Il punto d’incontro quotidiano tra un grande giornalista e i lettori del Corriere dello Sport-Stadio post@corsport.it italocu39@me.com
Caro Cucci, lo scorso anno con Antonio Conte abbiamo perso tutto quello che c’era da perdere, perché ad un certo punto (nel momento cruciale) è stato il primo a non credere più nello scudetto. Invece se ci avesse creduto ci saremmo potuti arrivare, non per il punto di differenza a fine campionato la Juve aveva mollato - ma il rimpianto riguarda le partite buttate per rilassamento, tipo quella persa in casa contro il Bologna e quella pareggiata sempre in casa contro il Sassuolo: avremmo potuto tenere il fiato sul collo della Juve fino alla fine, e chissà... Mourinho non avrebbe mai mollato...
Avevo appena letto la sua lettera quando mi sono messo a seguire Fiorentina-Inter di Coppa Italia. Molte sue critiche all’allenatore - lei non gliene ha mai risparmiate - avevano senso. Ma non mi riferisco a episodi discutibili come le sostituzioni di Roma, oggetto di dibattito da domenica sera. Dico piuttosto della trasformazione... estetica del tecnico nerazzurro: una maschera tragica. Così diverso dall’uomo che sedeva sulla panchina della Juve, pronto a far fuoco e fiamme contro i malcapitati avversari, spesso con un sorriso sprezzante mentre mieteva vittime. Un giorno s’è lamentato della scarsa potenza economica della Signora (quella storia del ristorante da dieci euro) e quando è arrivato all’Inter ha gonfiato il petto... e ha cominciato a cercare i migliori ristoranti di Milano sulla Guida Michelin. Pensi, stavo per invitarlo a cena dal mio amico Filippo Lamantia, noblesse gastronomica sicula, quando m’ha fatto quello scherzo di piangere in tivù per la mia cattiveria e ho dovuto lasciarlo alle amorevoli cure di Marotta, quello che prima gli ha fatto il contratto da dodici milioni l’anno (altro che Mou) e adesso deve accontentarsi di pizza e fichi, come a Roma chiamano il “piatto dei poveri”. La notizia data in anteprima da questo giornale - e confermata dall’Inter - a proposito di Suning che cerca compratori ha definitivamente choccato l’allenatore che deve subire anche le risatine degli juventini a proposito di Ricchi e Poveri. Ecco perché penso che ieri, a Firenze, il destino abbia offerto al condottiero nerazzurro l’occasione per cambiar vita - non squadra - recuperando il sorriso e l’intensità perduti nonostante la presenza irrinunciabile di Eriksen. La povera e bistrattata Coppa Italia può aver preparato il terreno per l’attesissimo confronto con la Juve di Pirlo. Contento, Ducci? Me lo farà sapere. Nel frattempo si goda l’unico vero capolavoro del suo tecnico, Lukaku, che anche ieri ha salvato baracca e burattini (diceva mio nonno ) con il solito gol da campione (altro che miracolo) e una magistrale condotta in campo. I miei lettori sanno quanto io creda alla necessità di avere un allenatore in campo, ovvero un calciatore in perfetta sintonia col signore della panchina e dunque capace di irradiare ai compagni serenità e coraggio con il potere occasionalmente condiviso. Senta come ha parlato Romelu a fine partita: «Siamo contenti di aver vinto contro una squadra fortissima con un grande allenatore. È importante per la nostra fiducia e dobbiamo continuare così. La squadra si abbassa troppo e rischia? Stiamo lavorando su quello, abbiamo parlato dopo la Roma. Non deve più succedere. Siamo una squadra giovane, dobbiamo imparare da questi momenti. Stiamo crescendo e abbiamo voglia di migliorare...». Vede, io lo chiamerei Mister Lukaku.
Io no. Io punirei gli allenatori che non richiamano all’ordine i Cascatori Disperati perché - mi creda - per alcuni panchinari la simulazione fa parte da sempre della gestione della partita. Una volta andava anche peggio quando venivano mandati in campo cacciatori di tibie e ginocchi che noi chiamavamo scarponi o killer.