Se il calcio non è più un gioco di dadi
Da luglio, il tocco che non sia volontario o colposo non sarà sanzionato: così gli arbitri riacquisteranno il potere interpretativo che in parte avevano perduto
Il calcio torna per gradi a essere un gioco di abilità e di ingegno, e non più una lotteria dove l’elemento fortuito s’impone non solo alla dinamica del campo, ma anche alla logica delle regole.
L’organismo che stabilisce le regole del calcio azzera la riforma di due anni fa e cancella quello che era un obbrobrio: ogni tocco veniva fischiato
Il calcio torna per gradi a essere un gioco di abilità e di ingegno, e non più una lotteria dove l’elemento fortuito s’impone non solo alla dinamica del campo, ma anche alla logica delle regole. L’Ifab, l’organismo internazionale che le regole stabilisce, ha archiviato l’accidentalità nel fallo di mano, dopo averla sdoganata due anni fa. Dal luglio prossimo il tocco casuale del pallone con la mano o con il braccio, quindi né intenzionale né colposo, non invalida l’azione che porta al gol. A meno che non si tratti dell’ultimo o del penultimo tocco. In tal caso l’arbitro fischia la punizione.
Per fare due esempi: se chi fa l’assist per il gol tocca accidentalmente il pallone con la mano, il gol del compagno viene convalidato. Se l’autore stesso del gol incorre nello stesso tocco del tutto casuale in una fase antecedente al gol, il gol resta valido. Se invece il tocco è quello dell’ultima o della penultima giocata, il gol resta annullabile. È il caso del portiere che rinvii contro l’attaccante che gli è di spalle, o che gli è di fronte ma con il braccio allineato al corpo, e il pallone finisca in rete dopo un rimpallo fortuito. L’annullamento in questi casi continuerà a giustificarsi in nome del principio di importanza del vantaggio arrecato dal fallo di mano. Ma fuori da questa circostanza eccezionale e molto rara, l’accidentalità esce dalla finestra del calcio, dopo essere entrata due anni fa dalla porta principale. Le modifiche al regolamento entreranno in vigore dal 1° luglio, ma l’Ifab dà facoltà alle singole federazioni di introdurle in anticipo, cioè a campionati in corso.
L’obiettivo di questa riforma è quello di circoscrivere l’applicazione del fallo di mano alle ipotesi della volontarietà e della colposità, quest’ultima desumibile da posture considerate innaturali. Per esempio le mani staccate dal corpo o sopra l’altezza delle spalle o, ancora, larghe nella caduta. Nella fase difensiva l’accidentalità, cioè l’ipotesi di un fallo di mano né volontario né colposo, era stata interpretativa mente considerata punibile nel campionato scorso dagli arbitri italiani, suscitando incertezze e polemiche. Non a caso i rigori concessi per fallo di mano furono 57 su 180, cioè il 30 per cento. Quest’anno, a due terzi del campionato, un’interpretazione più rigorosa li ha ridotti ad appena 13 su 91, cioè il 14 per cento. È segno che siamo sulla buona strada per limitare le conseguenze regolamentari di fattori casuali.
Resterebbe da definire meglio il perimetro delle condotte cosiddette colpose. Gli arbitri italiani le riferiscono a un elemento oggettivo: cioè la posizione delle mani rispetto al corpo. Mentre sarebbe più corretto indagare, attraverso la posizione delle mani, l’elemento psicologico ad esse sotteso: se cioè la postura sia o meno naturale rispetto non tanto alla posizione del corpo ma rispetto all’intenzionalità della giocata. Per intenderci: chi stoppa il pallone con il petto è naturalmente portato ad allargare le mani per tenere in equilibrio il corpo. Se per un rimpallo, dopo lo stop, la palla finisce casualmente sul braccio, la posizione delle mani, ancorché oggettivamente staccate dal corpo, non dovrebbe essere considerata irregolare, poiché coerente con l’intenzionalità della giocata. Allo stesso modo, se un difensore allunga in scivolata una gamba, naturalmente protenderà il braccio opposto verso l’esterno per bilanciarsi. Un tocco accidentale del pallone con quel braccio non dovrebbe essere punibile, quando invece oggi lo è.
E ancora: una valutazione dell’elemento psicologico della colpa eviterebbe che i difensori fossero costretti a contrastare l’attaccante avversario con le mani annodate dietro la schiena, per evitare un tocco casuale. Anche in questo caso dovrebbe valere non tanto l’apertura del braccio, ma la naturalità del gesto atletico rispetto all’intenzionalità della giocata. Circostanza che restituirebbe all’arbitro una maestà interpretativa in parte perduta e in parte delegata al controllo del Var. La tecnologia è benvenuta e va usata ogni volta che si può, ma la scelta definitiva sulla concessione di un rigore o sulla validazione di un gol non può prescindere da un giudizio interpretativo fondato sul fattore umano.
Non tutte le categorie del diritto sono applicabili a una partita di calcio. Ma se solo alcune fossero coerentemente introdotte, gli errori arbitrali sarebbero almeno più intellegibili. E la tecnologia non sarebbe considerata dai nostri direttori di gara un concorrente di cui diffidare, ma un alleato da usare e governare.
Resta l’eccezione quando il “mani” è ultimo o penultimo tocco prima del gol