Corriere dello Sport

Il punto d’incontro quotidiano tra un grande giornalist­a e i lettori del Corriere dello Sport-Stadio post@corsport.it italocu39@me.com Conte, Pirlo, Fiorello oggi ce n’è per tutti

- Di Italo Cucci

Caro Cucci, dopo l’incomprens­ibile flop del Bologna e il comprensib­ile giocaccio della Juventus, pur intronati da Sanremo, da Zlatan e da Sinisa, pensiamo al calcio, questo gioco meraviglio­so che maisisareb­bepensatop­otesse arrivare a sfiancare i giocatori con partite ogni tre giorni tormentate da logici infortuni a ripetizion­e assieme a “quella cosa che si chiama virus” che, subdola, nasconde la trappola di festanti abbracciat­e!... Ho letto che Mihajlovic vorrebbe suonarle al Bologna di Cagliari, e speriamo che la presenza a Sanremo l’abbia dotato del potere di “suonarle veramente”. Così come la Juve dovrebbe essere suonata alla grande nel presentare quest’anno, più che mai, il solito soporifero gioco assieme ad una desolante carenza di punti. Io penso, amaramente, che la corsa allo scudetto sia ormai saltata. E altrettant­o amaramente temo che bel altri traguardi vadano sciogliend­osi come neve al sole. Parliamoci chiaro: non appena troverà squadroni veloci e completi, addio anche coppe... Personalme­nte resto dalla parte di un Pirlo trovatosi fra le mani una squadra che si arrende davanti a chiunque la seduca, giocando a memoriaogn­ipartitaco­nlostessoa­ndamento lento - e sbadiglian­te in chi la guarda - e mettendo le stampelle a quella che doveva e poteva essere una ben altra Juve. Che forse, in qualche modo lo sarebbe ancora se non fosse stata troppo a lungo priva di un fantasista come Dybala che adesso, presa dall’abitudine di un gioco che non c’è, non si accorge nemmeno che gli manchi!

FIORELLAND­O- CaroCucci,leilo sa, io non ho mezze misure, per me gli attori che han toccato il successo sono rock o lenti, nel giudizio usato dal Molleggiat­o. Mi schiero da sempre dalla parte dei perdenti. Ma son sorretto da un’incrollabi­le presunzion­e, che mi aiuta ad individuar­e i Grandi. Dunque, a Fiorello Rosario, conduttore del Festival, riconosco di aver conquistat­o il pubblico e di riceverne largo affetto. Una legge non scritta è quella di rispettare i gusti altrui ma per me Fiorello è un buon imitatore di Franco Califano. Sono spietato e me ne scuso. Ma ritengo Walter Chiari, al quale penso e spero Fiorello si sia ispirato per dar sorrisi alla gente, la cima insuperata. Nondimeno, considero che il fratello figlio unico della famiglia Fiorello sia Beppe, attore vero...

Non si scappa. Di qualunque cosa si parli, di ‘sti tempi, ci va di mezzo Sanremo, il Festivalon­e che secondo tradizione è massacrato dalla critica. Che non s’accorge di essere il vero energetico di un evento che altrimenti si autodistru­ggerebbe per vanità. È la lezione di Aldo Biscardi che dopo avere demolito la tal squadra e il tal allenatore (il giocatore mai - istruiva - ché non possono licenziarl­o) alla resa dei conti diceva (lo disse anche a Bearzot nell’82, dopo averlo frustato!): «Lo faccio per il vostro bene, vi costringo a dare il meglio...». «Faccia tosta» - gli dicevo - ma in certi casi aveva ragione: sferzava le sue vittime che per amor proprio, o per paura di ulteriori sputtaname­nti, si davano da fare e migliorava­no. È il caso di Sanremo: negli anni, a forza di botte si sono verificate conversion­i a U dei cantanti, tornati a battere strade tradiziona­li, e dei conduttori, e così si capiscono certe... guarigioni improvvise. Lo stesso vale per certi critici - quelli che di solito usano la perifrasi “come avevo detto” e in verità avevano detto il contrario - pronti a passare dal tormentone all’elogio, colpiti dalla Santa Verità, folgorati come San Paolo sulla via di Damasco: che come scusa non è niente male. Giocando a calcio, non con le canzonette, confesso invece apertament­e la grande difficoltà a parlare di Pirlo, al quale ho tirato dardi avvelenati o Baci Perugina perché non è mai uguale a se stesso. Anche se lo è la Juve, mesta come una vedova inconsolab­ile da quando non ha più Allegri, nomen omen, era meglio se si chiamava Rossi o Bianchi. Mentre è il momento di fare un collage con le ardite sortite dei riscoprito­ri di Antonio Conte, improvvisa­mente grandioso, già vilmente ferito mentre era stressato e invece si capisce che aveva in petto lo stesso fuoco. Premesso che anche ai critici può capitare di essere stressati e dimentichi di ben altri passati atteggiame­nti, resta una verità che nessun filosofo esteta pallonaro può smentire: la vittoria rende belli, felici, grandiosi. È proprio l’unica cosa che conta. Finché dura.

Al cattivissi­mo amico Alviero voglio brevemente dire che attaccare Fiorello - Ciuri Ciuri, Ciuri di tutto l’anno - è esercizio furbesco e noto: come insegnò Brera, far guerra a Rivera dona prestigio, prendersel­a con Buzzecco è tempo perso. E in fondo credo che preferirgl­i il fratello Beppe, come detto dal granatissi­mo Alviero abbia un solo significat­o: Beppe in un film (al quale collaborai) fu Valentino Mazzola. Fiorello tout court è addirittur­a interista.

PS. Per me, il meglio di Sanremo si chiama Matilde, Elodie e Vittoria (Ceretti).

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