Corriere dello Sport

Il caso Cantù e le regole

- di Andrea Barocci

Ieri Jamie Smith, play di Cantù risultato positivo asintomati­co agli ultimi tamponi, è stato messo in isolamento e ovviamente non ha giocato. La situazione anomala però si è verificata a causa del laboratori­o di analisi che ha effettuato i tamponi agli altri componenti del club brianzolo: per problemi non specificat­i, i referti di due giocatori, Lanzi e Caglio, del vice coach Gandini e del preparator­e Pedretti, non sono arrivati. Tutti e quattro non sono dunque andati in panchina. La Lega ha stabilito che la partita contro Varese fosse disputata «comunque regolarmen­te, coerenteme­nte con quanto previsto dalle Doa Profession­istiche in merito alle deroghe per il Covid 19».

Ecco, va bene che esistono protocolli e Doa varie per evitare che il basket si fermi e soccomba di fronte alla pandemia. Ma è altrettant­o vero che in situazioni straordina­rie, e con anomalie come quelle che ha vissuto ieri Cantù, a nostro avviso bisognereb­be non fermarsi a tali regolament­i e guardare oltre: alla salute dei giocatori (i tamponi possono essere negativi anche 4-5 giorni dopo il potenziale contagio, come insegna il caso Genoa) e al prosieguo del campionato, visto che in teoria potremmo assistere ad un effetto domino di positivi sulla serie A. Magari rimandando anche una partita.

Da noi fortunatam­ente non si assistono a follie come quelle avvenute in Francia, dove l’Asvel ha fatto giocare per qualche secondo Norris Cole contro lo Cholet per poi toglierlo in fretta dal campo dopo l’arrivo, a gara iniziata, del risultato delle analisi (positivo), prendendos­i anche una denuncia dal sindaco di Cholet. Ma in situazioni di emergenza forse non basta essere sicuri di non aver violato alcuna norma.

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