L’arma di distrazione
L’Italia che ci piace è quella del calcio, che gioca, lotta, sbaglia anche, ma è vitale, mai passiva. E ci distrae. La riassume bene la Nazionale di Mancini che ieri sera a Danzica avrebbe meritato di vincere. Una buona squadra, non una grande squadra: non ha i campioni, ma è sostenuta da un’idea tanto acrobatica (le soluzioni talvolta sorprendenti del ct) quanto generosa, ed è sempre alla ricerca di uno spazio tutto suo. Quella che non sopportiamo è l’Italia che subisce le difficoltà, che non contiene un grammo di coraggio, ma solo incertezza, confusione e risentimento. L’Italia-Paese.
L’Italia che ci piace è quella del calcio, che gioca, lotta, sbaglia anche, ma è vitale, mai passiva. E ci distrae. La riassume bene la Nazionale di Mancini che ieri sera a Danzica avrebbe meritato di vincere. Una buona squadra, non una grande squadra: non ha i campioni, ma è sostenuta da un’idea tanto acrobatica (le soluzioni talvolta sorprendenti del ct) quanto generosa, ed è sempre alla ricerca di uno spazio tutto suo. Quella che non sopportiamo è l’Italia che subisce le difficoltà, che non contiene un grammo di coraggio, ma solo incertezza, confusione e risentimento. L’Italia-Paese.
Galli nel pollaio
Ho cercato con insistenza un professor Roosters in Inghilterra, un virologo spagnolo che si chiamasse Gallos e un francese di nome Coqs. Niente, il professor Galli razzola solo nel pollaio italiano. Non dubito che nel suo campo sia bravissimo: confesso però che le perplessità sugli esperti si moltiplicano in modo esponenziale, vista la sconcertante quantità di contraddizioni che ogni giorno ci propinano. Non ce l’ho con Galli in particolare (poco elegante, seppure illuminante, la battuta sui colleghi: «A qualcuno fa impazzire che non devo candidarmi, non promuovo libri e non sto in tv per i cachet o per ottenere consulenze dalle case farmaceutiche»), tuttavia, quando ho letto la sua risposta all’ennesima domanda sul possibile stop del campionato, sono rimasto allibito: «Mi darebbe un grandissimo dolore, ma per come stanno gestendo le cose siamo lì» ha spiegato il virologo del Sacco. «Alla fine, senza voler per forza demonizzare i giovani, era il caso che evitassero il più possibile di esporsi all’esterno. Siamo qui a rischiare di non riuscire a imbastire una partita. E non è divertente lo spettacolo dei superstiti». Grottesca la conclusione: «Con un positivo bisogna mettere tutti gli altri in isolamento cautelare per almeno una settimana, poi fare un tampone e rimandarli a giocare. E ognuno di loro non deve essere in contatto con gli altri, perché poi se si ripositivizza uno riparte la quarantena. L’errore colossale è stato incrociare tutto. Bisognava fare un blocco di campionato, un blocco di Champions, un blocco di nazionali e un altro blocco di campionato». E poi una giravolta e falla un’altra volta.
Ho cercato dibattiti e polemiche sul calcio infetto da fermare anche in Inghilterra, Spagna e Francia e non li ho trovati, eppure Inghilterra, Spagna e Francia hanno numeri da otto a quindici volte superiori ai nostri. E allora perché da noi sì e altrove no? Perché invece di dichiarare la resa del Paese non si prova ad affrontare il problema con un atteggiamento diverso, possibilmente lasciando che del calcio si occupino i medici sportivi insieme a federazione e lega? E perché - aggiungo - la nazionale irlandese ha affrontato il Galles senza cinque giocatori positivi, che si sono aggiunti ai quattro - tra i quali Connolly e Idah - che avevano avuto contatti stretti con un altro contagiato, e nessuno ha invocato il rinvio della partita di Nations League?
Cerco risposte anche alla domanda formulata ieri dal direttore del dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Padova, il virologo Andrea Crisanti: «C’è un problema di Cts non tanto nella composizione, quanto nell’assenza. Possibile che non ci siano le migliori menti delle università italiane? In Inghilterra è pieno di scienziati che sono espressione della cultura e dell’eccellenza scientifica del Paese».
La mia è questa: il mistero italiano è presto svelato, se si tiene conto dell’altro virus che ha colpito il Paese ancor prima del covid: l’incertezza istituzionale. Un governo traballante per vincoli e svincoli improvvisati è stato salvato dalla pandemia, che ha allontanato ogni altro fastidio e la fretta di provocare il ricorso alle urne. Dal canto suo l’opposizione, invece di impugnare le armi tradizionali, ha trovato gioco facile accusando l’esecutivo di inadeguatezza, pericolose restrizioni alle libertà personali e sospensione della democrazia. Invece delle sane risse di un tempo, ci ritroviamo con un virus di sinistra duro, cattivo, inarrestabile e che fa paura, e un virus di destra che ha perduto vigore, è più fastidioso che pericoloso, non bisogna spaventarsi, è frutto di una manipolazione. Sorriderebbe, Gaber: ma c’è una mascherina di destra e una di sinistra.
La verità, come sempre, sta a mezza via. Nel frattempo il governo ha assunto un potere e una valenza morale che gli consentono di decidere il bene e il male. E il calcio - è noto - è il male per eccellenza. E va punito. Il virus è al potere.