Gravina-Sibilia il calcio sceglie il presidente
I numeri sono tutti dalla parte del presidente uscente. Clima avvelenato da un patto del 2018
Esattamente 28 mesi fa, il 22 ottobre 2018, Gabriele Gravina veniva eletto presidente Figc raccogliendo, unico candidato, il 97,2% dei voti. Si chiudeva con una simile maggioranza la profonda crisi federale, innescata da un fattore tecnico (l’eliminazione dell’Italia dal mondiale russo) ma esplosa politicamente il 29 gennaio 2018 quando, dopo le dimissioni di Carlo Tavecchio, nessuno dei tre candidati in lizza, in un clima surreale, era riuscito ad ottenere il mandato presidenziale, aprendo la strada al commissariamento Coni nella persona di Fabrizio Fabbricini. Di quei tre mancati presidenti, Gravina, Sibilia e Tommasi, i primi due si scontreranno stamattina, a Roma, nel grande hotel che domina la città sulla collina di Monte Mario, per ricevere il mandato a guidare la Federcalcio per i prossimi quattro anni, dopo averne condiviso la governance (uno presidente, l’altro vice vicario), almeno formalmente, in questi ultimi due anni e spiccioli. L’abbiamo presa larga perché mai come in questo caso la storia recente ha un peso specifico in un confronto sulla carta già deciso. Gabriele Gravina, la cui candidatura è stata presentata da 167 dei 276 delegati totali (di cinque delle sette componenti federali, meno Lnd e Aia) contro i 69 a sostegno di Sibilia, della sola Lnd (che pure ne conta 91, e deve fare i conti con la fronda interna di Lombardia e Emilia Romagna, guidata dall’agguerrito Tavecchio), non dovrebbe avere difficoltà a centrare il 50% più uno dei voti già alla prima votazione. Il nuovo regolamento elettorale infatti ha eliminato le prime due votazioni qualificate (75% e 66%), introducendo la maggioranza assoluta come quorum elettivo, al meglio di tre scrutini, per non arrivare a un nuovo commissariamento.
ALTA TENSIONE. Il tanto peggio tanto meglio non sembra essere opzione praticabile. Ma è un fatto che la Federcalcio arriva a questa appuntamento attraversata da forti fibrillazioni, amplificate da un 2020 drammatico nel segno della pandemia. Il cuore dello scontro non è stato e non è programmatico. Il fatto è che Sibilia rivendica l’applicazione di un accordo con Gravina che prevedeva la staffetta tra loro allo scadere di questo mandato. C’è una data e un luogo: 26 settembre 2018, piazzale Flaminio, sede della Lega Nazionale Dilettanti. Lì è stato firmato un patto: strategico per il primo, programmatico per il secondo, allora ancora presidente della Lega di C. In quel momento Gravina non era ancora sicuro della propria candidabilità (modifiche statutarie sui mandati avevano già fatto cadere l’opzione Abete), ok arrivato a inizio ottobre. In caso contrario, il candidato sarebbe stato Sibilia. E’ un fatto però che tutte le figure allora coinvolte (Ulivieri, Abete, l’avvocato Viglione) o stanno con Gravina o hanno appena perso il proprio ruolo (Nicchi). Vedremo oggi su che piano verrà messo il confronto. La lunga vigilia non promette bene. Attivissimo, come suo costume, il presidente Lotito (pro Sibilia), a caccia di consensi anche tra le componenti tecniche. Tra queste da rilevare la probabile astensione degli arbitri del neo presidente Trentalange. Prima del voto presidenziale cinque componenti provvederanno a eleggere i rispettivi consiglieri federali. Giochi fatti in Lega di A (Marotta, Lotito più Dal Pino, papabile vicepresidente vicario), Aic (Biondini, Bernardi, Chiara Marchitelli, portiere Inter donne più Calcagno, possibile vice presidente), Aiac (Gloria Giatras, Beretta), LND (Frascà, Ortolano, Zanon, Franchi, Maria Rita Acciardi più Sibilia) mentre la Lega di C, oltre al presidente Ghirelli, dovrà scegliere 2 nomi tra sette candidati (Andreoletti, Caiata, Langella, Marino, Pasini, Santopadre e Trapani).