Corriere dello Sport

C’è Roma-Milan doppio spareggio

Zona Champions e inseguimen­to in direzione Inter: all’Olimpico va in scena un big match da brividi

- Maida, Marota e Vitiello

Fonseca: «Attenti, non credo alla crisi rossonera» Pioli: «Per noi è il momento decisivo». Spinazzola torna esterno, Ibra a Sanremo dopo la partitissi­ma

Una ha il tabù delle grandi, l’altra vuole riprendere la sua corsa, possono temere un destino che non le porti alla svolta decisiva: quale migliore occasione di sfidarsi per punti pesantissi­mi?

Roma contro Milan. Due squadre che sfidano sé stesse ancora prima che la rivale. Occhio Roma, ormai lo sai, te lo ripetono fino allo sfinimento che per diventare davvero grande devi battere una grande. Una bugia, a furia di ripeterla, diventa una verità. Te l’hanno ripetuto così tante volte che il dubbio ti prende. Questo è il maledetto rischio. Farti trapanare il cranio dall’ultima balla memetica che spopola in città. Finire per crederci. Noi, Roma, bravini sì, bellini, niente male, guarda come scorrono, ammira come filano, ma poi, ecco, s’ingolfano, ti ballano le ginocchia contro la “grande”. Detto altrimenti, cuore di latta, spina dorsale di argilla. Pellegrini, Mancini, Veretout, Cristante, Villar, Miki, Spina e compagni hanno budella rivoltabil­i, orgoglio e rabbia da vendere? È la domenica giusta per scaricare sull’Olimpico deserto tonnellate di budella, rabbia e orgoglio.

I numeri sono spesso un’arrogante bugia a cui si aggrappano i passerotti del pensiero debole. I numeri da soli non sono niente, sono meno di zero che è un non numero ma in questo caso racconta un non pensiero. La Roma ha sballato di brutto il derby, un altro mondo, un altro testo, e la trasferta di Napoli, assediata da un lutto esagerato in cui si è affacciata con l’abitino striminzit­o dell’intrusa, il testostero­ne annichilit­o dall’icona soverchian­te di

Maradona.

È una balla. Ma è arrivata l’ora di spazzarla via. Con il gesto anche un po’ brutale di chi è stufo dell’insetto molesto. Il Milan di Zlatan e dello Zlatanizza­to Pioli (Mourinho se lo sarebbe fatto dire?) è molto più di un insetto molesto, è un’ottima squadra con tre fuoriclass­e patentati, Ibra a parte e su tutti, Donnarumma in porta e Theo Hernandez a sinistra, treno folle che ha imparato a non schiantars­i contro i muri, più una pattuglia di ottimi giocatori. Una grande, dunque. Lo dice la classifica, lo dicono i valori tecnici.

Confronto diretto e confronto incrociato. Come in un romanzo di Jonathan Swift. Se Fonseca e la sua banda aspirano alla grandezza affrancand­osi definitiva­mente dal mondo dei nani, Pioli e i suoi hanno il problema contrario, devono arginare l’incubo di tornare piccoli, mettere un tappo alla bocca di quelli che, dopo Juventus, Spezia e derby (non bene nemmeno il doppio confronto con la “belva” Stankovic), raccontano di un Milan destinato a ridimensio­narsi. Sarà dunque il match di due squadre decise a ribellarsi contro un destino che non le vuole credibili a diventare grandi o a restare tali. Match della svolta in alto o in basso? Ne ha tutta l’aria. Occhio Milan. Il gruppo è forte, ha fallato davvero solo con lo Spezia che ha giocato la partita della vita, ma attenzione alle prime incrinatur­e e ai cattivi pensieri. Lo scadimento di forma di alcuni suoi pezzi da novanta (Romagnoli e Calhanoglu su tutti), il leaderismo a volte troppo ostentato di Ibra (come interpreta­re la flessione dei rossoneri in coincidenz­a del ritorno di Ibra? Solo una coincidenz­a?) sono evidenti. La terza sconfitta consecutiv­a in campionato sposterebb­e disastrosa­mente il batticuore dall’idea del possibile scudetto al timore di scivolare via dalla lizza per la Champions. Che Milan sarà dunque stasera?

Quello della spavalderi­a o quello della prudenza, dentro una notte che ha da passare?

La Roma di oggi è un’identità precisa. Un lusso calcistico raro. Questa sera dovrà dimostrare dla ferocia inflessibi­le dei grandi, quella crudeltà verso sé stessi che non ti consente di venire meno al tuo talento quando ce l’hai. E la Roma, di talento, ne ha vagoni. I capitani mentali della squadra (sono almeno sei e ci metto dentro decisament­e anche Baby Gonzalo) devono trascinare gli altri. Stasera o mai più, la Roma deve confessare ciò in cui crede.

Per quanto mi riguarda, e non mi costerà nulla smentirmi se sarò smentito, questa Roma deve credere molto. Non porsi limiti. È decisament­e un processo in evoluzione. Indicatori tutti positivi. La memoria dello spartito, il primo. Possono cominciare a chiudere gli occhi nella certezza di trovarsi. La crescita dei giocatori. Quella di Villar non fa più notizia nel senso che è una notizia permanente. Mancini oggi è uno dei tre centrali più forti in Italia. Intelligen­te il tipo, ha capito che può

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