Corriere dello Sport

«UNO PSICHIATRA PER IL B

Sinisa vivacizza la vigilia con frecciate non sempre indolori: «Superiori alla Lazio e «A volte penso che abbiano capito tutti, altre che non abbia capito nessuno La piazza è perfetta, senza pressione. Forse dovrei dare io elettricit­à»

- Di Giorgio Burreddu

Il rischio, qui, è che «ci vuole uno psichiatra». Vinci con la Lazio, perdi con il Cagliari, alti e bassi, su e giù, un’altalena, «tre giorni prima siamo stati superiori, poi tre giorni dopo abbiamo giocato con una squadra buona, ma non ai livelli della Lazio e non siamo riusciti a ripeterci...». Al suo Bologna, Sinisa Mihajlovic chiede razionalit­à. Nelle prestazion­i, nel gioco, persino nelle ambizioni. Magari a cominciare dalla sfida contro il Napoli. «Non voglio parlare di singoli, tutti dobbiamo capire. Perché a volte si ha l'impression­e che capiscano tutti, a volte che non abbia capito niente nessuno». Parte tutto dalla testa, il cuore non basta più. È di quella che Sinisa si sta occupando. «Dopo Cagliari ero più deluso che arrabbiato. Può darsi che ci manchi continuità, abbiamo tanti giovani e può succedere di avere alti e bassi. Dobbiamo crescere dal punto di vista della continuità, ci stiamo lavorando su. L'atteggiame­nto mentale non dovremmo mai sbagliarlo».

INFORTUNAT­I. Ci sono punti su cui anche un allenatore come Sinisa fa fatica a intervenir­e. La psiche è un labirinto, bisogna entrarci, toccare le corde giuste, «anche per questo il mio lavoro è stimolante». Ma prima della testa c’è il fisico, e gli infortuni continuano a essere un punto su cui fare delle riflession­i, è lo stesso Sinisa ad aprire uno squarcio. «È la terza partita in una settimana quindi qualcosa dovremo cambiarla per forza - dice -, in più siamo in emergenza sia dietro che a centrocamp­o. Qualcosa quindi cambieremo, anche se lo faremo il meno possibile perché non abbiamo tante soluzioni». Tasto dolente, gli infortunat­i. «L’unica cosa che si sa è che non si sa quando recuperano». Se non è un attacco ai medici, di certo è una stilettata. E comprende anche scelte di schierare giocatori non sempre pronti al cento per cento. Ma queste, aggiunge poi l’allenatore serbo, «sono tutte scuse, quella di Cagliari è una sconfitta che non ci sta perché non abbiamo dato il massimo. Ci mancavano giocatori, sì, ma anche contro la Lazio. Dunque dipende tutto da noi, da come andiamo in campo».

CARATTERE. Un tempo parlava di coraggio, adesso l’asticella si è alzata. Anche per Skov Olsen, «uno può essere decisivo anche quindici minuti. Con la Lazio era entrato timido, con il Cagliari è entrato con il piglio giusto». Sinisa parla di «carattere», che è una cosa diversa dal coraggio, che richiede una sua ciclicità, un suo ripetersi costantame­nte. D’altra parte l’atteggiame­nto sbagliato si è visto «a Cagliari, a Genova, con il Benevento… Ogni tanto abbiamo qualche amnesia.

Mi rode quando si perde così. Da queste cose dobbiamo capire cosa dobbiamo fare per non perdere».

AMBIENTE. Non è una questione d’ambiente, «in piena pandemia, non è stimolante da nessuna parte». Ma a Bologna, aggiunge l’allenatore, «si sta bene, c'è poca pressione. Purtroppo qualche volta quando si sta bene non si fa bene. Ma Bologna è una piazza perfetta se si capisce quello che si deve fare». Anche se poi, aggiunge, «forse dovrei essere io più elettrico per far cambiare il clima». Elettrico lui, reduce da Sanremo («Un onore. Ho cantato per prendere in giro i miei amici cantanti serbi, visto che io non canto ma a differenza loro posso vantarmi di aver cantato a Sanremo. Ero più preoccupat­o per Fiorello, visto che è stonato. Avevo paura ci rovinasse la canzone...»), Mihajlovic adesso è tornato nel suo mondo.

INTERRUTTO­RI. Quello che si deve fare lo ha imparato negli anni, da calciatore il modo giusto lo ha coltivato e lo ha insegnato agli altri. «Quando stavamo all'Inter, prima che venisse Mancini, si diceva sempre che l'Inter aveva una grande squadra ma non aveva mai vinto nulla. Poi con l'arrivo di Mancini, Mihajlovic, Veron e altri c'è stato un cambiament­o. Qui non possiamo prendere Veron e Mihajlovic, bisogna lavorare sull'atteggiame­nto mentale. È un processo lungo. Noi possiamo essere bravi fisicament­e, caratteria­lmente, tecnicamen­te, ma senza l'atteggiame­nto mentale tutto il resto vale poco». Facile non è, e lo sa anche lui. Mihajlovic sta provando in tutti i modi a spronare la squadra, «a far capire ai ragazzi che tipo di approccio mentale bisogna avere, però non solo il giorno della partita». Niente on e off, niente accendi e spegni, «non siamo interrutto­ri, dobbiamo avere sempre la lampadina accesa anche se non è sempre facile».

«Servono i vincenti Qui non può arrivare un Veron e bisogna lavorare di testa»

«Gli infortunat­i? L’unica cosa che si sa è che non si sa quando recuperano»

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