È stata tua la colpa Adl, Rino e Giuntoli errori allo specchio
Il presidente ancora non si perdona l’esonero di Ancelotti e il mancato cambio dopo la sconfitta a Verona Gattuso: gli sbagli tecnici e tattici la gestione del turnover e il non gioco
Perché? E’ una domanda che resta a galleggiare nel vuoto: e nel silenzio di un mese perduto a consumarsi dietro ai rimpianti, forse persino De Laurentiis non sa quale sia la risposta giusta, ammesso che ce ne sia una sola. Quando Verona-Napoli stava per finire, e forse anche un po’ prima, l’istinto del manager e dell’uomo di mondo annusò il pericolo: e per mettere ordine in quei pensieri spettinati, al più decisionista dei presidenti venne un’idea apparentemente banale e invece completamente rivoluzionaria, destituire l’intero settore tecnico, da Gattuso a Giuntoli. Ma l’uomo che in genere non chiede mai, che ci mette la faccia e ama sfidare il pericolo e anche il consenso, il visionario che - senza indugi - nel 2015 puntò su Maurizio Sarri e nel 2018, con una mossa esattamente contraria, si «regalò» Ancelotti, dev’essere sceso da cavallo e s’è calato in ruolo nuovo, per lui inedito, ed in questa sua funzione di moderato ha preferito tergiversare, aspettando (probabilmente) dimissioni che non verranno mai adagiate sulla sua scrivania. De Laurentiis è tante anime messe assieme e all’energico e autorevole (o anche autoritario) imprenditore ha lasciato subentrare la propria controfigura, un «democratico» capitano d’azienda che delega pure le scelte più scabrose: l’esonero di Ancelotti è una ferita che si riapre sistematicamente e poi viene suturata da un fatalismo di maniera che ha il dovere, innanzitutto, di anestetizzare una scelta mai completamente sua. A quattordici mesi di distanza, dopo aver lasciato che Giuntoli si prendesse la responsabilità di imprimere quella svolta mai accettata con se stesso, il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis ha spinto se stesso a bordo campo, se ne sta ad osservare, aspetta che passi la nottata e intanto riflette sulle scelte di Gattuso, sull’interventismo (o sull’immobilismo) del suo direttore sportivo nelle dinamiche interne, sui centoquaranta milioni investiti - da gennaio scorso - sul mercato, sulla capacità stessa dell’area tecnica di governarsi da sola, attraverso un confronto che oramai è saltato e anche da un bel po’, essendoci ormai distanze certificate anche nei ruoli centrali dell’apparato.
FUORI DAGLI SCHEMI. De Laurentiis si è «rifiutato» di scendere in campo, dopo essersi illuminato con Benitez, perché ritiene che là in mezzo vadano scovate elementi tattici che invece sono stati spazzati via dalle varie conversioni di Gattuso che è entrato nel tridente e poi ne è uscito, ha sposato il 4-23-1, s’è rifugiato per una notte sola nella difesa a tre, talvolta ha chiuso con cinque attaccanti ed è stato travolto dalle proprie incertezze, non solo da un destino ch’è è divenuto cinico e baro mettendogli fuori uso una squadra intera e semmai contemporaneamente tutta la batteria degli attaccanti o quella dei centrali difensivi. Ma è la gestione dei momenti, non solo delle partite, che hanno spalancato alla crisi, perché nel turnover ci sono state fasi di annebbiamento che hanno sottratto minutaggio a chi avrebbe potuto goderne, evitando sovraccarichi nocivi.
IL MERCATO. Ma in questa enorme, gigantesca bolla che può scoppiare, hanno un peso (d’oro) quei centoquaranta milioni circa spesi tra Demme e Lobotka, Petagna e Rrahmani, Politano, Osimhen e infine il prestito di Bakayoko, un investimento massiccio che non ha colmato alcuni vuoti (sulla fascia sinistra, in basso) e ha scatenato una interpretazione «ideologica» fantasiosa e distorta, perché il Napoli che a gennaio scorso s’è votato teoricamente al 4-3-3 dopo appena sei mesi si è ritrovato con una squadra che ha scoperto d’avere la tendenza per un centrocampo a due. Il contratto di Giuntoli va in scadenza nel 2024 ed è divenuto il motivo neanche tanto sottile d’un braccio di ferro tra De Laurentiis e il suo diesse, con il quale il rapporto è scivolato nella freddezza, in un formalismo di facciata che aspetta semplicemente una scadenza prossima, più immediata, nella quale sia possibile scorgere una soluzione: per la serie «C’eravamo tanto amati», sfileranno - presto o tardi - i titoli di coda.
Il ds azzurro ha speso centoquaranta milioni sul mercato con pochi frutti
Nonostante i tanti acquisti effettuati è rimasto un vuoto: esterno sinistro