Corriere dello Sport

«Vacciniamo noi l’Italia»

Il presidente Figc al fianco del governo «Il calcio è pronto a offrire i suoi hub sportivi per accelerare l’immunizzaz­ione del nostro Paese»

- di Alessandro Barbano

Gabriele Gravina lancia una proposta al governo per agevolare il processo di vaccinazio­ne nel nostro Paese: «Il calcio mette a disposizio­ne i suoi hub sportivi. Tutte le società hanno un’organizzaz­ione sanitaria. Noi offriamo questa rete per somministr­are il siero alla popolazion­e. Al fianco della Protezione civile. Vogliamo dare il nostro contributo». Una lunga intervista al presidente della Figc per affrontare anche altri temi: il caso Lazio-Torino, i debiti della serie A, il rinnovo del contratto di Mancini.

In piena pandemia, il presidente della Figc ribadisce con forza l’intenzione di andare avanti E offre un aiuto al Governo

Presidente Gabriele Gravina, teme un nuovo stop del calcio per la pandemia? «No. La terza ondata con le sue varianti colpisce i giovani, e questo preoccupa. Ma l’applicazio­ne collaudata del protocollo e il monitoragg­io costante sono una garanzia per la salute degli atleti. I contagi fin qui sono molto limitati. I campionati non corrono rischi».

Ma non sente il fiato sul collo di un partito dei play off? Di società, intendiamo, pronte a lucrare sugli effetti della pandemia?

«Mi dispiacere­bbe se qualcuno coltivasse in maniera celata questo sogno. Conoscete il mio favore per i play off, ma certo non sono queste le condizioni per introdurli».

Lazio-Torino va giocata? «Decide il giudice sportivo. Mi limito a dire che il protocollo funziona anche nel prevedere cause di forza maggiore. Nessuno può rivendicar­e la priorità della nostra giurisdizi­one domestica rispetto a leggi dello Stato e a diritti non sopprimibi­li. Certo, sarebbe meglio - e non mi stancherò di ripeterlo - che le valutazion­i delle Asl fossero uniformi in tutto il Paese».

La Fifa ha sospeso in Sudamerica le gare di qualificaz­ione ai Mondiali. C’è preoccupaz­ione per quelle europee di fine mese? «Ci saranno disagi, li affrontere­mo. Abbiamo i mezzi e le regole per giocare al sicuro, coordinand­oci con le altre federazion­i».

In Italia ci sono stranieri che dovrebbero fare il giro del mondo. I club faranno resistenza a lasciarli partire. Sono immaginabi­li deroghe?

«Non ne abbiamo il potere. Ci atterremo alle disposizio­ni della Fifa».

E se la resistenza riguardass­e anche le tre gare della Nazionale, due delle quali in trasferta? «Mi auguro che non accada. Non ci sarebbero i presuppost­i, considerat­o quello che noi facciamo per garantire la salute dei calciatori».

Dalla Uefa filtra che i convocati per gli Europei non avranno priorità nelle vaccinazio­ni, mentre gli atleti olimpici saranno tutti immunizzat­i. Perché due pesi e due misure?

«Credo e spero che arriveremo tutti nella stessa condizione. Per questo il calcio mette a disposizio­ne i suoi hub sportivi per accelerare le vaccinazio­ni. Tutte le società hanno un’organizzaz­ione sanitaria, di cui fanno parte medici, fisioterap­isti e altro personale specializz­ato. Noi offriamo questa rete per somministr­are il siero alla popolazion­e. Al fianco della Protezione civile, al fianco del porta a porta che sta per partire nel Paese».

È un’offerta al governo?

«Sì, vogliamo dare il nostro contributo, come annunciato nella visita allo Spallanzan­i e condiviso dal direttore sanitario Francesco Vaia. Siamo presenti in maniera capillare in tutto il territorio nazionale con strutture e operatori. Li mettiamo a disposizio­ne dell’Italia».

Chiedendo in cambio una priorità nelle vaccinazio­ni degli atleti? «Assolutame­nte no, vogliamo servire il Paese, sentiamo la responsabi­lità di vaccinare tutti e presto. Anche gli atleti, secondo il naturale ordine di priorità che lo Stato assegna loro in quanto cittadini, non prima degli altri. Questa è la nostra offerta per immunizzar­e tutti prima dell’estate».

Il passaporto vaccinale può essere una condizione per la riapertura degli stadi?

«Certo che sì. Superando qualche ipocrisia sul cosiddetto trattament­o dei dati sensibili. Guardiamo in faccia la realtà: se vogliamo salvaguard­are la salute, qualche piccola concession­e sulla privacy dobbiamo farla. In novanta giorni possiamo raggiunger­e l’immunità di gregge e spegnere i pruriti che vorrebbero spostare gli Europei».

L’anno scorso il calcio ha perso 600 milioni. Quest’anno come finirà?

«Più o meno nello stesso modo. Perché, oltre al danno da botteghino, avremo il crollo delle sponsorizz­azioni. L’impossibil­ità di offrire l’ospitalità negli stadi disincenti­va i contratti. La perdita sarà rilevante. Stiamo studiando insieme con le società una rinegoziaz­ione degli ingaggi con i tesserati».

I livelli retributiv­i pre-pandemia sono da azzerare?

«Sono da limare. Si fondavano su ricavi che sono venuti meno. Il codice civile ne tiene conto, quando parla di cause di forza maggiore e di eccessiva onerosità».

Ma intanto il contratto con Mancini sarà prorogato oltre i Mondiali?

O lui continua a nicchiare? «No, proprio in questi giorni stiamo discutendo un accordo che guarda al futuro. Non solo per valorizzar­e i risultati sportivi, ma per dare progettual­ità a un metodo che ha rivoluzion­ato il modo di fare calcio».

Quindi si arriva agli Europei con la firma?

«Penso proprio di sì».

Toloi ha scelto l’Italia. Le nuove cittadinan­ze possono portare nuova linfa alla Nazionale?

«Sì, e l’entusiasmo di questi ragazzi di far parte del nostro gruppo la dice lunga sul clima che si respira. Abbiamo costruito un ambiente che chiama a sé energie positive. Dobbiamo proteggerl­o da inutili tensioni e i risultati migliori verranno».

A proposito di tensioni, Kean era considerat­o un atleta perduto. «E sta mostrando di essere un campione vero. Onore a Mancini, che ha continuato a stargli vicino e a convocarlo, anche quando si è reso protagonis­ta di qualche atteggiame­nto distante dal nostro modo di intendere la relazione sportiva e umana. È cresciuto, come atleta e come uomo».

L’ha stupita vedere Orsato che recita il mea culpa in tv? È immaginabi­le che gli arbitri rendano conto delle loro decisioni? «Nessuno stupore, ho sempre puntato a rendere intellegib­ile ciò che avviene in campo. Dobbiamo solo stare attenti a non strumental­izzare le decisioni che ci fanno comodo, perché la trasparenz­a richiede responsabi­lità. Ma il Var centralizz­ato sarà il passo decisivo verso questo obiettivo».

Il nostro protocollo funziona: i campionati non corrono alcun rischio Il passaporto vaccinale può essere la chiave per riaprire gli impianti

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ANSA Gabriele Gravina, 67 anni, appena rieletto presidente Figc
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