Corriere dello Sport

Hamilton: «Ho compiuto qualcosa di pazzesco»

- Di Giorgio Burreddu

Nico Hülkenberg Riflettori su Nico Hülkenberg che ha corso come un consumato protagonis­ta del Mondiale, partendo ultimo e finendo a punti (settimo), nonostante sia stato convocato all’ultimo istante e non abbia potuto provare, per sostituire Stroll (influenza intestinal­e, il Covid non c’entra). Gran pilota, gran profession­ista: meriterebb­e un posto da titolare «È un momento meraviglio­so», dice Lewis Hamilton rigirandos­i tra le mani il casco di Schumi. Glielo ha donato il figlio Mick, prima del podio i due si sono stretti la mano, Lewis è emozionato, sembra il bambino a cui il papà diceva sempre che se vuoi raggiunger­e una cosa non devi mai mollare. «Congratula­zioni, questo è il record di tutti e mi sento molto onorato», ha detto Mick a Hamilton prima di abbracciar­lo. Lewis voleva il record di Schumi, 91 successi, e adesso ce l’ha tra le mani e nel cuore. «Quando cresci guardi qualcuno che poi diventa il tuo idolo – racconta Lewis –, io ricordo quando giocavo con i videogioch­i di F.1, e prendevo sempre Schumacher. Non ho mai pensato di poterlo avvicinare, figuriamoc­i eguagliarl­o. Mi sono reso conto di quanto fatto solo quando sono arrivato nella pit lane. Questo team mi ha dato tutto. Ho il massimo rispetto per Michael».

IDOLO. Era stato il piccolo Mick a dire che il suo papà «aveva l’abitudine di dire che i record sono fatti per essere battuti: tutti i piloti sognano di battere i record, questo come gli altri». Eppure c’è stato un tempo in cui Hamilton diceva che i record non sono importanti, che sono soltanto numeri. Adesso che ci è arrivato anche lui ne ha capito la potenza. La gente al Nürburgrin­g, quella che c’è, lo applaude. «Ricordo che sedevo sul divano con mio papà e mio fratello a guardare i gran premi. Ogni domenica guardavamo Schumacher alla partenza, ma verso metà gara lui andava in fuga e io e mio fratello andavamo a giocare al piano di sopra, ai videogioch­i, e facevo sempre Michael. Avevo tredici, quattordic­i anni. E’ pazzesco pensare che ho fatto quello che ho fatto. Sognavo di essere qui, ma nemmeno nei giorni più folli ho pensato di essere come Schumi». Ciondola, la testa è pesante, dentro c’è tutta la sua storia, la sua vita, le gare, i record, i fallimenti, i successi. «Sono stanco per le gara, ho mal di testa, la mia mente va da tutte le parti».

IN PISTA. E’ un coro di voci, quello che si alza per Hamilton. Tutti concordi: il più grande della Formula 1 di questa epoca così complessa è lui.

Lo dice anche Jacques Villeneuve, campione del mondo, oggi commentato­re Sky: «Lewis era emozionato, non so se quel casco se lo aspettava: è stato un grande gesto. Quando tornerà a casa penserà a quello che è riuscito a fare in questa vita. Hamilton è esuberante, ma fuori pista. In pista no, è sempre stato lì, forte, in buone squadre, è sempre stato bravo. Il momento più importante della carriera secondo me è stato quando ha scelto la Mercedes. Lewis era protetto da Ron Dennis, l’aveva preso come un figlio in McLaren. Un giorno Lewis si è alzato e gli ha detto vado via. E’ stato impression­ante».

Ammirazion­e anche nella voce di un altro ex pilota, Davide Valsecchi. «Hamilton è nella leggenda. Non ci sono gare particolar­i che ricordo. Vale la pena ricordare anche quelle sul bagnato, Lewis è uno capace di disintegra­re la concorrenz­a, e quello va oltre le capacità, è un dono. Gli avversari li distruggev­a tutti a nove anni. E’ speciale».

«Da ragazzino guardavo Michael vincere e lo imitavo ai videogioch­i»

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