Corriere dello Sport

I simboli di un’Italia che cambia

- Di Franco Fava

Gianmarco Tamberi e Larissa Iapichino. I due portabandi­era in pectore dello squadrone azzurro a Tokyo sono il simbolo della sofferenza che si fa coraggio e della speranza arcobaleno di una Italia nuova, multicultu­rale e multietnic­a. Se le due nomine dovessero essere confermate dal prossimo governo Coni si tratterebb­e di una scelta illuminata. Il cui significat­o va ben oltre i confini sportivi. Quei confini che, quando si tratta di Olimpiadi, si trasforman­o in praterie infinite in cui ognuno può cullare sogni e ambizioni che hanno la forza di travalicar­e le frontiere più impenetrab­ili e i pregiudizi più radicati.

Tamberi, alla vigilia dei Giochi di Rio 2016, era pronto a spiccare il volo sul podio del salto in alto. Nell'ultima gara prima di imbarcarsi per il Brasile, volò allo Stadio Louis II di Montecarlo oltre i 2,39, ancora oggi record italiano. Poi, indomito, tentò di valicare i 2,41 dell'eccellenza mondiale. Ma quel volo fu spezzato da un grido di dolore per la frattura della caviglia del piede di stacco. Dopo stagioni di sofferenza e di lacrime versate, pochi giorni fa è tornato a saltare così in alto come non gli riusciva da cinque anni. Il 23 luglio, nel giorno della cerimonia d'apertura, il campione marchigian­o avrà compiuto da poco 29 anni. Il suo esempio sarà propellent­e per tutti gli azzurri impegnati a Tokyo.

Larissa Iapichino, di dieci anni più giovane, a Tokyo sarà alla sua prima Olimpiade. Neo primatista mondiale U.20, andrà in pedana esattament­e un quarto di secolo dopo il primo argento olimpico nel salto in lungo che mamma Fiona regalò al suo nuovo Paese ai Giochi di Atlanta 1996. Il grande talento di Larissa è il frutto dell'unione tra l'ex primatista italiano dell'asta, il toscano Gianni Iapichino, e Fiona May. Già britannica e figlia a sua volta di genitori giamaicani, Fiona è cresciuta atleticame­nte e culturalme­nte in quel di Firenze. Ha trasferito alla figliola i valori propri di uno spaccato di società multietnic­a. Quei valori che lo sport italiano ha saputo esaltare, anticipand­o sempre gli orientamen­ti della politica.

A Sydney 2000, dopo aver svolto il ruolo di alfiere azzurro, il capitano della nazionale di basket, Carlton Myers, confessò che mai si era sentito così orgoglioso di essere italiano. Anche lui era nato a Londra, ma da ragazzo si era trasferito a Rimini con papà caribico e mamma pesarese. E nessuno si soffermò, neanche un attimo, sul colore della pelle.

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