ADDIO ALDO, IL PRIMO DELLA DINASTIA MOSER
Capostipite di due generazioni di corridori, è morto di Covid a 86 anni
La dinastia per eccellenza del ciclismo italiano ha perso il suo capostipite. Il Covid-19 si è portato via, a 86 anni, Aldo Moser. Il primo dei dodici figli messi al mondo da Ignazio e Cecilia, ma anche il primo a mettersi in sella - appena ventenne - per avventurarsi nel professionismo dal ‘54 al 73’, al fianco e al cospetto di grandi del calibro di Coppi, Magni, Bobet e Anquetil. «Iniziai a pedalare quasi per scherzo - aveva raccontato - durante la settimana portavo il pane ai negozi in paese e la domenica ce ne andavamo in giro con gli amici, a sfidarci tra la Val di Cembra e la Val di Fassa». Aveva un passo in più rispetto a tutti, batteva puntualmente i coetanei nonostante avesse una bici pesantissima, perfino con il manubrio storto a seguito di una caduta. Gli sterrati dei passi dolomitici, l’infanzia spesa nei campi ad aiutare il papà Ignazio e quella volta dalla sua Palù di Giovo in picchiata fino a Trento, ovviamente in bicicletta, per vendere la grappa fatta in casa.
Un ciclismo d’altri tempi, nel ‘54 al suo primo di Giro di Lombardia staccò addirittura un trentacinquenne Fausto Coppi sul Ghisallo, che per un attimo rimase spiazzato, ma poi rimontò e andò a prendersi la sua quinta Classica delle foglie morte. Il capostipite dei Moser avrà poi il grande onore di vestire la maglia rosa, assaporandola la prima volta nel ‘58 a Superga e poi tredici anni dopo a San Vincenzo, a suggellare una carriera devota alla bicicletta e alla fatica perenne.
Oltre ad aver messo in bacheca Coppa Agostoni, Gran Premio
Industria e Commercio di Prato, Trofeo Baracchi, Grand Prix des Nations e Coppa Bernocchi, Aldo Moser ha corso per ben sedici volte il Giro d’Italia, quattro Mondiali con la maglia azzurra (Frascati, Waregem, Reims e Mendrisio) e nel 1973, prima di essere stoppato da una brutta una frattura al ginocchio, si tolse lo sfizio di gareggiare con la Filotex, assieme agli altre tre fratelli professionisti, Enzo, Diego e Francesco. Il primo ad andarsene fu proprio Enzo, morto in circostanze drammatiche nell’estate 2008, schiacciato da un trattore mentre sfoltiva le vigne sulle colline di Trento, a pochi passi dal feudo di famiglia. Sudore e fatica, un binomio che in famiglia tornerà sempre. In tutto la famiglia Moser delle due ruote conta otto protagonisti e, oltre ai quattro della prima generazione, ci sono anche i quattro nati dagli anni Ottanta in poi, vale a dire Matteo, Leonardo e Moreno, figli di Diego, e Ignazio, figlio di Francesco.
Aldo era ricoverato in ospedale a Trento da qualche giorno a seguito di alcune complicazioni legate al virus, e per tutta la famiglia è un punto di riferimento che non c’è più, la stella polare che aveva tracciato la strada, anzi l'asfalto, oltre mezzo secolo fa. «I Moser li ho messi in sella io, uno dopo l’altro - aveva raccontato con orgoglio - Quando arrivava l’ora regalavo la bicicletta a tutti. Era l’unica vera alternativa al lavoro nei campi». A piangerlo c’è anche Francesco, il più titolato dell’intera dinastia, vincitore di un Giro d’Italia, di tante Classiche e anche di un Mondiale su strada, quello venezuelano del ‘77. Come se non bastasse, Palù di Giovo è l’unico posto al mondo a poter vantare ben quattro maglie rosa: i Moser - Aldo, Enzo e Francesco - ma anche Gilberto Simoni, legato a doppio filo con i Moser perché Cecilia - sposatasi con Ignazio nel ‘33 - fa di cognome Simoni e Anna, sorella dei Moser, è la mamma di Arianna, nonché moglie di Gilberto. Sembra un rompicapo, in realtà vittoria è la parola chiave per spiegare tutto.