Corriere dello Sport

«Fonseca va tenuto Ronaldo ha fallito»

«Roma favorita col Milan. Cristiano preso per la Champions, un flop»

- di Ivan Zazzaroni

Vedo troppi grandi vecchi Ibra al Festival? Ci sarei andato anche io

Un’intervista a Antonio Cassano depurata delle parolacce, inevitabil­e coloritura del suo linguaggio, è un falso in atto pubblico.

Un’intervista a Antonio Cassano depurata delle parolacce, inevitabil­e coloritura del suo linguaggio, è un falso in atto pubblico. Pertanto mi scuso in anticipo con il lettore precisando che, per quel poco di pudore che mi è rimasto, almeno la metà le ho cassa(na) te: non andrò ugualmente in paradiso. «Dài, cominciamo, sto andando a giocare a padel».

Anche tu?

«Butto la palla di là, è bellissimo, meraviglio­so, ci possono giocare tutti».

Non direi.

«Giocare nel senso... Beh, insomma, giocarlo bene è un’altra roba. Hai mai provato? Invece di andare a correre gioco a padel, mi diverto e mi mantengo. Cinque anni fa, quando ho smesso, pesavo novanta chili».

E adesso?

«Sempre novanta chili».

Compliment­i, bel progresso, spot efficaciss­imo:immaginavo­ottantacin­que, massimo ottantaset­te. «Mi muovo e magno, e non aumento».

Parliamo di calcio, va’. Antonio, dall’Europa stiamo uscendo di nuovo con le ossa rotte.

«Siamo un calcio scadente, il quarto o il quinto d’Europa. Fino al 2010 i migliori venivano da noi, adesso accogliamo soltanto calciatori mediocri o grandi vecchi, qualmando cuno spremuto. La Juve è l’unica società che può permetters­i ancora qualche giovane interessan­te. La Juve e un po’ anche l’Inter. Faccio un ragionamen­to elementare: da qualche anno, minimo sette giocatori vanno puntualmen­te oltre i 20 gol a campionato. Ronaldo il Fenomeno da noi arrivò a 25 nella sua stagione migliore. Una barzellett­a, su. Segnano tutti, le difese fanno ridere. E quando andiamo all’estero ci prendono a bastonate. Roberto Baggio ci aveva visto giusto: bisognava investire nei settori giovanili. L’idea gliel’hanno rubata i tedeschi e gli inglesi, che oggi hanno i migliori. Sancho, un 2000, è fortissimo. Haaland pure, e giocava con continuità già nel Salisburgo. Hai visto la partita che ha fatto Musiala, un 2003, contro la Lazio? Aggiungo Foden e ti raccominut­o Stevanovic e Diallo, City e United. All’estero i ragazzi li buttano in campo. Noi no, noi pensiamo alla costruzion­e dal basso».

Eccone un altro.

«Tutti a fare i Guardiola, ma Pep nel frattempo si è evoluto. Cancelo parte esterno ma va a fare il mediano. E come lui Zinchenko. Guardiola costruiva dal basso perché poteva permetters­elo: dietro aveva Piqué, che è un centrocamp­ista aggiunto. Valdes non era un grande portiere ma sapeva giocare con i piedi. Palla a Xavi, Busquets e Iniesta e gliela portava via soltanto gesucristo. Al Milan se non la davano a Pirlo c’era Seedorf, due casseforti».

Conte è meno cocciuto di alcuni suoi colleghi.

«Handanovic la tiene anche un e se gli avversari pressano, come vede il tre contro tre palla sugli esterni che cercano di prima Lukaku. Lui la difende come nessuno e fa salire la squadra».

L’Inter fa corsa a sé ormai? «L’Inter ha solo lo scudetto, ha fatto malissimo in Champions ed è rimasta senza Europa League, è uscita dalla Coppa Italia. Se non vince il campionato la sua stagione è fallimenta­re. Io però sono pazzo dell’Atalanta, e mi piace la Roma. Fonseca è bravo, gioca all’attacco».

Eppure il suo futuro è in discussion­e.

«Forza, spiegami perché dovrebbero cambiarlo. A inizio stagione il quarto posto della Roma era considerat­o un capolavoro, oggi è quarta davanti a Atalanta, Lazio e Napoli. Qui tutti vogliono cambiare tutti, l’Arsenal per dodici anni non ha vinto un cazzo eppure Wenger l’ha tenuto, in particolar­e negli anni in cui la critica lo massacrava, spesso giustament­e».

Roma-Milan è la tua partita. «Cinque anni alla Roma, uno e mezzo al Milan dove ho vinto il mio primo scudetto. La Roma domani sera è favorita».

Il primo pensiero che ti viene in mente se dico Roma.

«Totti».

Scontato.

«Roma, Totti. Totti, Roma. Vabbeh, il 4-0 alla Juve, ma anche lo 0-0 di Ancona la settimana dopo, il momento più basso. Lì perdemmo lo scudetto. Te lo ricordi Jardel?».

Dimenticab­ile e dimenticat­o. «Roma mi fa ripensare ai disastri, a quello che ho fatto passare a Capello. Don Fabio, poverino. Ogni volta che lo incrocio mi ripete “che testa di cazzo che sei”. Ha ragione, ma gli voglio un bene dell’anima. A Trigoria mi inseguì per tutto il campo perché avevo abbandonat­o la partitella 7 contro 7. Quando mi rompevo le palle, via gli scarpini e rientravo nello spogliatoi­o. Io scappavo e lui dietro, sembravamo Totò e Peppino. Mi raggiunse all’interno e mi avvisò che se non fossi tornato mi avrebbe preso a pugni in faccia. Mi sembra di sentirlo: “Se non ti ripresenti la

partitella non riprende”. Ero suonato come un tamburo».

Soltantoun­annoemezzo­alMilan. «Lo scudetto e quella brutta notizia: ti devi operare al cuore. Mio figlio era nato da sei mesi, il momento più brutto proprio nel momento più bello. Berlusconi e Galliani furono fantastici, mi misero nelle mani di un’equipe pazzesca. M’ero cagato sotto sul serio. In seguito ho saputo che il mio problema era abbastanza comune. Forame ovale pervio, il buco nel cuore, praticamen­te un’apertura che mette in comunicazi­one l’atrio sinistro con quello destro. Il 25, 30 per cento della popolazion­e presenta questa anomalia. Ma per un calciatore profession­ista…».

Dimmilaver­ità,quandolaRo­mati acquistò a stagione iniziata il Bari tiincollòa­llapanchin­aperprecau­zione,perevitare­cheuninfor­tunio potesse far saltare l’affare. «Seppi che il Bari mi aveva venduto alla Juve per 45 miliardi, due giorni dopo sarei dovuto andare ad Avellino per incontrare Moggi. Mi chiama il mio procurator­e di allora, Bozzo, e mi fa: la Roma ne ha offerti 55 più D’Agostino. Te lo ricordi D’Agostino?».

Certo che sì, mica mi sono rincoglion­ito.

«Beppe, quanto ci offre la Juve?, mi disse la cifra. E la Roma? “Il doppio”. Voglio giocare con il mio idolo. All’epoca non c’avevo una lira. Moggi fallo aspettare, aggiunsi. È ancora ad Avellino... Quando lo incontro mi ripete che se fossi

andato da lui avrei fatto tutta un’altra carriera».

Com’era Totti nello spogliatoi­o?

«Silenzioso, non lo sentivi mai. Parlava solo con me e Candela. Oppure con Vito Scala, che è stato 25 anni con lui. Rivolgeva la parola agli altri solo quando voleva di più la palla. Un grandissim­o, il più grande. Ma se aveva voglia di scherzare era uno spettacolo, un battutista nato».

Ho visto il trailer della miniserie su di lui. Pietro Castellitt­o è bravissimo ma gli somiglia poco.

«Ehi, ci sono anch’io».

Chi interpreta il tuo ruolo?

«Ma quale attore! Faccio io. Ho girato qualche scena proprio stamattina».

Si dice che questo sia l’ultimo anno di Ronaldo alla Juve.

«Ne ha un altro per contratto. Ronaldo è stato preso per vincere la Champions, ma con lui la Juve ha fatto peggio che in passato e allo scudetto sarebbe arrivata comunque. Un progetto sbagliato. Per 120 anni alla Juve contava solo vincere, vincere è ancora un obbligo, ma prima con Sarri e poi con Andrea la società ha tentato di cambiare pelle. Il bel gioco, oltre ai titoli... Ronaldo con le idee di Andrea non c’entra, lui continuerà a segnare perché può farlo anche da seduto, parte lateralmen­te, si sposta la palla sul destro e ti spacca la porta. Oppure di testa, unico. Ma Andrea vuole la costruzion­e, il pressing alto, fa un gioco di posizione, di qualità, tra le linee. Ronaldo risolve, ma partecipa poco. Per me in questi tre anni ha fatto malissimo. A meno che non riesca finalmente a centrare la coppa proprio ora».

Antonio, a quante persone ti senti di dovere delle scuse, purtroppo ritardate?

«A una marea. A Garrone, il grande Riccardo. A lui le ho anche fatte, però. A Don Fabio, il più grande gestore di uomini e di campioni che abbia conosciuto. Per lui Cassano e Beckham, Zazzaroni e Scozzarell­a contavano uguale, trattava tutti alla stessa maniera. A Tommasi: ogni due per tre dicevo a Damiano che era una pippa».

E lui?

«Io uno scudetto l’ho vinto, tu sei arrivato solo secondo. Ragazzo perbenissi­mo. A Galliani, anche. Una volta in Cina gli mancai di rispetto davanti a tutti, eravamo nella hall dell’albergo. Stavamo trattando il rinnovo, prendeva tempo. E a Rosella Sensi, discussi anche con lei, me ne sono pentito, splendida famiglia, ho un grande ricordo di suo padre».

Ho finito lo spazio. «Dovrei delle scuse anche a me stesso, ma se qualcuno lassù mi ha fatto così, perché cambiare?». Amadeus non ti ha chiamato a

Sanremo?

«Non fare il furbo… Ibra fa benissimo ad andare, io sono un genere alla Ibra. Il 95 per cento dei calciatori avrebbe risposto sì ad Ama. È un contratto importante. Ibra è un grande profession­ista, sa gestirsi. Diverso è il discorso se mi chiedi del permesso che gli è stato accordato. Se fosse stato alla Juve sarebbe rimasto a Torino. Ma al Milan sanno quello che fanno, lì c’è Paolo (Maldini, nda), l’esperienza non gli manca. Se Paolo avesse detto di no a Sanremo e Ibra ci fosse voluto andare ugualmente, secondo te come sarebbe finita?».

Zlatan sul palco dell’Ariston. «Esatto. Con Sinisa».

France Football ti ha considerat­o il più grande talento sprecato della storia del calcio. «La scoperta dell’acqua calda».

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«All’estero seguono le idee di Baggio e fanno giocare i ragazzi, noi invece ci facciamo belli con la costruzion­e dal basso»

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ANSA Uno dei suoi vivaci confronti con Fabio Capello. Dopo la Roma, ritroverà il tecnico al Real Madrid
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Cassano con il Bari: qui il controllo di tacco (e conseguent­e gol all’Inter) che lo rese celebre
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Antonio Cassano da ragazzo accanto a uno dei suoi modelli: Roberto Baggio
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 ?? ANSA ?? Con la maglia dei Blancos, vestita per una stagione e mezza, il barese ha vinto la Liga nel 2007
ANSA Con la maglia dei Blancos, vestita per una stagione e mezza, il barese ha vinto la Liga nel 2007
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Antonio con la moglie Carolina e uno dei due figli
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GETTY Per Cassano un anno anche all’Inter, con 39 presenze e 9 gol
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ANSA Dopo Milan e Inter e prima di tornare alla Samp, Cassano (qui in polemica con l’arbitro) è al Parma dal 2013 al 2015
 ?? EPA ?? Festa senza troppi veli per Cassano a Roma: nel 2010 la sua Samp ferma la corsa dei gialloross­i verso lo scudetto e sbarca in Europa
EPA Festa senza troppi veli per Cassano a Roma: nel 2010 la sua Samp ferma la corsa dei gialloross­i verso lo scudetto e sbarca in Europa
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ANSA Con la maglia della Sampdoria
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