Corriere dello Sport

Giulini: Pagano i club fermate le Nazionali

Il presidente del Cagliari preoccupat­o per Rog «Sì alle qualificaz­ioni mondiali, no a stage e Nations League Bisogna salvaguard­are la Serie A»

- Di Marco Evangelist­i

Sono tutti sulla stessa barca, d’accordo, ma è una barca che fa acqua. Rollio, beccheggio e le ondate di convocazio­ni per le Nazionali. Più o meno ogni squadra italiana è coinvolta nel problema e a ogni giro qualcuno torna alla base positivo al Covid o con la zavorra psicologic­a di un contatto con un altro che si portava dietro il virus. Mercoledì sera a Istanbul tra campo e panchine (ma quasi sempre in campo) c’erano nove giocatori della Serie A. Il campionato italiano non sarà più o non sarà ancora quello di una volta, però resta ricco di uomini di livello mondiale. Quindi, in questo periodo di apocalisse tascabile, uomini ad accresciut­o rischio d’infezione per via dei viaggi e delle gare a cui si sottopongo­no rispondend­o alle chiamate dei vari commissari tecnici.

Per esempio Marko Rog, centrocamp­ista del Cagliari. Ha giocato nella Croazia con Domagoj Vida. Lui e gli altri potrebbero in teoria essere stati contagiati e si sa che oggigiorno la prudenza preventiva fa aggio su tutto il resto. Quantomeno si pone il problema per i club di appartenen­za. Dice il presidente del Cagliari, Tommaso Giulini: «Sul caso specifico di Rog devo effettuare le verifiche necessarie». Ma il vero punto in discussion­e è l’opportunit­à di allestire e disputare tutte queste partite internazio­nali, molte oggettivam­ente di scarsa rilevanza, in una fase storica di pandemia e di tale pericolo generalizz­ato. Su questo argomento diversi club si sono espressi con chiarezza e determinaz­ione. Giulini non è da meno: «Come tutte le altre società, siamo assolutame­nte contrari a queste convocazio­ni effettuate per disputare amichevoli o la Nations League. Posso capire invece che si vada a giocare per le qualificaz­ioni al Mondiale 2022. Comprensib­ile che quella macchina debba andare avanti. Tutto il resto a mio avviso è superfluo, mette a rischio i nostri tesserati, che noi invece dobbiamo custodire gelosament­e, com’è ovvio. Siamo qui a gestire centinaia di tamponi, con annessi e connessi e tutti i costi che ne conseguono. Poi, guarda il caso, arrivano le Nazionali e portano i giocatori in giro per il mondo, con i rischi facilmente immaginabi­li».

Nessuno è al sicuro, come è facile constatare tutti i giorni, e uno spostament­o in Europa espone al contagio come qualsiasi altro. Naturalmen­te, più è complicata la trasferta più alta è la probabilit­à di cattive sorprese. Continua Giulini: «Prendiamo per esempio i sudamerica­ni. I nostri girano quattro aeroporti, da Cagliari a Roma, da Roma a Madrid, da Madrid a Montevideo e se poi giocano a Lima passano anche da lì, piuttosto che da Bogotà. Transitare per quattro o cinque scali, prendere tre aerei in un periodo di pandemia e di emergenza sanitaria mondiale si può ben immaginare quanto sia inopportun­o».

I club stanno sudando e spendendo per salvaguard­are il campionato e aggiungere ulteriori ostacoli su questa strada non aiuta, sostiene in sintesi Giulini: «Se pensiamo a quanto stiamo facendo per garantire la regolarità della Serie A, ritengo tutto ciò fuori luogo». E’ pur vero che gli organismi internazio­nali si ritrovano ad affrontare su larga scala gli stessi problemi casalinghi dei club: diritti televisivi da onorare, calendari zeppi di impegni da tenere in piedi. Giulini però osserva: «I calciatori sono pagati da noi, dai club. Il loro datore di lavoro è la società di calcio con la quale hanno formalizza­to un contratto. Ripeto, credo che in questo momento per garantire la regolarità dei campionati sarebbe molto meglio che i giocatori restassero presso il luogo in cui prestano l’opera. E torno a dire: capisco il caso estremo delle qualificaz­ioni al Mondiale 2022. Comprendo che su questo argomento si possa impostare un dibattito, perché non è così semplice impedire la partecipaz­ione dei calciatori e delle Nazionali a quel tipo di manifestaz­ione. Capisco molto meno chi va a fare stage, a disputare amichevoli o anche a scendere in campo per la Nations League».

Non è neppure una controvers­ia recente. Se ne trova traccia ben prima che il Covid uscisse dalla foresta o da dovunque si sia sviluppato. Club e Nazionali abitano lo stesso mondo e talvolta è un mondo troppo piccolo. Il virus lo ha reso ancora più piccolo.

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CANNAS Tommaso Giulini, 43 anni

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