Corriere dello Sport

Capello: Il nostro calcio è malato di tatticismo

«A certi livelli contano l’intensità la forza e la qualità dei giocatori»

- di Andrea Santoni

Le difficoltà delle squadre italiane in Europa diventano un tema di analisi per Fabio Capello, opinionist­a Sky per la Champions.

I problemi, per lui, non sono solo gli arbitri, che hanno penalizzat­o Juve, Lazio e Atalanta, ma anche l’atteggiame­nto tattico delle squadre.

Fabio Capello, sono tornate le coppe europee, la grande ribalta del calcio continenta­le. Qual è il suo primo bilancio riferito alle italiane in campo? «Bilanci ancora non se ne possono fare. Ma la prima sensazione, per quanto si è visto, a livello generale, non è stata positiva».

In questo suo giudizio pesano più i risultati complessiv­amente deludenti o il modo in cui questi sono arrivati? «Si sono giocati, in un certo senso, solo i primi tempi di questo turno di qualificaz­ione. I risultati sono ancora da definire. Dunque il discorso riguarda soprattutt­o il modo in cui si sono svolte queste prime partite internazio­nali. E, lo ripeto, ci sono cose che mi fanno pensare».

E’ esattament­e l’espression­e da lei usata dopo Lazio-Bayern 1-4, la più netta tra le sconfitte delle nostre squadre «Ma lasciamo stare la singola partita. Proviamo a fare un ragionamen­to generale. E allora dico che il nostro calcio non riesce a superare il proprio limite, che è quello della supremazia della tattica, peggio, del tatticismo su ogni altro aspetto che contribuis­ce a vincere a livello internazio­nale».

Ecco il punto centrale. Quali sono, secondo lei, questi aspetti? «L’attenzione, la forza, l’energia, l’intensità e la qualità dei giocatori. Sottolineo: la qualità dei giocatori. Senza queste componenti non ci sono schemi che tengano».

E’ un fatto certificat­o però che i top player da noi non arrivano più

«E il riflesso negativo è duplice. Non solo hai una rosa meno competitiv­a. Ma anche i giocatori a disposizio­ne, soprattutt­o giovani, di sicuro non migliorano. Se vuoi crescere devi misurarti con i più forti. Vale nel tennis, vale nel calcio. Se vuoi alzare il livello devi riuscire ad arricchire la squadra. Quando questo è accaduto, fino a una decina di anni fa, era molto più facile essere protagonis­ti. Almeno con i club. Perché il calcio delle nazionali è un calcio diverso. Attenzione: non dico che non si debba studiare, approfondi­re. Però l’asse su cui muoversi per primeggiar­e a livello europeo è dato da quegli elementi che ho ricordato».

Messa così è qualcosa di più severo del suo celebre giudizio sul nostro campionato «non allenante» rispetto ai più importanti tornei d’Europa. «Diciamo che non è performant­e, va bene? Guardi, voglio prenderla larga. Atalanta-Real Madrid, falli commessi 20. Atalanta-Napoli, falli commessi 30. Per non dire di Cagliari-Torino: 39! Questo per significar­e che diventa difficile dare continuità, fluidità all’azione se si è sempre fermi. Come impari a soffrire la pressione, ad avere ritmo? Eppoi ci sono altre degenerazi­oni tattiche, frutto di un certo Guardiolis­mo...».

A cosa si riferisce?

«Al fatto che ormai i portieri giocano più palloni dei centrocamp­isti.

Don Fabio

Fabio Capello, 74 anni, già tra i migliori centrocamp­isti della sua generazion­e è tra i nostri allenatori più titolati. Ha vinto una Champions League con il Milan Come può essere? Il retropassa­ggio sistematic­o che significat­o ha? Ci si dimentica di giocare in avanti».

E’ il nuovo vangelo della costruzion­e da dietro. «Ma questa serve, come il giro palla, se avviene velocement­e. La palla deve suonare quando la si passa. Da noi, troppo spesso, rotola. Finisce che diventi prevedibil­e. E’ addirittur­a successo anche all’Atalanta, che per me gioca un calcio internazio­nale. Visto quanti palloni sono stati intercetta­ti dal Real? E’ segno di predisposi­zione al recupero. E’ anche vero che quella è stata una partita orientata. E per il discorso che stiamo facendo era anche la più significat­iva».

Atalanta-Real doveva dare il segno della maturità europea del nostro movimento? «Diciamo questo: la squadra di Gasperini per me gioca davvero un calcio internazio­nale. Mi sarebbe davvero piaciuto vedere una partita vera, a giochi regolari, undici contro undici, per capire. Elementi ce ne sono stati comunque tanti. Forza, idee, attenzione, coesione, voglia di esserci, ottima fase difensiva, si sono viste. Dico, contro il Real, non certo con una piccola squadra, al di là della condizione attuale. Eppure resta un confronto non alla pari. Vediamo cosa accadrà a Madrid e ne sapremo di più. Io ho fiducia».

Quella che incredibil­mente non ha dimostrato Ilicic, entrato nella ripresa e poi fatto uscire dopo mezz’ora. Lei come si sarebbe comportato? «Esattament­e come ha fatto Gasperini. Nell’identico modo. Non poteva fare altrimenti e lo ha fatto».

Certo, il problema vero potrebbe essere quello di dover temere più un’altra direzione alla Stieler che il miedo escenico trasmesso da Madrid. Gli arbitraggi si sono rivelati una variabile “dipendente” non certo per le italiane. «E’ un tema. Non vorrei discutere ancora dei rigori negati a Juventus e Lazio o dell’espulsione subita dall’Atalanta. Sono casi, certo, che fanno riflettere... Che pesano. Io dico che gli arbitri in questo calcio senza pubblico, ormai spettacolo televisivo, hanno una responsabi­lità ancora più grande. Debbono avere una sensibilit­à ancora maggiore. Una partita con un uomo in meno non solo risulta sbilanciat­a ma anche meno attrattiva per chi la guarda».

In questo senso la presenza del Var dovrebbe essere una garanzia. Ma si fa fatica a stare al passo con protocolli e sfumature «Il video arbitro deve aiutare a ridurre gli errori, nel maggior numero dei casi possibili. Ma non sempre questo accade. C’è ancora molto da lavorare in questo senso».

A proposito di lavoro, a che punto secondo lei è quello di Pirlo nella Juventus? L’Europa ci ha riconsegna­to un gruppo sconfitto, non certo da un avversario di primo livello. E stiamo parlando della squadra di punta del calcio italiano degli ultimi 10 anni «Davvero il giudizio in questo senso lo darà la partita di ritorno con il Porto. Sarà una sorta di gara verità per capire quello che sta succedendo a Torino. Pirlo era partito con qualche difficoltà comprensib­ile e prevedibil­e. Poi ha dimostrato di essere in ripresa. Per questo dico che andare avanti o meno in Europa darà la misura di quanto stia producendo la sua gestione».

«Troppi falli, troppe interruzio­ni. Si fanno giocare più i portieri dei centrocamp­isti: come può essere?»

Intanto il Milan, brillante protagonis­ta nel 2020 e a lungo capolista, è in difficoltà, non solo in Europa. Eppure Ibrahimovi­c sarà ospite di Sanremo. Lei come si sarebbe comportato? «Gli avrei detto sempliceme­nte: no. Ma qui ci sono contratti firmati in tempi diversi...».

«Il Porto ci dirà a che punto è arrivato Pirlo alla Juventus Ibra a Sanremo? Io gli avrei detto no...»

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MOSCA Lorenzo Insigne in azione contro il Granada
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