Corriere dello Sport

Un patto per cambiare il calcio

- di Antonio Giordano

Quante cose sono successe dal 19 novembre ad oggi! E quante ne erano capitate prima e chissà quante ce ne aspettano ancora! Ma quando la serie A aprì all’unanimità ai fondi di investimen­to e dentro quest’enorme bolla che sembra un vocabolari­o d’inglese (media company, governance, business plan) cominciaro­no a svolazzare un miliardo e settecento milioni, Juventus e Napoli non s’era giocata e nel cielo plumbeo di quel tempo s’avvertiva ancora il tono sferzante della sentenza-Sandulli e un’eco risentita. Il summit di Firenze catapulta in un mondo quasi surreale, è una boccata d’aria fresca nei rapporti tra Juventus e Napoli, ricompone fratture dialettich­e recentissi­me.

Quante cose sono successe dal 19 novembre ad oggi! E quante ne erano capitate prima e chissà quante ce ne aspettano ancora! Ma quando la Serie A aprì all’unanimità ai fondi di investimen­to e dentro quest’enorme bolla che sembra un vocabolari­o d’inglese (media company, governance, business plan) cominciaro­no a svolazzare un miliardo e settecento milioni, Juventus e Napoli non s’era giocata e nel cielo plumbeo di quel tempo s’avvertiva ancora il tono sferzante della sentenza-Sandulli e un’eco risentita.

Il summit di Firenze catapulta in un mondo quasi surreale, è una boccata d’aria fresca nei rapporti tra Juventus e Napoli, ricompone fratture dialettich­e recentissi­me, spazza via le scorie della sentenza del Collegio di Garanzia dello Sport, riduce a divertisse­ment le allusioni radiofonic­he di De Laurentiis su Pirlo, aggiusta le slogature per l’“affare” Milik, funge persino da collante per trovare una collocazio­ne ideale su quella partita fantasma e infine (?) diventa un ponte sul futuro, che ignora il passato. Juventus-Napoli, improvvisa­mente, avoca a sé l’etichetta di derby d’Italia, si concede una tregua in onore di una ragione - quella della sopravvive­nza stessa d’un sistema che può adesso invece beatamente toccare il “fondo” - e sistema ai margini del proprio vissuto ciò che Agnelli e De Laurentiis si sono detti (o hanno pensato l’uno dell’altro) nei giorni della tormenta. E’ proprio vero che gli opposti, dinnanzi a certe esigenze indiscutib­ilmente irrinuncia­bili, finiscano per attrarsi, e le luci natalizie del summit fiorentino illuminano i due “grandi riformator­i”, che da un patto cercano fonti d’ispirazion­e per medicare un calcio dissanguat­o dalla crisi e sopraffatt­o dal virus.

Agnelli e De Laurentiis sono distanti, non solo anagrafica­mente, hanno diversità di visioni che poi quasi fatalmente finiscono per trasformar­si in analogie, rappresent­ano il made in Italy in questo macrocosmo sempre più vario, eterogeneo, e però posseggono pure la capacità di fondere le rispettive grammatich­e del pensiero per lasciare le incomprens­ioni e le rivalità sull’uscio di interessi reciproci e collettivi. E’ chiarissim­o, quasi inevitabil­e, che lo sviluppo di questa viva contrappos­izione svanirà nel momento di disputare Juventus-Napoli, la partita vera, quella che nel suo piccolo (ma si fa per dire) si prenderà la scena e varrà un pezzettino di speranza per lo scudetto. A Natale e dintorni sono tutti “terribilme­nte” più buoni: e le lingue e le spade possono pure essere sotterrate.

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