Corriere dello Sport

L’accerchiam­ento come strategia

- di Roberto Perrone

Un po’ fratello maggiore che abbraccia e bacia i fratelli minori, un po’ grande fratello che li controlla in ogni dettaglio di vita quotidiana, Antonio Conte sente “l’odore del sangue” con la sua Inter, arrivata contro il Cagliari a 11 vittorie consecutiv­e. Oltre l’odore del sangue, c’è il dolce profumo dello scudetto. Per arrivarci, però, bisogna mantenersi sempre all’erta e non dimenticar­e la presenza del “nemico”. Come d’abitudine, VotAntonio, anche quando sta per raggiunger­e il successo (“io voglio sempre vincere”), non perde il gusto della contrappos­izione.

Un po’ fratello maggiore che abbraccia e bacia i fratelli minori, un po’ grande fratello che li controlla in ogni dettaglio di vita quotidiana, Antonio Conte sente “l’odore del sangue” con la sua Inter, arrivata contro il Cagliari a 11 vittorie consecutiv­e. Oltre l’odore del sangue, c’è il dolce profumo dello scudetto. Per arrivarci, però, bisogna mantenersi sempre all’erta e non dimenticar­e la presenza del “nemico”. Come d’abitudine, VotAntonio, anche quando sta per raggiunger­e il successo (“io voglio sempre vincere”), non perde il gusto della contrappos­izione: deve sentire il rumore delle corazze degli invasori. E neanche quello della contraddiz­ione: deve ribaltare quello che ha detto ieri, o l’altro ieri, a suo vantaggio. È il metodo Conte. «Mi spiace per chi si augurava il male o qualcosa di negativo per l’Inter o per me». Beh, possiamo immaginare chi fossero: tutti gli avversari diretti per il titolo e i loro tifosi, includendo la doppia rabbia degli juventini; tutti quelli a cui VotAntonio non sta simpatico per questo suo modo di fare che alterna molto bastone e poca carota; il club dei “giochisti” di cui, però non è stato e non sarà, l’unico bersaglio.

Il metodo Conte sta per portare lo scudetto all’Inter dopo undici anni, il quinto titolo personale per il tecnico. Si tratta di un metodo spiazzante, ondulatori­o, tra discese ardite, risalite, affondi e parate. Ma è un metodo che funziona. È fondato sul fatto che nel calcio devi essere sempre competitiv­o, anche con te stesso, è puntellato dall’idea che non conta quello che hai detto ieri, ma quello che stai dicendo ora. Per quel che riguarda Conte, poi, la grande capacità è appunto questa, saper rovesciare ogni situazione per spingere avanti il gruppo Conte. Per cui non ci scandalizz­a ascoltarlo mentre dice: «Le tante critiche alla squadra hanno scatenato la voglia di rispondere. L’allenatore doveva essere cambiato e i giocatori erano delle pippe». Non ci si scandalizz­a, via, anche se il primo a ripetere lungo tutto il suo primo anno nerazzurro di non avere una rosa all’altezza, è stato lui e, dopo la finale e di Europa League, è ancora lui ad adombrare un possibile cambiament­o in panchina: «È giusto che l’Inter pianifichi il suo futuro con o senza di me». Il suo metodo è logorante, anche per se stesso. Però prima che si verifichi l’auto-logorament­o, a finire logorati e quindi battuti, sono i “nemici”. Come sta succedendo ora.

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