Corriere dello Sport

Il DNA vincente del Sud

- Di Andrea Barocci

Durante il secondo periodo, i colori apparsi sul volto di Ettore Messina (rosso, rosso pompeiano, arancio aragosta, viola, blu tenebra) avrebbero dovuto far sorgere un leggerissi­mo dubbio anche al più sfegatato ed ottimista tra i tifosi di Milano. Il coach della Olimpia si era reso conto che la difesa brindisina stava instradand­o la partita verso un tunnel troppo buio per li suoi. Messina le ha provate tutte: ha orrendamen­te cazziato i suoi, apparsi quasi sorpresi da tanto ardore ed energia degli otto avversari otto, ha riportato la calma, si è affidato a Rodriguez. Ma non è valso a nulla. La Happy Casa è andata oltre le assenze compiendo un miracolo sportivo perché il basket insegnato da Vitucci è ormai entrato nel DNA di questa squadra. Che corre, si aiuta, difende, e di volta in volta trova sempre nuovi protagonis­ti, come è accaduto ieri con uno straordina­rio Zanelli, unico play rimasto al vice allenatore Morea, bravo nel gestire i suoi uomini a tal punto da ricevere a fine partita i compliment­i e l’abbraccio del suo idolo di sempre, Messina. E’ vero, l’Olimpia paga un calendario folle tra Eurolega e campionato, ma l’ampiezza del suo roster avrebbe dovuto e potuto ieri consentirl­e di disputare una prova migliore. Non ci è riuscita perché il basket di Brindisi ancora una volta ha dimostrato di non ridursi ad un corri e tira come qualche facilone vorrebbe far credere: conta su un’organizzaz­ione difensiva di prim’ordine, dove il Grande Capo Willis con la sua capacità di cambiare sugli avversari, lunghi o esterni che siano, riesce a garantire coperture anche lontano dall’area. Insomma, come recita uno striscione al PalaPentas­suglia, «la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare».

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