Se sul podio c’è una stella di troppo
È una Formula 1 stanca quella che saluta l’ennesima vittoria di Lewis Hamilton. C’è quasi un senso di pudore nel magnificare un risultato che di per sé dovrebbe lasciare a bocca aperta. Con la vittoria al Nürburgring il pilota inglese si confronta con la leggenda di Michael Schumacher che paradossalmente, ne esce ulteriormente amplificata.
Perché quella attuale è una Formula 1 in “disarmo”. Attenta soprattutto all’immagine dei suoi sponsor. Diretti ed indiretti. Anche a costo di infrangere le barriere del buongusto. Con il figlio di Schumacher, pilota a sua volta in forza alla Academy Ferrari che sul podio consegna ad Hamilton il casco rosso di suo padre, addobbato con la stella Mercedes. E quello che più sorprende, con le insegne in bella vista, dei suoi attuali sponsor. E tutto questo in onore di un pilota che la grande maggioranza delle novantuno vittorie che hanno contribuito a farne un mito, le ha ottenute al volante di una Ferrari.
Una genuflessione di Maranello nei confronti della marca tedesca che lascia quanto meno perplessi. Come se non bastasse quella anche più dolorosa, subita in pista. Dove solo la puntuale entrata della Safety Car ha evitato il duplice doppiaggio. Destinata comunque a protrarsi almeno fino al 2022 quando, forse, entreranno in vigore i nuovi regolamenti. L’episodio della trionfale premiazione di Lewis Hamilton e della Mercedes ha messo ancora una volta in evidenza le carenze di una Ferrari che fatica a prendere atto di quella forza, sempre sbandierata ma ormai da molto tempo, prigioniera nelle cantine di Maranello. Quello del Nürburgring è stato un affronto ad una storia che coincide con quella della Formula 1. Ed allo stesso tempo una manifestazione gratuita di un potere che dalla pista tende ad espandersi all’intero circus della Formula 1.
Con un Toto Wolff impegnato a caricare le armi per difendersi, all’interno da una Mercedes sempre più in forse sul continuare nel suo impegno in Formula 1 e da possibili ulteriori defezioni dopo quella della Honda. La storia insegna che l’impegno dei costruttori è di per sé legato alla variabilità delle condizioni al contorno che oggi, con un mercato dell’auto in forte crisi, sono tutt’altro che favorevoli. E poi c’è una Liberty Media che con l’arrivo di Stefano Domenicali, vorrebbe riprendere in mano una situazione che fino ad ora è costata 1,7 miliardi di dollari e che in futuro rischia di fare dell’emergenza uno stile di vita.