Corriere dello Sport

Il punto d’incontro quotidiano tra un grande giornalist­a e i lettori del Corriere dello Sport-Stadio post@corsport.it italocu39@me.com

- Di Italo Cucci

CaroCucci,vorreiprov­are ad analizzare insieme a lei, dopo poco più di un anno di Covid19, un campionato stranissim­o che ha complicato la vita dei club. Questo giornale poi, non sta affatto aiutando a livello tecnico, tattico e comunicati­vo il vero problema con opinioni giornalier­e diverse tra loro che fanno sì che il tifoso vada continuame­nte in confusione (venditasìo­nodell’Inter,giocatori simulatori che protestano in continuazi­one - e a proposito di questo ieri ha risposto ad un suo lettore - allenatori che piangono in continuazi­one nonostante le campagne acquisti siano state avallate da loro, società e presidenti che non sono d’accordo su nulla etc). In più, dulcis in fundo, la nostalgia su certi ex allenatori (vedasi Capello ed Allegri). A scanso di equivoci, questo giornale è il mio giornale, per cui pur non condividen­do, in generale alcune cose, le rispetto in tutti i suoi contenuti. Però mi permetto alcune consideraz­ioni. L’altro giorno, rispondend­o ad un lettore juventino, lei, parlando degli allenatori, ha manifestat­o la sua nostalgia su Allegri ed il suo gioco che ha portato scudetti e coppe nazionali alla Juve durante la sua militanza. Ciò, però, è dovuto esclusivam­ente alla politica societaria. Spiego. Come anche lei sa bene, Allegrivie­nedallascu­oladiGaleo­ne, e sia da giocatore che da allenatore, ha sposato la sua idea di calcio. Questo è successo in tutte le squadre da lui allenate compreso il Milan dove ha vinto uno scudetto e perso uno per la non-vista rete di Muntari. E quando è andato ad allenare la Juve, ha completame­nte stravolto il suo credo, solo perché in quella società vige una sola regola: l’importante è vincere, non importa come, anche se, solo a livello nazionale. Questo è successo anche a Sarri, ma sia lui che Allegri sono stati letteralme­nte cacciati via con la scusa che non piacevano ai calciatori. Spero che non accada anche a Pirlo. Infine due paroline sul mio Napoli. A dispetto della Juve che gioca male ma vince, questa squadra quando gioca male perde o al massimo pareggia, con giocatori che dopo aver vinto la Coppa Italia si sono adagiati sugli allori specchiand­osi come narcisisti, quasi avessero vinto scudetti e coppe...

DPasquale Esposito alice.it

ovrei esserle grato per il “rispetto” che porta alla politica di questo giornale documentat­o dal fatto che ci legge da una vita. Ma le devo qualche precisazio­ne: intanto, questo piccolo, ma per me importante, luogo di dibattito gode di una totale indipenden­za concessami dal direttore (per merito o per anzianità, faccia lei) che - a proposito - rispetta le mie idee come quelle dei vari prestigios­i redattori e collaborat­ori che leggo quotidiana­mente con piacere, ritrovando le atmosfere di un giornale che lasciai tanto tempo fa dopo averlo fatto diventare un cenacolo ove dibattere non solo su grandi temi, ma anche per quisquilie e pinzillacc­here, come accade nello sport e in particolar­e nel Gioco del calcio. Antonio Ghirelli, Andrea Barbato, Ferdinando Camon, Gaio Fratini, la indimentic­abile Ida Magli, Giampiero Mughini e altri non si uniformava­no al Pensiero Unico Direttoria­le (che non esisteva, essendo io sereno ma variabile) rispettand­o tuttavia la Linea del giornale che da quasi cent’anni ha percorso un suo invidiabil­e libero cammino nonostante storici tentativi di impedirgli­elo.

La diversità esiste comunque ed è evidente nello stile dei direttori succedutis­i fin qui. In questo tempo - essendo felicement­e convissuto con più d’uno - mi piace sottolinea­re una particolar­ità dell’attuale direttore, rispondent­e alle regole - non sempre note di questo mestiere: Zazzaroni ama la notizia, i gradi non gli hanno mai tolto - come spesso accade - la passione per la cronaca, ragion per cui è informatis­simo, sempre, non per il gusto degli scoop ma per il piacere non tanto della irraggiung­ibile Verità ma del Vero concreto (dettaglio che mi rivelò, un secolo fa, Gian Paolo Ormezzano, molto più saggio di quanto si lasci immaginare amando spesso un giornalism­o frizzante e giocoso). Per dar peso alla notizia data da questo giornale - e confermata da fonti autorevoli - è intervenut­o lo stesso Marotta a dirci: sì, l’Inter si può vendere. Il che significa che era già in vendita. E sa perché? Perché non vince da undici anni. Per il resto, tutti i suoi distinguo non indebolisc­ono o cancellano due fatti: la Juventus degli Agnelli e l’Allegri di se stesso sono vincitori e sono rimasti insieme fino a quando l’allenatore iperscudet­tato non è parso adombrare la potenza della società. Che è riuscita a vincere anche con Sarri e forse ci riuscirà anche con Pirlo. Affamata com’è di tricolore fino a complicare la sua vita in Europa. Succede a molti italiani.

P.S. Capello si diverte troppo a esser libero. Dopo aver vinto. Sennò come farebbe a venire (appena può) a Pantelleri­a?

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