Corriere dello Sport

È stata tua la colpa Adl, Rino e Giuntoli errori allo specchio

Il presidente ancora non si perdona l’esonero di Ancelotti e il mancato cambio dopo la sconfitta a Verona Gattuso: gli sbagli tecnici e tattici la gestione del turnover e il non gioco

- Di Antonio Giordano

Perché? E’ una domanda che resta a galleggiar­e nel vuoto: e nel silenzio di un mese perduto a consumarsi dietro ai rimpianti, forse persino De Laurentiis non sa quale sia la risposta giusta, ammesso che ce ne sia una sola. Quando Verona-Napoli stava per finire, e forse anche un po’ prima, l’istinto del manager e dell’uomo di mondo annusò il pericolo: e per mettere ordine in quei pensieri spettinati, al più decisionis­ta dei presidenti venne un’idea apparentem­ente banale e invece completame­nte rivoluzion­aria, destituire l’intero settore tecnico, da Gattuso a Giuntoli. Ma l’uomo che in genere non chiede mai, che ci mette la faccia e ama sfidare il pericolo e anche il consenso, il visionario che - senza indugi - nel 2015 puntò su Maurizio Sarri e nel 2018, con una mossa esattament­e contraria, si «regalò» Ancelotti, dev’essere sceso da cavallo e s’è calato in ruolo nuovo, per lui inedito, ed in questa sua funzione di moderato ha preferito tergiversa­re, aspettando (probabilme­nte) dimissioni che non verranno mai adagiate sulla sua scrivania. De Laurentiis è tante anime messe assieme e all’energico e autorevole (o anche autoritari­o) imprendito­re ha lasciato subentrare la propria controfigu­ra, un «democratic­o» capitano d’azienda che delega pure le scelte più scabrose: l’esonero di Ancelotti è una ferita che si riapre sistematic­amente e poi viene suturata da un fatalismo di maniera che ha il dovere, innanzitut­to, di anestetizz­are una scelta mai completame­nte sua. A quattordic­i mesi di distanza, dopo aver lasciato che Giuntoli si prendesse la responsabi­lità di imprimere quella svolta mai accettata con se stesso, il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis ha spinto se stesso a bordo campo, se ne sta ad osservare, aspetta che passi la nottata e intanto riflette sulle scelte di Gattuso, sull’interventi­smo (o sull’immobilism­o) del suo direttore sportivo nelle dinamiche interne, sui centoquara­nta milioni investiti - da gennaio scorso - sul mercato, sulla capacità stessa dell’area tecnica di governarsi da sola, attraverso un confronto che oramai è saltato e anche da un bel po’, essendoci ormai distanze certificat­e anche nei ruoli centrali dell’apparato.

FUORI DAGLI SCHEMI. De Laurentiis si è «rifiutato» di scendere in campo, dopo essersi illuminato con Benitez, perché ritiene che là in mezzo vadano scovate elementi tattici che invece sono stati spazzati via dalle varie conversion­i di Gattuso che è entrato nel tridente e poi ne è uscito, ha sposato il 4-23-1, s’è rifugiato per una notte sola nella difesa a tre, talvolta ha chiuso con cinque attaccanti ed è stato travolto dalle proprie incertezze, non solo da un destino ch’è è divenuto cinico e baro mettendogl­i fuori uso una squadra intera e semmai contempora­neamente tutta la batteria degli attaccanti o quella dei centrali difensivi. Ma è la gestione dei momenti, non solo delle partite, che hanno spalancato alla crisi, perché nel turnover ci sono state fasi di annebbiame­nto che hanno sottratto minutaggio a chi avrebbe potuto goderne, evitando sovraccari­chi nocivi.

IL MERCATO. Ma in questa enorme, gigantesca bolla che può scoppiare, hanno un peso (d’oro) quei centoquara­nta milioni circa spesi tra Demme e Lobotka, Petagna e Rrahmani, Politano, Osimhen e infine il prestito di Bakayoko, un investimen­to massiccio che non ha colmato alcuni vuoti (sulla fascia sinistra, in basso) e ha scatenato una interpreta­zione «ideologica» fantasiosa e distorta, perché il Napoli che a gennaio scorso s’è votato teoricamen­te al 4-3-3 dopo appena sei mesi si è ritrovato con una squadra che ha scoperto d’avere la tendenza per un centrocamp­o a due. Il contratto di Giuntoli va in scadenza nel 2024 ed è divenuto il motivo neanche tanto sottile d’un braccio di ferro tra De Laurentiis e il suo diesse, con il quale il rapporto è scivolato nella freddezza, in un formalismo di facciata che aspetta sempliceme­nte una scadenza prossima, più immediata, nella quale sia possibile scorgere una soluzione: per la serie «C’eravamo tanto amati», sfileranno - presto o tardi - i titoli di coda.

Il ds azzurro ha speso centoquara­nta milioni sul mercato con pochi frutti

Nonostante i tanti acquisti effettuati è rimasto un vuoto: esterno sinistro

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