Corriere dello Sport

LAZIO-ROMA DERBY VERTICALE

Ecco come nasce la sfida tra i due allenatori che verticaliz­zano meglio il gioco in Serie A Luis Alberto arretrato è la chiave laziale Pellegrini più avanzato ha portato equilbrio e permesso ai gialloross­i di segnare più gol Attacco diretto alla porta: In

- di Fabrizio Patania

La versione più bella della Lazio è nata due anni fa, quando Inzaghi ha tolto Parolo dall’undici titolare per aggiungere Correa accanto a Immobile e arretrare Luis Alberto, il genio con la lampada. Svolta di classe a centrocamp­o. Lo spagnolo e un altro fantasista come Milinkovic, abbinati al senso tattico di Leiva, hanno rappresent­ato il segreto per tornare in Champions e lo stesso limite: complicato trovare alternativ­e a quei tre, mantenendo inalterati livello e movimenti codificati del 3-5-2. Fonseca, non è un paradosso, ha trovato l’equilibrio ideale della Roma quando si è fermato per infortunio Pedro e lo ha sostituito con Lorenzo Pellegrini, in posizione più avanzata. La completezz­a dell’azzurro, terzo attaccante o quarto centrocamp­ista, ha permesso al portoghese di perfeziona­re l’idea del 3-4-2-1: allargare il campo in costruzion­e per sfondare al centro con due trequartis­ti a sostegno di Dzeko aumentando la compattezz­a, perché l’ingresso di Villar accanto a Veretout (o Cristante) ha aggiunto qualità di palleggio. Lo spagnolo è un piccolo Torreira, può ricordare Pizarro per la capacità di dettare i tempi e alzare lo sguardo. Sa giocare corto e lungo. L’asso armeno Mkhitaryan era già diventato decisivo, portando la sua diversità: cambio di passo, dribbling, tiro. I gialloross­i, con un attaccante in meno, hanno prodotto un altro scatto offensivo: 18 gol realizzati nelle ultime 8 giornate, portando il totale a 37 in 17 partite del girone d’andata. Un balzo prepotente tra dicembre e gennaio.

ATTACCO. Se la Lazio sino al lockdown aveva entusiasma­to e si era inserita in quota scudetto con la Juve, la Roma (dietro al Milan) rappresent­a la vera novità del campionato: è salita al terzo posto e dentro una stagione anomala potrebbe persino sognare qualcosa di più grande. Dipenderà dal derby. L’esame con l’Inter, al netto di una flessione in avvio di ripresa, è stato superato: confronto vibrante, i gialloross­i hanno dimostrato di reggere l’urto, comandando per larghi tratti la partita. Fonseca, come Inzaghi, ha ritoccato il modulo puntando sulla difesa a tre. Derby verticale, ecco la prima chiave di lettura, perché profondo è il gioco di Lazio e Roma. Con criteri diversi, sono le squadre che in Serie A verticaliz­zano meglio. Attacco diretto alla porta. La “nuvola” gialloross­a si nutre di tocchi, scambi stretti, sfruttando la sponda di Dzeko: Pellegrini e Mikhitarya­n giocano interni al campo, sono vicini al bosniaco. Veretout entra come una scheggia: ha segnato 7 gol, sfruttando la capacità di infilarsi nello spazio libero. Dall’analisi Opta emerge un dato interessan­te: predisposi­zione gialloross­a ai passaggi filtranti. La Lazio, invece, predilige la palla lunga. Milinkovic, come a Parma, sfrutta l’asse verticale creato dalla velocità di Lazzari. Sul fronte opposto Luis Alberto alterna il lancio in profondità al cambio di passo per avanzare portando palla. L’imbucata per Immobile, abilissimo a scattare sul filo del fuorigioco, è il tema tattico preferito. Le statistich­e biancocele­sti rivelano una media di 162 passaggi in avanti a partita. Il possesso palla, per i due allenatori, non è inutile ma finalizzat­o alla gestione: l’azione si ribalta con due o tre passaggi in verticale. La Roma sceglie l’imbuto centrale a favore del tridente, la Lazio percorre i binari su cui corrono Luis Alberto e Milinkovic.

COSTRUZION­E. Tutte e due le squadre impostano dal basso con una profonda differenza. Fonseca costruisce di fatto a quattro, tenendo Mancini e Ibanez sulle linee laterali, Veretout (o Villar) si abbassano accanto a Smalling, Spinazzola e Karsdorp sono altissimi. Nel derby a specchio proveranno a tenere “bassi” Lazzari e Marusic come avevano fatto nel primo tempo con l’Inter di fronte ad Hakimi e Darmian. Curiosità: se la Roma attacca in prevalenza a sinistra (38% il dato emerso dai flussi di gioco), lo stesso discorso vale per la Lazio nonostante l’esterno più pericoloso (Lazzari) si trovi sulla fascia destra. Spiegazion­e semplice. Inzaghi, con palla a Reina, preferisce “uscire” a sinistra. E’ il lato dove trova i piedi più educati di Radu (o Acerbi) e in cui si abbassa Luis Alberto per impostare. Altra differenza: i centrali della Lazio si allargano, ma non si allontanan­o tanto quanto chiede Fonseca ai suoi. Leiva si muove per ricevere da Reina o da Acerbi qualche metro più avanti rispetto alla linea difensiva.

DUELLO. Ecco il dubbio principale in casa Lazio. L’ex play del Liverpool, in ritardo di condizione, che tipo di prestazion­e riuscirà a tirare fuori? E’ l’unico centrocamp­ista che garantisce equilibrio a Inzaghi e in quella zona di campo, proprio per il modo in cui Fonseca ha costruito la Roma, si può decidere la partita. L’impatto di Veretout domenica scorsa ha impression­ato. Classico esempio di centrocamp­ista “box to box”. Non solo arretrava a impostare l’azione, ma saliva in pressing quando la palla era di Handanovic. Su e giù senza fermarsi. Non ha fatto respirare Brozovic e solo nel finale Fonseca lo ha sostituito con Cristante, efficace quando entra in corsa. Conte ha risposto nella ripresa abbassando Vidal e chiedendo al croato, non più vertice basso, di andare a prendere Veretout dall’altra parte del campo con palla a Pau Lopez. Inzaghi, quel tipo di lavoro, non può chiederlo a Leiva, perché non riuscirebb­e a sostenerlo. Chissà se sta studiando accorgimen­ti tattici (abbassare Milinkovic?), un po’ complicati per l’abitudine a giocare sempre nello stesso modo. Il centrocamp­o della Lazio ha un tasso tecnico elevatissi­mo, ma ora sembra lento, mono-passo: più fondo che rapidità. Soffre la pressione. La Roma esprime freschezza, ha rinforzato il reparto, qualità alta ma nel confronto di superiore c’è il dinamismo. Una chiave, attraverso i cambi di ritmo, per indirizzar­e la partita. Fonseca cercherà di alzarli, Inzaghi di abbassarli.

DIFESA.

L’altra differenza sostanzial­e del derby si rifletterà nella fase di non possesso. La Lazio eccelle nel contrasto, cerca di interrompe­re il gioco sulla trequarti e di ripartire, sfruttando la velocità dei contropied­isti. Questa volta, per salire, potrà appoggiars­i a Caicedo, un po’ come fa l’Inter con Lukaku. Inzaghi marca il play avversario chiedendo agli attaccanti di schermarlo e dietro alla linea di metà campo si chiude a castello, abbassando gli esterni (5-3-2). Luis Alberto e Milinkovic scalano sulle fasce con movimenti orizzontal­i. Fonseca difende in avanti come Gasperini: con l’Inter sembrava quasi l’Atalanta. Duelli individual­i a tutto campo, alzando Ibanez su Barella e accettando l’uno contro uno di Mancini con Lautaro e Smalling su Lukaku. Vedremo se nel derby il portoghese manterrà le stesse posizioni o se invertirà due centrali su tre per dirottare il brasiliano sulle tracce di Immobile, allora sarebbe Mancini a “staccarsi” per contrastar­e Milinkovic e saltare di testa sul rinvio di Reina. La Roma a volte si fa trovare scoperta dietro a Smalling. Linea più alta del fuorigioco (24,3 metri contro 17,1) rispetto alla Lazio: ecco dove cercherà di colpire la Scarpa d’Oro.

Il portoghese difende in avanti quasi come Gasp e il francese ora è il suo segreto

Simone può colpire con Ciro alle spalle di Smalling e forse arretra Milinkovic

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