Inzaghi, terapia d’urto «Lazio ancora più forte»
Lungo discorso ieri alla squadra: «Per diventare migliori bisogna giocare contro i migliori. Restiamo in Champions per imparare a sfidare gli squadroni»
«Nessuna sconfitta al mondo deve fermarci o dividerci», è il senso del giuramento fatto ieri a Formello sull’onda del discorso lungo e vibrante assemblato da Simone Inzaghi. Ha aspettato un giorno per parlare alla Lazio, non usa farlo dopo le partite né (di regola) il giorno dopo. Per estirpare dai ricordi e dal subconscio la “sindrome Bayern”, trasformandola in una lezione proficua, Simone ha invitato tutti a non fare della sconfitta tecnica una sconfitta psicologica: «Ci serve da lezione, per diventare i migliori bisogna giocare contro i migliori. Questa partita ci darà ancora più forza», è la spinta data dal tecnico. Per scacciare eventuali paranoie ha fatto questo esempio: «Per battere la Juve ci abbiamo messo due anni, poi li abbiamo battuti più volte. Per mettere in difficoltà squadre forti come il Bayern dobbiamo restare in Champions e continuare a giocare queste partite!». Del Bayern, oltre lo strapotere da superpotenza, ha colpito l’atteggiamento, fatto notare alla squadra per trarne spunto, i modelli vincenti siano un’ispirazione: giocavano in silenzio, nella quiete della loro sicurezza.
LO SPIRITO. In questi anni abbiamo visto e sentito l’Inzaghi liberatore (dagli incubi), l’Inzaghi conquistatore (di sogni), l’Inzaghi profetico, l’Inzaghi capopopolo e caposquadra intrepido e ambizioso, l’Inzaghi motivatore, trascinatore voglioso di superare le Colonne d’Ercole. Gli errori si commettono, ne sono stati fatti a 360 gradi dal mercato in poi. Ma la mentalità che ha permesso alla squadra di crescere in questi anni va salvaguardata. Fra l’enunciazione e l’attuazione dei discorsi di Inzaghi è sempre passato poco tempo, spera di aver fatto colpo anche stavolta. Simone non ha mai smesso di chiedere alla squadra di condividere i successi e di portare insieme i pesi delle sconfitte. Quando ha visto smarriti ed esitanti i suoi uomini è riuscito a infondergli la forza per ritrovarsi. «Siamo forti e uniti come una vera famiglia», ieri ha aggiunto questi concetti emozionali per chiudere il discorso post-Bayern e lanciare la corsa al Bologna. Inzaghi ha messo tutti in guardia chiedendo una reazione immediata, i rossoblù puntano ai corpo a corpo, è una sottolineatura che non è sfuggita. Saggerà le risposte domani a Bologna, servono punti per proseguire l’escalation Champions. Poi si attenderanno le decisioni su Lazio-Torino di martedì prossimo. I granata sono stati bloccati dall’Asl dopo le positività legate alla variante inglese, solo nel weekend si capirà se sbarcheranno a Roma o meno. Altrimenti, dopo Bologna, ci sarà Juve-Lazio (il 6 marzo).
IL FUTURO. Il tecnico spera non si ripetano gli errori di martedì. La difesa è sempre raffazzonata, da schierare alla meglio. Non sarà facile arrivare indenni al periodo in cui rientreranno Radu e Luiz Felipe. Il Boss è tornato in campo ieri, ha iniziato a corricchiare. Il brasiliano era a bordocampo, ha assistito all’allenamento mattutino, aveva le stampelle, spera di tornare disponibile a fine marzo. Inzaghi in passato ha arretrato Patric, contro il Bayern ha chiesto a Marusic di adattarsi in difesa e, al netto della pretattica, può essere una soluzione per domani. Non è facile andare avanti con una difesa d’emergenza, con pochi punti fermi. Gli errori rischiano di ripetersi, alcuni non sono casuali, si sono ripetuti con gli stessi protagonisti e con protagonisti diversi. Sono deficit strutturali che andranno risolti nel prossimo mercato. Rosa da ringiovanire, difesa da ricostruire attorno ad Acerbi e Luiz Felipe, con Radu senatore (è di nuovo in scadenza) e almeno due difensori “top”. Musacchio, dopo la sostituzione anticipata col Bayern, rischia di finire in naftalina. Reina, promosso da Inzaghi, continuerà ad essere il numero uno. Andrà affrontato il caso Strakosha, è in scadenza nel 2022 e ha fatto capire che non digerirà una panchina infinita. Ma questa è un’altra storia.
«La lezione ci servirà Non battevamo mai la Juve e poi... Uniti come una famiglia»