Il caso Cantù e le regole
Ieri Jamie Smith, play di Cantù risultato positivo asintomatico agli ultimi tamponi, è stato messo in isolamento e ovviamente non ha giocato. La situazione anomala però si è verificata a causa del laboratorio di analisi che ha effettuato i tamponi agli altri componenti del club brianzolo: per problemi non specificati, i referti di due giocatori, Lanzi e Caglio, del vice coach Gandini e del preparatore Pedretti, non sono arrivati. Tutti e quattro non sono dunque andati in panchina. La Lega ha stabilito che la partita contro Varese fosse disputata «comunque regolarmente, coerentemente con quanto previsto dalle Doa Professionistiche in merito alle deroghe per il Covid 19».
Ecco, va bene che esistono protocolli e Doa varie per evitare che il basket si fermi e soccomba di fronte alla pandemia. Ma è altrettanto vero che in situazioni straordinarie, e con anomalie come quelle che ha vissuto ieri Cantù, a nostro avviso bisognerebbe non fermarsi a tali regolamenti e guardare oltre: alla salute dei giocatori (i tamponi possono essere negativi anche 4-5 giorni dopo il potenziale contagio, come insegna il caso Genoa) e al prosieguo del campionato, visto che in teoria potremmo assistere ad un effetto domino di positivi sulla serie A. Magari rimandando anche una partita.
Da noi fortunatamente non si assistono a follie come quelle avvenute in Francia, dove l’Asvel ha fatto giocare per qualche secondo Norris Cole contro lo Cholet per poi toglierlo in fretta dal campo dopo l’arrivo, a gara iniziata, del risultato delle analisi (positivo), prendendosi anche una denuncia dal sindaco di Cholet. Ma in situazioni di emergenza forse non basta essere sicuri di non aver violato alcuna norma.