GANNA Il gigante che non perde mai tempo
Lunedì all’UAE Tour ha vinto la sua ottava crono consecutiva Un filotto da predestinato FIlippo è una macchina umana travestita da generatore di potenza Il padre Marco: «Non c’è stress attorno a lui. Così dà il massimo»
Pochi campioni come Filippo Ganna conducono a frontiere così inesplorate nel campo della fenomenologia. Il modo in cui si manifesta una realtà a tratti straripante viene racchiusa, per necessità sportive, entro un tempo e uno spazio, quello impiegato per gareggiare su una distanza prestabilita.
Ma dietro ai numeri che certificano vittorie e medaglie, c’è una macchina umana travestita da generatore di potenza, un monolite che affetta vento e correnti portando l’aerodinamica a livelli estremi, uno stantuffo refrattario allo sforzo dilatato nel tempo e alla metodica di comportamenti ripetuti fino allo sfinimento.
Il talento in dote fin da bambino fa la differenza, l’allenamento permette di sgrezzare il diamante, ma c’è anche una componente del tutto variabile, legata al volere del destino. Quello di Ganna sembra scritto da un romanziere, visto che la sua data di nascita, il 25 luglio 1996, coincide con l’oro di Andrea Collinelli alle Olimpiadi di Atlanta, neanche a farla apposta nell’inseguimento individuale su pista. Una specialità tanto cara al corazziere della Ineos, che giusto un anno fa a Berlino ha stampato il magnifico tempo di 4'01''934, nuovo record del mondo per gli extraterrestri.
Dal dominio su pista all’evoluzione su strada, la carriera del piemontese ha intrapreso la strada della gloria con l’inizio della stagione 2019, quando il passaggio dalla UAE Emirates al Team Sky (poi diventata Ineos) gli ha garantito le attenzioni maniacali dell’entourage britannico, su tutti quelle del guru preparatore Tim Kerrison, l’australiano ossessionato dai marginal gains - i guadagni marginali - da raggiungere anche attraverso i numeri, dalla frequenza cardiaca alla soglia aerobica, dal consumo di ossigeno alla resistenza sotto sforzo.
Non solo prestazioni fisiche però. A queste venivano abbinati strumenti all’avanguardia, con biciclette e posture testate in galleria del vento, ma anche materiali ultra performanti, tra cui i famigerati body, sotto la spinta dell’innovazione esasperata e l’esperienza di corridori del calibro di Bradley Wiggins, Chris Froome e Richie Porte. Adesso in squadra chi segue Ganna più da vicino è l’ex ciclista Dario David Cioni, che durante la stagione scorsa si è inventato l’ennesimo metodo alternativo (e vincente), spedendo il ragazzone dopo la Tirreno-Adriatico a Macugnaga, al rifugio Oberto-Maroli, per dormire in quota ai 2800 metri e poi scendere più in basso ad alleda narsi. Da lì è iniziato il filotto che l’ha condotto sul trono del mondo a Imola e poi a un Giro d’Italia vissuto da fenomeno a colpi di successi.
DOPPIA SFIDA. Quest’anno la sfida è doppia, ancora più difficile per riuscire a conciliare il vecchio amore della pista con gli orizzonti luminosi sulla strada, tenendo saldo nel mirino l’obiettivo delle due medaglie a Tokyo, tra inseguimento a squadre per il c.t. Marco Villa e la prova individuale con il c.t. Davide Cassani. Da subito, già da gennaio Ganna sta alternando le corse con la Ineos alle prove sul velodromo di Montichiari, per non perdere il ritmo e la confidenza nei complessi meccanismi di squadra su pista. Dall’anno prossimo potrebbero esserci passi ulteriori tra record dell’ora e grandi Classiche monumento, come aveva lasciato intendere lo stesso Cioni: «Quest’anno inizialmente volevamo fargli fare la Parigi-Roubaix, ma sarebbe stato troppo e c’è tutto il tempo necessario per fare un passo alla volta».
In fondo, la stoffa del predestinato c’è sempre stata, stando alle parole di Marco della Vedova, direttore sportivo di Ganna nel biennio da juniores (2013 e 2014) con la Castanese: «In quei due anni vinse tredici volte e non soltanto a cronometro. Aveva già un fisico molto strutturato, pensavamo potesse diventare un handicap alla lunga, ma ha sfoderato una muscolatura reattiva e buona coordinazione sui pedali. Una volta sulla salita di Levo mise a referto un 14'57". Un gran tempo, se pensiamo che il record tra i professionisti era di Ivan Basso con un 14’30’’».
SENTENZE. Quei tempi da ragazzino, sono diventate sentenze da campione. All’ultimo Giro d’Italia, nella cronometro di apertura Monreale a Palermo, ha messo in bacheca la vittoria record di una tappa alla corsa rosa a una velocità media di 58,8 chilometri all’ora. Come nessuno mai era riuscito a fare nelle precedenti 102 edizioni. Lo spazio per migliorare c’è ancora, parola di papà Marco, 59 anni, azzurro olimpico ai Giochi di Los Angeles 1984: «I suoi tecnici sono stati fondamentali. Cioni somiglia molto a Villa, questo gli garantisce continuità e stimoli sempre nuovi. Lo lasciano crescere, non c’è stress attorno a lui. E se viene lasciato tranquillo riesce a dare il massimo». Vietato chiedere di potenzialità reali e ulteriori obiettivi futuri.
Utilizza strumenti all’avanguardia, con biciclette testate in galleria del vento
Nel due anni da jr ha trionfato 13 volte e non soltanto a cronometro