalla fascia di capitano (dopo due tribune consecutiv­e). Oltretutto sul suo ruolo, oltre il titolariss­imo Insigne, Mancini sta ancora lavorando. Per questo la bella prova di Firenze per El Shaarawy è stata il modo migliore per dire “ci sono anch’io”.

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