Corriere dello Sport

Lockdown 1944, coi tedeschi Poi la pace, a Rimini, sul mare

-

volto, un’idea del Grand Hotel, i muri in piedi, la facciata traforata dai mitragliam­enti. Misi i piedi in mare, scartai i granchi che correvano, acchiappai i cannelli prima che si nascondess­ero nei buchi, io ch’ero abituato a inseguire i topi di campagna in un paesello senza gatti. Chissà perché. Non c’erano neanche a Rimini. Passammo un inverno gelido intorno alla stufa sulla quale si faceva anche da mangiare e i cerchi tondi del fornello di ghisa restavano scolpiti nella piadina. Il Natale, un sentito dire, una messa. Il Capodanno, un torrone Sperlari portato da uno zio ballerino (c’era e non c’era). Ecco la fame. Non la mia: ero il più piccolo e qualcosa da mangiare per me c’era sempre da quando quell’americano nero mi aveva sfamato nella grotta, a Poggio Berni. Gli volli bene, lo ascoltavo cantare. Mi sorrideva sempre come se sapesse di avermi salvato la vita.

Poi mio padre fu amnistiato, tornò a lavorare, e comprammo anche una tavola per mangiare tutti insieme in cucina, tranne mia madre che continuò a cucinare e a mangiare in piedi per tutta la vita, fino ai cent’anni. La rezdora aveva sempre da fare. Una sera vedemmo le luci verdi della Casina del Bosco. Ballavano. Aprirono anche le scuole Tonini e mi portarono a fare due classi insieme perché ero vecchio, avevo sette anni. Il primo giorno mi presentai da solo, a casa tutti avevano qualcosa da fare. Benedetta guerra: per il resto della vita ho fatto sempre tutto da solo.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy