Un materasso tutto azzurro
Anche l’Irlanda la fa da padrona a Roma contro un’Italia impalpabile Altre sei mete al passivo (e tre annullate...). Difesa inesistente gioco velleitario, mischia molle, indisciplina: non funziona nulla
Dalla Treccani: “crescita”, sostantivo femminile. Il fatto di crescere, di svilupparsi. In usi estensivi: avanzamento, sviluppo. Negli ultimi 14 mesi (e non solo) abbiamo sentito alla nausea lo staff tecnico azzurro e i ragazzi della Nazionale parlare di crescita. Ma negli ultimi 14 mesi siamo passati dal Galles-Italia 42-0 (mete 5-0) dell’1 febbraio 2020 all’Italia-Irlanda 1048 (mete 1-6) di ieri. Sempre dalla Treccani: “crescita zero”, espressione usata per indicare la condizione stazionaria di un’economia. Beh, l’Italia del Sei Nazioni non è un sistema economico in senso stretto ma, producendo gran parte del budget federale annuo di oltre 45 milioni, è senz’altro assimilabile. Bene, anzi, male: l’Italia di Franco Smith è palesemente a crescita zero. Da oltre un anno ha prodotto due sole partite che non possano definirsi allenamenti (per gli avversari): quelle con la Scozia a Firenze e con il Galles a Llanelli. Entrambe nell’Autumn Nations Cup. E anche chi ha giocato in C2 sa che il Sei Nazioni è un’altra cosa: per intensità fisica, livello tecnico, densità di giocatori top, concentrazione degli stessi.
Un anno di attenuanti è stato speso. La giovane età dei nostri azzurri (attorno ai 24,5 anni di media), l’inesperienza, la mancanza di giocatori navigati su cui costruire una spina dorsale credibile. Tutto giusto, tutto vero. Ma gli alibi si fermano qui. Contro un’Irlanda che è solo lontana parente dello schiacciasassi delle ultime stagioni, la Nazionale non è mai esistita, se si escludono i primi 4-minuti-4. E se è vero che non sempre i numeri dicono tutto, nel rugby il più belle volte dicono molto. Proviamo a leggere la partita dell’Italia attraverso i numeri, perché per il resto c’è ben poco da dire. Varney s’è infortunato a una mano nel riscaldamento e Braley l’ha fatto rimpiangere per iniziativa e rapidità d’esecuzione. Tolti Meyer (miglior azzurro), Ioane, il solito Lamaro, commovente in difesa, e Garbisi, l’unico capace di accendere la lampadina (delizioso il suo assist per la meta di Meyer), difficile salvare altri azzurri. Sperandio è stato tolto all’intervallo per disperazione, Trulla non l’ha seguito per mancanza di alternative. L’Irlanda ha segnato ogniquavolta ha spinto sull’acceleratore. Sei mete, una solare annullata al video, altre due negate (giustamente) per avanti millimetrici. Dopo 43 minuti i Verdi avevano il bonus in tasca e sono entrati in modalità scampagnata. Una Caporetto.
AVANZAMENTO. I numeri dunque.
Difesa: dopo mezzora l’Italia viaggiava con il 25% di placcaggi sbagliati e l’Irlanda a una meta per ogni visita dalle nostre parti. Gli errori scenderanno al 14%, ma a buoi scappati. E’ un problema generale, ma anche di tecnica dei singoli. Sul corridoio Sperandio-Trulla sono nate le mete di Keenan (imbarazzante) e Connors (in due contro due...). Indispensabile allenare i punti d’incontro in ottica placcaggio e recupero. E pensare che il coach irlandese dell’attacco, Mike Catt (ex Italia), era sotto accusa per la sterilità dei suoi: ieri 6 mete, 26 difensori battuti (a 12) e 8 break (a 4).
Attacco: solo tanta buona volontà. L’Italia prova a giocare senza gettare le basi per poterlo fare e le basi sono fasi statiche e avanzamento. La mischia ha visto le streghe, la touche ha sofferto e soprattutto, come spesso accade, siamo rimbalzati sul muro rivale. Anche qui cifre impietose: palla in mano, ogni Irlandese avanzava di 3.8 metri, ogni azzurro di 2; se ci limitiamo agli omoni della mischia, 1.8 ognuno dei nostri, 4.1 il solo Beirne, eletto uomo-partita. Le nostre prime linee hanno rosicchiato 60 centimetri ad azione...
Disciplina: finora una delle note liete. Stavolta 18 falli (inaccettabile) e due “gialli” (squadra in 13 per 4’). Segno che anche la concentrazione era sotto standard. E il linguaggio del corpo di troppi ragazzi, all’11ª sconfitta del nuovo corso, è già inequivocabile. Mister Smith s’impone una sterzata nella sua filosofia di gioco. Perdere sempre e con questi punteggi non aiuta a vincere, nè a crescere.