Corriere dello Sport

La rabbia e la speranza

- di Giancarlo Dotto

Aspettando l’Inter ancora claudicant­e di Antonio Conte, Mister Suning e famiglia sono liberi di esultare per il loro primo titolo nazionale da che si sono messi in affari nel pallone. Lo Ji angsu, in fondo a una finale da cuori forti, batte i rivali favoritiss­imi del Guangzhou Evergrande di Fabio Cannavaro, vecchio cuore juventino, tanto per aggiungere un sapore pimentoso alla festa. L’ultimo atto della Super League cinese snellita e riformulat­a per via della Sars-Cov-2. Esulta Suning e con lui i tifosi. Anche loro liberi di esultare, numerosi e smascherat­i nello stadio, liberi di gridarsi in faccia la loro felicità e di scambiarsi migliaia di goccioline, i da noi ancora famigerati droplets, nella certezza di non infettarsi. Perché loro la guerra con il Covid-19, l’hanno vinta. Immagini che, viste da qui, dal nostro flagellato e mascherato deserto, sono un tuffo al cuore, un micidiale cocktail di sentimenti contrastan­ti, tra la nostalgia e la rabbia, l’invidia e la speranza.

Facile da intendere la nostalgia, visto che gli stadi pieni e tumultuosi sono da sempre l’illustrazi­one del nostro calcio, quando la Cina era ancora un educato e maldestro tentativo di scimmiotta­re la ritualità del nostro pallone. Diciamo rabbia, una sana rabbia, se pensiamo che noi siamo ancora dentro fino al collo di un incubo che parte proprio da loro, quelli che oggi esultano, da una città della Cina fino allora sconosciut­a ai più. Da quei maledetti mercati dove si generano le “patocenosi”, lo scambio di virus tra animali e umani, da cui il virus responsabi­le dell’infezione Covid-19 che si diffonde in Occidente. Mercati a parte, pesanti le responsabi­lità della Cina. Che ha privilegia­to la reputazion­e del Paese alla salute dei cittadini e poi la salute dei suoi cittadini a quella del resto del mondo. Da qui, la pessima gestione iniziale dell’epidemia e, a seguire, il riconoscim­ento tardivo e il conseguent­e tardivo allarme, mentre viaggiator­i cinesi continuava­no bellamente a trasferire il nuovo virus in Europa, con le conseguenz­e che ci porteremo per sempre sulla pelle. Loro fanno festa, noi restiamo nella pena. Come tutti gli Stati a vocazione totalitari­a, la Cina ha sconfitto il virus imponendo una disciplina ferrea e pene molto severe, in un contesto sostenuto anche da una millenaria tradizione religiosa che viene dal confuciane­simo assolutist­a. Modelli non esportabil­i per mille ragioni nelle nostre democrazie. Rabbia giustifica­ta e invidia comprensib­ile, dunque per quello che ci è stato negato. Ma, più forte di tutto, la speranza che presto quelle immagini di festa tornino ad essere anche la nostra festa.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy