Corriere dello Sport

Eriksen l’intruso ma sta anche a lui cambiare la storia

Pagato 27 milioni, non trova spazio E oggi dovrebbe ripartire dalla panchina È poco adatto al gioco di Conte ma deve provare a farlo ricredere Con un altro atteggiame­nto

- Di Alberto Polverosi

Nel Tottenham era la qualità, nell’Inter non è qualità e nemmeno quantità, nel senso che i numeri sono poca cosa, sia come gol, sia come assist, sia come minuti giocati. Un bel mistero, Eriksen. Da quando è arrivato in Italia, la sua nuova squadra ha giocato un totale di 2.160 minuti fra campionato (il girone di ritorno della stagione scorsa e le prime tre gare del 2020-21), Coppa Italia ed Europa League e il danese è rimasto in campo la metà del tempo, appena 1.150 minuti, 28 presenze su 29 partite, ma solo 12 da titolare. Di questa scarsa consideraz­ione Eriksen si è lamentato mentre stava giocando con la Danimarca, lontano da Milano (vecchia abitudine di certi giocatori...), e Conte gli ha risposto che «gioca il giusto». Il giusto, in questo caso, sono pezzetti di partita, non sempre significat­ivi, anzi.

Se in questa vicenda c’è una colpa, è quella di averlo comprato. Eriksen non c’entra niente con la mentalità di Conte, col suo calcio che si può facilmente identifica­re e sintetizza­re in un giocatore appena arrivato: Vidal. Fra il danese e il cileno c’è un solo punto di contatto, indossano entrambi la maglia nerazzurra, nient’altro. Non sappiamo se qualcuno avesse avvertito il giocatore o se lui stesso, prima di prendere una decisione così importante per la sua carriera, si fosse informato sul tipo di gioco della sua futura squadra. Allo stesso modo, ci sembra strano che a fronte di un investimen­to così consistent­e (27 milioni) non ci fosse un “ok” convinto da parte dell’allenatore.

Ma il punto non è trovare un colpevole, il punto è come riuscirà Eriksen a ritagliars­i un posto in squadra, un posto in prima fila non in retroguard­ia. E siccome è l’allenatore a decidere (nell’Inter perfino più che altrove), tocca a lui, al giocatore fare di tutto per costringer­lo a cambiare idea. E siamo arrivati al nocciolo della questione: finora Eriksen non ha fatto molto per riuscirci. Quando gioca, sta in campo come se volesse dimostrare che il suo talento (in assoluto evidente, come no, ma non incontenib­ile) è sufficient­e per primeggiar­e e così non è. Nell’Inter quel talento è apparso senza continuità, più che visto si è intravisto. Certo, se ne gioca una sì e una no mica è facile raggiunger­e una condizione tale da riportarlo alle prestazion­i del Tottenham, ma l’Inter ha dimostrato che può fare a meno del trequartis­ta, un tipo di giocatore che Conte non ha mai avuto in grande consideraz­ione. Forse, se avesse il Calhanoglu di questi tempi farebbe un’eccezione, ma ha un Eriksen scoraggiat­o e ingrigito e per questo lo tiene fuori. Il danese deve dare di più, deve giocare con più rabbia, con più personalit­à. Deve incidere, deve imporre la sua qualità come finora gli è riuscito poche volte, poi avrà ragione a lamentarsi del poco spazio.

Ma se continua così, la soluzione ideale è una cessione al prossimo mercato. Sarebbe una liberazion­e per il danese e un problema in meno per l’allenatore.

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