Riforma, contrasti e (quasi) dialogo
“The rumble in the jungle”. Sembrava Muhammad Ali contro George Foreman, in realtà era solo Vincenzo Spadafora contro la Giunta del Coni. In senso politico e dialettico gli interlocutori se le sono date di santa ragione, ma stavolta non c’è stato bisogno di un ko per determinare il vincitore. Semplicemente perché non ha vinto nessuno. Dopo mesi di accuse, dichiarazioni urlate e frecciatine il ministro ieri pomeriggio ha incontrato l’organo di indirizzo e controllo amministrativo dell’ente. Una riunione attesa da mesi, durata tre ore: una resa dei conti che non ha sciolto i nodi, ma che ha comunque avviato un nuovo percorso di dialogo.
TRE TEMI. La riforma dello sport è stata approvata in Consiglio dei ministri martedì scorso senza la parte più controversa, quella sulla governance (decreto 1) che determina le competenze di Coni, Sport e Salute e dipartimento. Ora dovrà passare dalle commissioni parlamentari e dalla Conferenza Stato-Regioni in 90 giorni di fuoco, mentre il mondo dello sport (il Cio, preoccupato, continua a scrivere lettere al governo) attende una risposta. Le federazioni e il Coni rintracciano criticità su tre temi che a Palazzo Chigi considerano invece il cuore della riforma: il lavoro sportivo, l’abolizione del vincolo e il professionismo femminile. A Palazzo H ne accettano la filosofia ispiratrice, ma credono non siano sufficienti le coperture finanziarie. E chiedono modifiche. «Sarebbe come dire “l’operazione è riuscita, ma è morto il paziente” - ha dichiarato Malagò - Le cifre stabilite non bastano e anche il timing scelto, in questo contesto così difficile, spaventa le società che rischiano di sparire». «È stato un confronto franco e critico - ha dichiarato Spadafora - Il decreto 1? Se il Parlamento trova una soluzione, è giusto che si risponda al Cio sulla piena autonomia e funzionalità del Coni».
RINNOVAMENTO E CRITICHE. Al timido riavvicinamento tra Spadafora e Malagò sta facendo da contraltare una distanza sempre più marcata tra lo stesso Spadafora e Cozzoli. Il ministro, anche ieri, ha bacchettato Sport e Salute: «Non ho visto grandi risultati. Se voglio cancellarla? Assolutamente no». Il titolare del dicastero ha parlato inoltre di «problema culturale» relativo alla difficoltà dello sport nel rinnovarsi. Malagò è d'accordo solo in parte: «Se è una constatazione possiamo ragionarci. Negli ultimi anni ci sono state la legge Tremonti, la legge Melandri, la legge Lotti sui mandati, la finanziaria di Giorgetti, la legge delega e oggi la legge Spadafora. Trovatemi un altro settore che ha accettato tutti questi stravolgimenti rinnovandosi di continuo come abbiamo fatto noi».
Spadafora: «Un confronto franco» Malagò: «Le cifre non bastano»