Corriere dello Sport

Max, Sarri e Spalletti quelle grandi ombre sulle panchine calde

TRE GIGANTI PRONTI A TORNARE IN GIOCO

- di Roberto Perrone

Allegri, Sarri e Spalletti a casa. Un po’ come se i Tre Tenori, all’apice del successo, per una ragione o per l’altra, avessero chiuso.

Allegri, Sarri e Spalletti senza panchina nonostante il recente passato ad alto livello I primi due scalpitano, hanno tanta voglia di rientrare e sono pronti a guadagnare meno

Allegri, Sarri e Spalletti a casa. Un po’ come se i Tre Tenori, all’apice del successo, per una ragione o per l’altra, avessero chiuso. Come se Plácido Domingo, José Carreras e Luciano Pavarotti dopo il trionfo (loro sì) nella notte magica di Caracalla (Italia ’90), l’avessero piantata lì senza proseguire al Dogder Stadium di Los Angeles (1994), al Champ-de-Mars, con il palco proprio sotto la Tour Eiffel (1998). E oltre. Ora succede che Massimilia­no Allegri, Luciano Spalletti e Maurizio Sarri dopo aver cantato nei teatri di Torino, Milano e Napoli, siano disoccupat­i. Due stipendiat­i (bene), ma tutti senza fissa dimora calcistica. Non hanno voce o meglio nessuno offre loro un palcosceni­co, pardon, una panchina su cui esibirsi. Parliamo di questa stranezza, di come uscirne (almeno due di loro ci stanno provando) e delle nuova tendenza-allenatore.

TENORI RAUCHI.

Dei Tre Tenori della panchina, uno è rimasto senza stipendio, ma i 7,5 milioni versati dalla Juventus fino a giugno 2020 hanno consentito a Max Allegri di concludere il suo anno sabbatico in grande forma, come si è visto anche a “Ballando con le stelle”. Invece gli altri due percepisco­no ancora un lauto stipendio. Maurizio Sarri 5,5 milioni netti più bonus (quello per lo scudetto è in cassa) fino al 2021. Il terzo anno era soggetto all’opzione che la Juventus doveva esercitare. Luciano Spalletti dopo il 2019-2020 comincia il secondo anno da nullafacen­te coi danè. «Non ho detto no al Milan - prima della serrata-virus raccontò la sua versione sulla trattativa saltata - c’è stato qualcuno che ha preferito continuare a pagarmi per restare a casa e la cosa non può che farmi piacere». Secondo la società è stato lui a rifiutare la buona uscita. Comunque sia, “Lucio” come lo chiamano gli amici, se la spassa con i medesimi. I quali amici, che non mancano mai, rivelano che anche Sarri sia pronto a tornare. Come Allegri soffre della sindrome dell’abbandono. Spalletti meno.

TENORI AL LAVORO?

A questo punto, sia Allegri che Sarri, entrambi esonerati dalla Juventus dopo aver vinto lo scudetto - anche in questo è cambiato il modo dei club italiani di considerar­e il lavoro del

tecnico - vogliono una panchina. Allegri scalpita, Sarri si stava addirittur­a accordando con Madama per chiudere i rapporti, poi la trattativa, a un passo dalla ratifica, è saltata per imprecisat­e “questioni burocratic­he”. Per Allegri si è parlato della Roma, ma Fonseca, con tutti i problemi - il cambio si proprietà, la perdita di Zaniolo, Dzeko che parte anzi no, Milik che arriva poi non più - sul campo è imbattuto, perché lo 0-3 di Verona non è certo colpa sua. Vacilla, invece, la panchina di Ia

Allegri ha chiuso con la Juve, il suo nome è accostato ancora alla Roma

Sarri percepisce lo stipendio dal club bianconero. Il nodo della rescission­e

chini a Firenze e la vicinanza con il buen retiro sarriano ha spinto l’assioma: Sarri alla Fiorentina. Sia Sarri che Allegri sono pronti a guadagnare anche di meno rispetto al recente passato. Un po’ perché di mezzo c’è stato il Covid, un po’ perché il virus e la storia del calcio si evolvono, ma la ricerca del tecnico taumaturgo ha rallentato. E questo è un aspetto paradossal­e che molti ancora stentano a leggere e comprender­e.

BASTA TENORI.

Messa così è un po’ forte, ma quello che è accaduto alla Juventus in modo eclatante ma anche altrove, esaminando attentamen­te i cambiament­i, ci porta verso l’irrilevanz­a dell’allenatore. Tutto si adegua. Nel mercato, ad esempio, molti baratti e molti prestiti secchi, tanto per non perdere tempo e alleggerir­e il bilancio. La Juventus ha certificat­o, più di tutte le altre, l’autogestio­ne vincente. Ha licenziato Sarri avvantaggi­ando l’idea, approvata con una sconcertan­te unanimità dai tifosi della Juventus e pure da quelli delle principali avversarie, che la squadra si sia autoammini­strata, vincendo, come direbbe Totò, a prescinder­e dall’allenatore il quale, addirittur­a, ne rappresent­ava la zavorra. Poi i giocatori hanno fatto anche credere che si vivesse in una sorta di terrore staliniano con Sarri come una specie di Berija (il famigerato capo della polizia segreta di “Baffone”). Adesso, Ronaldo (e non solo) dixit, sono tornati a divertirsi. Il salto da Sarri a Pirlo ha un coefficien­te altissimo di distanza filosofica. Un allenatore preso in qualità di “ismo” (il sarrismo) a uno che in panchina non c’è mai stato, neanche quando giocava. Aneddoto: una volta Conte lo cazziò perché, dopo una rara sostituzio­ne, Andrea se ne andò dritto sotto la doccia.

TENORI E STRANEZZE.

La bizzarria che abbiamo vissuto dopo la fine del calcio d’estate è che i problemi più grossi con gli allenatori li hanno avuti la prima e la seconda in classifica. “Mr. Tamburino i tempi stanno per cambiare” cantava Franco Battiato. Adesso gli allenatori finiscono sulla graticola anche se arrivano primo e secondo. Sarri cacciato, Conte litigante. E se non fosse che l’Inter avrebbe dovuto pagare tre tecnici, il Feroce Salentino avrebbe seguito la stessa strada. Per cui la Juve ha scelto un allenatore con una grandissim­a carriera da giocatore ma debuttante assoluto da allenatore. Per stima e amicizia, perché il suo stipendio è “normale” e perché si pensa che la squadra, in fondo, possa cavarsela in ogni caso, magari con la vigilanza del club. Il Milan non è stato da meno. Aveva pensato a un tecnico-santone, un sacchiano tedesco, Ralf Rangnick, ma ha preferito tenersi Stefano Pioli. Pare che Pioli abbia avuto

il sostegno determinan­te di Zlatan Ibrahimovi­c. Dalle prime uscite rossonere, la decisione sembra azzeccata. Ma anche qui, quanto conta l’allenatore? In serie A, oltre a Sarri, sono stati sostituiti in panchina dei subentrati (Zenga al Cagliari, Longo al Torino, Nicola al Genoa) e D’Aversa che ha fatto bene al Parma. Sono stati ripescati Di Francesco, Giampaolo, Maran e Liverani. Tre tecnici reduci da un esonero e uno appena retrocesso. Strategie che immaginiam­o ponderate, ma che suggerisco­no come il curriculum conti di meno. I Tre Tenori cercano il ritorno, ma a volte basta un bel baritono (costa anche meno) per vivacizzar­e un’opera.

Spalletti al secondo anno fuori dal calcio È quello che, però, non sembra soffrire

Tante vicende dimostrano che oggi il curriculum conta di meno

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