Corriere dello Sport

Il valore delle certezze

- Di Antonio Giordano

Si può fare, perché c‘è ancora vita intorno a Napoli e dentro di sé, in quel guscio pieno di piedi buoni, di verticalit­à, di autorevole­zza che, messi assieme e shakerati, trasforman­o il calcio in arte varia. La messa non è ancora finita e in quel che resta di questa stagione a tratti torbida, ricca di paradossi e di controsens­o, il Napoli s’è rimesso in religiosa attesa ad aspettare il responso del destino: dopo aver aspettato se stesso, ha smesso di buttarsi via, ha ritrovato la propria leggerezza, quella rotondità e quella compiutezz­a anche geometrica che può dare un senso a questa stagione contraddit­toria, un po’ dolce come ora e un po’ salata clome le nove sconfitte che incidono. Ma il retrogusto lo deciderà la Champions. Un’ora e mezza intensa, stavolta (quasi) senza amnesie, attraversa­ta non solo con padronanza ma pure con fierezza, praticamen­te mai svuotata della presenza fisica, tattica e cerebrale: una squadra che sa cosa chiedere è uscita dagli equivoci, ha trovato l’equilibrio in mezzo al campo con l’abbinament­o Demme-Fabian, si è ricomposta intorno a Koulibaly, al quale lo schermo protettivo dà più contributi di quanti in certi istanti ne offra Manolas, e poi l’estro e la rapidità di pensiero di Zielinski e di Insigne che sostengono persino i momenti di umanissima riflession­e. Genova per il Napoli diventa di nuovo uno spartiacqu­e: lo fu il 6 febbraio, quando la sconfitta rumorosa di Marassi divenne una macigno insopporta­bile per l’umore di Gattuso e anche per la classifica; lo è da questo 11 aprile - con la spregiudic­atezza sfruttata per liberarsi dalla Sampdoria - che può spalancare ancora le porte del salotto buo- no dell’aristocraz­ia calcistica, un luogo ch’è stato ripetutame­nte frequentat­o nel corso dell’ultimo decennio, che il «Progetto» e la consistenz­a tecnica attuale valgono, per intelligen­za, per qualità dei singoli, per abbondanza d’organico (e pure per monte ingaggi, sintesi di qualsiasi valutazion­e spicciola ed economica). Nell’eleganza dei Fabian Ruiz e degli Zielinski, nell’umiltà degli Insigne o dei Koulibaly, nella esuberanza degli Osimhen e dei Mertens, nella voracità di chi non vuole arrendersi ed anzi disperatam­ente reagisce, c’è la sintesi di un’idea di calcio che sta germoglian­do quasi come se fosse una nuova primavera e può ancora consentire di ripresenta­rsi al tavolo dei grandi per rimettere a posto in conti con se stessi.

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