Un patto per cambiare il calcio
Quante cose sono successe dal 19 novembre ad oggi! E quante ne erano capitate prima e chissà quante ce ne aspettano ancora! Ma quando la serie A aprì all’unanimità ai fondi di investimento e dentro quest’enorme bolla che sembra un vocabolario d’inglese (media company, governance, business plan) cominciarono a svolazzare un miliardo e settecento milioni, Juventus e Napoli non s’era giocata e nel cielo plumbeo di quel tempo s’avvertiva ancora il tono sferzante della sentenza-Sandulli e un’eco risentita. Il summit di Firenze catapulta in un mondo quasi surreale, è una boccata d’aria fresca nei rapporti tra Juventus e Napoli, ricompone fratture dialettiche recentissime.
Quante cose sono successe dal 19 novembre ad oggi! E quante ne erano capitate prima e chissà quante ce ne aspettano ancora! Ma quando la Serie A aprì all’unanimità ai fondi di investimento e dentro quest’enorme bolla che sembra un vocabolario d’inglese (media company, governance, business plan) cominciarono a svolazzare un miliardo e settecento milioni, Juventus e Napoli non s’era giocata e nel cielo plumbeo di quel tempo s’avvertiva ancora il tono sferzante della sentenza-Sandulli e un’eco risentita.
Il summit di Firenze catapulta in un mondo quasi surreale, è una boccata d’aria fresca nei rapporti tra Juventus e Napoli, ricompone fratture dialettiche recentissime, spazza via le scorie della sentenza del Collegio di Garanzia dello Sport, riduce a divertissement le allusioni radiofoniche di De Laurentiis su Pirlo, aggiusta le slogature per l’“affare” Milik, funge persino da collante per trovare una collocazione ideale su quella partita fantasma e infine (?) diventa un ponte sul futuro, che ignora il passato. Juventus-Napoli, improvvisamente, avoca a sé l’etichetta di derby d’Italia, si concede una tregua in onore di una ragione - quella della sopravvivenza stessa d’un sistema che può adesso invece beatamente toccare il “fondo” - e sistema ai margini del proprio vissuto ciò che Agnelli e De Laurentiis si sono detti (o hanno pensato l’uno dell’altro) nei giorni della tormenta. E’ proprio vero che gli opposti, dinnanzi a certe esigenze indiscutibilmente irrinunciabili, finiscano per attrarsi, e le luci natalizie del summit fiorentino illuminano i due “grandi riformatori”, che da un patto cercano fonti d’ispirazione per medicare un calcio dissanguato dalla crisi e sopraffatto dal virus.
Agnelli e De Laurentiis sono distanti, non solo anagraficamente, hanno diversità di visioni che poi quasi fatalmente finiscono per trasformarsi in analogie, rappresentano il made in Italy in questo macrocosmo sempre più vario, eterogeneo, e però posseggono pure la capacità di fondere le rispettive grammatiche del pensiero per lasciare le incomprensioni e le rivalità sull’uscio di interessi reciproci e collettivi. E’ chiarissimo, quasi inevitabile, che lo sviluppo di questa viva contrapposizione svanirà nel momento di disputare Juventus-Napoli, la partita vera, quella che nel suo piccolo (ma si fa per dire) si prenderà la scena e varrà un pezzettino di speranza per lo scudetto. A Natale e dintorni sono tutti “terribilmente” più buoni: e le lingue e le spade possono pure essere sotterrate.