Il Napoli fa festa è tornato Ciro
Mertens titolare sblocca il derby, di Politano il gol della sicurezza: Gattuso riparte e si rimette in corsa per l’Europa
Dunque, si può fare: e la Champions League, ch’è sembrato improvvisamente un universo distante e persino irraggiungibile, diventa un orizzonte nel quale il Napoli può tuffarsi. In un pomeriggio teoricamente perfido, in una di quelle partite che restano sporche pure quando sono finite, Mertens dà una spazzolata alle preoccupazioni, le sistema a bordo campo, e proietta se stesso e il Napoli, con la «complicità» di Politano, in una dimensione nuova, quasi inedita, evitando però che il 2-0 sul Benevento abbagli, ma limitandosi a conquistare un bel pizzico di serenità.
IL CIRO-TONDO. In un pomeriggio che sa di poco più di niente, un discreto possesso palla (62%) dentro una circolazione da ritmi urbani, c’è Mertens, che sa come riprendersi i gol perduti: i suoi ultimi settantaquattro sono stati attraversati nella cupa malinconia d’un accidente stagionale - distorsione ad una caviglia - che gli ha sottratto energia e soprattutto allegria e l’esultanza più vicina in campionato risale persino al 29' novembre. Napoli-Benevento diventa, rigorosamente, la sua partita, anche perché alle proprie spalle c’è tecnica allo stato puro affidata allo sfarzo nel palleggio di Fabian Ruiz e di Zielinski, che stracciano il copione e fanno un po’ da soli. Le tende del Napoli sono nella metà campo del Benevento al quale il «Maradona» dev’essere apparso troppo grosso, quasi anestetizzante, e Foulon, su una palla normalissima, non si stacca dalla sua posizione, quasi fosse inchiodato, e concede a Sua Maestà il 131esimo gol, quello che può tirare fuori da una crisi scomposta.
DIFFERENZE. Il Napoli non riempie gli occhi, e vabbè, ma ha una quantità di materia grigia e di atletismo da potersi permettere anche di procedere con il bignami: Ghoulam sfonda a sinistra, la pressione alta è strisciante tra Fabian e Zielinski e il Benevento disperatamente sceglie il profilo (e il baricentro) basso, facendosi schiacciare intorno a Schiattarella e ad un’interpretazione che sa però di rassegnazione collettiva, Hetemaj escluso. Per arrivare con il suo albero di Natale a Lapadula o anche a Caprari e Viola, tra le linee, Pippo Inzaghi (che sta in tribuna stampa) fa una faticaccia inutile e quando la prodezza di Zielinski (36': veronica con destro all’angolo basso) viene annullato giustamente, almeno resta la speranza che Meret straccia (37') sulla volée di De Paoli, l'unica conclusione che in quei 45' bianchi possa diventare una preoccupazione.
INSIGNE E INSIGNE. Per uscire da quel recinto, il Benevento viene ritoccato: Roberto Insigne trequartista, Viola a comandare e Schiattarella a rifiatare. Ma questo è lo stadio di Lorenzo, il capo-scugnizzo di casa, e tra le pieghe d’una giornata che rischia di proiettare nella noia e anche nella paura, il «fratello» maggiore fa le cose che gli riescono meglio: un tiro a giro (19') fuori di un’unghia, un assist a modo suo, senza che ci sia più Callejon però trovando, dopo un rimpallo su Letizia (fresco d'ingresso), una carambola assassina di Politano per il 2-0 e le prime certezze.
AHIA. Quei novanta minuti di umanissima apprensione, in una vigilia - l'ennesima - da dentro o fuori, si rivelano una sufficiente esercitazione per Gattuso: il Benevento rimane impalpabile, praticamente stordito dagli effetti d’una partita evidentemente fascinosa, e il Napoli, per non negarsi nulla, scopre che Koulibaly, dal nulla, perde per un attimo l’orientamento, si prende il secondo giallo e si concede una settimana vuota. Per rimettere, anche lui, le idee in ordine. Ora si può fare.