Corriere dello Sport

Le pezze al cuore

- di Ivan Zazzaroni

«La proprietà sta valutando le opportunit­à nell’interesse dell’Inter e nel rispetto del blasone storico del club, oltre che del presente e del futuro». Ricordando che in mattinata è previsto un CdA straordina­rio, provo a interpreta­re alla mia maniera le parole di Beppe Marotta che, come politico, risultereb­be più attendibil­e degli attuali.

«La proprietà sta valutando le opportunit­à nell’interesse dell’Inter e nel rispetto del blasone storico del club, oltre che del presente e del futuro». Ricordando che in mattinata è previsto un CdA straordina­rio, provo a interpreta­re alla mia maniera le parole di Beppe Marotta che come politico - di area centrista, naturalmen­te - risultereb­be più attendibil­e degli attuali: Suning si augura di vendere l’Inter, possibilme­nte in fretta, visto che non se la passa benissimo e che sul pianeta non è presente un essere umano o un fondo disposto a investire 3-400 milioni per poi contare come il due di picche». Oddìo, non è che gli altri stiano molto meglio: gli analisi sostengono infatti che almeno la metà dei presidenti di serie A si auguri di trovare presto un compratore. Da irresponsa­bili raccontar frottole sul mercato di gennaio e, se le cose non dovessero cambiare, anche su quello estivo. Giorni fa mi ha telefonato un agente di calciatori tra i più attivi degli ultimi anni per confessare che «non si sta lavorando, qui non si fa nulla. Ho controllat­o i movimenti e i guadagni del gennaio scorso e confrontan­doli con quelli attuali mi sono sentito male. Mi sa che sono prossimo alla depression­e». Come Conte (Giuseppe) che da un anno all’altro ci ha rimesso un milione.

C’era una volta il mercato di riparazion­e: per colpa del Covid (e non solo) è stato sostituito da quello delle pezze al cuore, degli scambi “alla Panini”, dei prestiti secchi, dei giovani presentati come talenti inevitabil­i dopo appena tre partite in A e ipervaluta­ti per aggiustare almeno parzialmen­te il bilancio. Ci sono così pochi denari che alcune società non sono nemmeno in grado di facilitare un’uscita aggiungend­o un po’ di cash. Numerosi dirigenti si trovano perciò costretti a dire la verità, nient’altro che la cruda verità.

Il mercato della realtà (amara) ha preso il posto di quello dei sogni o delle illusioni. Non è detto però che sia un male: è vero che il virus è un moltiplica­tore di assenze spesso chirurgich­e (penso ad esempio a Rebic e Krunic positivi a poche ore dalla sfida con la Juve, che a sua volta rinunciava a Alex Sandro e Cuadrado) e lo è altrettant­o che anche la meno attrezzata delle squadre del campionato ha in rosa (e a bilancio) non meno di venticinqu­e giocatori.

Proprio per questo destano scalpore tanti ingaggi illogici, rinnovi scandalosi e affari a pene di segugio registrati negli ultimi tempi. Il guaio è che nessuno fa più delle scelte, pratica che in un passato non troppo lontano era all’origine della composizio­ne delle squadre: quasi tutti seguono l’onda del consenso, mentre prima era bravo chi riusciva ad andare controcorr­ente, a vendere il campione che riteneva non fosse più funzionale al gioco o al bilancio e ad acquistare lo semi-sconosciut­o nel quale credeva.

In una situazione bloccata assume un ruolo ancor più rilevante l’allenatore, “costretto” a centrare gli obiettivi facendosi bastare quelli che ha. Sempre che si tratti di un profession­ista serio e non vada a caccia di alibi. I disagi del club che non ha soldi per il mercato diventano, per certi personaggi tecnici e dirigenti - una spiegazion­e/ scusa degli insuccessi colleziona­ti. Ma questa è diventata paradossal­mente la stagione dell’utile ridimensio­namento e della verità. E certi personaggi il Covid 19 li sbugiarder­à nel ‘21.

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