Il DNA vincente del Sud
Durante il secondo periodo, i colori apparsi sul volto di Ettore Messina (rosso, rosso pompeiano, arancio aragosta, viola, blu tenebra) avrebbero dovuto far sorgere un leggerissimo dubbio anche al più sfegatato ed ottimista tra i tifosi di Milano. Il coach della Olimpia si era reso conto che la difesa brindisina stava instradando la partita verso un tunnel troppo buio per li suoi. Messina le ha provate tutte: ha orrendamente cazziato i suoi, apparsi quasi sorpresi da tanto ardore ed energia degli otto avversari otto, ha riportato la calma, si è affidato a Rodriguez. Ma non è valso a nulla. La Happy Casa è andata oltre le assenze compiendo un miracolo sportivo perché il basket insegnato da Vitucci è ormai entrato nel DNA di questa squadra. Che corre, si aiuta, difende, e di volta in volta trova sempre nuovi protagonisti, come è accaduto ieri con uno straordinario Zanelli, unico play rimasto al vice allenatore Morea, bravo nel gestire i suoi uomini a tal punto da ricevere a fine partita i complimenti e l’abbraccio del suo idolo di sempre, Messina. E’ vero, l’Olimpia paga un calendario folle tra Eurolega e campionato, ma l’ampiezza del suo roster avrebbe dovuto e potuto ieri consentirle di disputare una prova migliore. Non ci è riuscita perché il basket di Brindisi ancora una volta ha dimostrato di non ridursi ad un corri e tira come qualche facilone vorrebbe far credere: conta su un’organizzazione difensiva di prim’ordine, dove il Grande Capo Willis con la sua capacità di cambiare sugli avversari, lunghi o esterni che siano, riesce a garantire coperture anche lontano dall’area. Insomma, come recita uno striscione al PalaPentassuglia, «la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare».