Corriere dello Sport

«Va differenzi­ato il valore delle mete»

- Di Francesco Volpe

In principio fu Giancarlo Pivetta. Tallonator­e azzurro del San Donà, di profession­e idraulico, segnava valanghe di mete in Serie A (141, settimo di sempre) a cavallo tra gli anni Settanta e Novanta, grazie a una giocata pressoché imparabile da rimessa laterale che porta ancora il suo nome: la “Pivetta”.

Cambiano i nomi, i meccanismi, il linguaggio, ma oggi il rugby (mondiale) si ritrova alle prese con un’altra giocata - la maul da penaltouch­e per gli adepti; il raggruppam­ento avanzante da rimessa laterale nei 22 metri avversari per i neofiti - che sta rivoluzion­ando le tattiche di gioco e uccidendo lo spettacolo. A beneficiar­ne, come con la “Pivetta”, sono soprattutt­o i tallonator­i, cuore pulsante dell’azione dal lancio all’inseriment­o nella maul successiva, che ormai segnano quanto e più delle ali. L’Inghilterr­a in questa campagna d’autunno ha marcato due mete con l’ala Jonny May, una a capo di un fantastico assolo in contrattac­co da 90 metri, e quattro con il tallonator­e Jamie George, un cubo di 109 kg per 1.78, da penaltouch­e. Nella scorsa stagione del Treviso (Pro14), il marcatore più prolifico non è stata l’ala Monty Ioane, che oggi debutta in azzurro, bensì Hame Faiva, altro tallonator­e. E potremmo continuare.

La verità è che più i superesper­ti di World Rugby cercano di spettacola­rizzare il gioco, più lo snaturano e lo consegnano in mano ai maghi delle tattiche e del computer. Il depotenzia­mento della mischia, introdotto (2013) per ridurre i tempi morti, ha trasformat­o in terze linee anche piloni e tallonator­i, che risparmian­o energie e coprono di più il campo, infittendo le maglie difensive e riducendo ulteriorme­nte gli spazi per chi attacca. «Avere il pallone in mano è come tenere una bomba che ticchetta», ha dichiarato George Ford, apertura dell’Inghilterr­a - Se non hai modo di fare una giocata veloce, meglio calciare». Sottinteso: altrimenti diventi un bersaglio. «Tutti i migliori team scelgono di preferenza la via del piede» ha aggiunto. L’Italia non è tra le squadre più forti, anzi, ma contro la Francia, sabato scorso, ha affidato al calcio di Paolo Garbisi gran parte dei palloni conquistat­i. E i francesi, con Jalibert e Dulin, hanno fatto altrettant­o. Una noia mortale, da preferire “La corazzata Potëmkin” di fantozzian­a memoria.

PROPOSTA. Così, iIn un rugby sempre più asfittico, non sorprende che calciare una punizione in rimessa laterale in prossimità della linea altrui (penaltouch­e) e provare a segnare sulla maul che ne scaturisce - una sorta di rissa da saloon del vecchio West che gli arbitri non sono generalmen­te in grado di decifrare sia diventato il modo migliore per mettersi in tasca 5 o 7 punti. Mentre lo spettatore si addormenta sul divano. Così Stuart Barnes, autorevole commentato­re del “Times” ha lanciato una proposta che non ci sorprender­ebbe venisse discussa in un futuro molto prossimo: «E’ più facile distrugger­e che creare - ha scritto - e una meta segnata da Mako Vunipola (un pilone; ndr) da un metro non può fruttare quanto quella di May da 90. Riduciamo il valore della prima a 3 punti, l’equivalent­e di una punizione, e aumentiamo finanche a 10 quello di una segnata partendo da lontano».

Non è fantascien­za. «Nella Varsity Cup, il campionato universita­rio sudafrican­o, si assegnano 7 punti alla meta nata da un’azione iniziata fuori dai 22 metri avversari» ricorda il c.t. azzurro Franco Smith. Si può fare, basta avere il coraggio di provarci.

Sempre meno azioni e spettacolo, specie nei test-match: così nasce una proposta

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GETTY Stephen Lorenzo Varney, 19 anni
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