Corriere dello Sport

La doppia morale

- di Giancarlo Dotto

Come volevasi dimostrare. Nessuna multa per il sacrilego Cristiano

Ronaldo che getta stizzoso a terra la maglia alla fine di Juve-Genoa.

Come volevasi dimostrare. Nessuna multa per il sacrilego Cristiano Ronaldo che getta stizzoso a terra la maglia alla fine di Juventus-Genoa, recando comprensib­ile offesa e turbamento ai suoi (ex?) adoranti bianconeri («Soltanto schifo e dolore», mi ha riferito quasi in lacrime Fabio, il mio amico juventino, citando Carlo Verdone). Conferma ennesima dell’etica molto flessibile in casa bianconera quando c’è di mezzo il suo Bipede Divino. Che uno dei rari precedenti risalga poi al Mario Balotelli interista, suona come un’aggravante. Per non parlare della spiegazion­e arrangiata, la maglia maldestram­ente lanciata al raccattapa­lle implorante. Per come la vedo io, molto più brutta questa. Scagliare la maglia con quella malagrazia, senza nemmeno voltarsi e accompagna­re il gesto con sorriso, una parola qualsiasi, a un innocente che magari l’aveva sognata la notte prima quella scena con il suo mito che gli stampava un sorriso affettuoso in volto e magari una carezza sulla nuca. Fosse questa la storia, sarebbe sì davvero turpe. Pure recidivo, tra l’altro. Di questi giorni la confession­e struggente di Gosens, un collega non un raccattapa­lle, che ha raccontato di come Cristiano lo umiliò con un brutale “no”, quando lui, alla fine di un Atalanta-Juventus, avvicinò il suo (ex) idolo pigolando la grazia della maglia.

L’attenuante può essere solo una, a essere generosi, quella psicoanali­tica della coazione a ripetere. Dopo il lancio della fascia da capitano in Nazionale, ecco dunque la maglia con la Juve. Cosa scaglierà la prossima volta? Aspettiamo­ci altri episodi. Il bravo Cristiano sarebbe finito nella replica di un gesto, in tutti i sensi coatto, che nasce da un sano furore (e anche su questo ci sarebbe da interpreta­re), per diventare un appuntamen­to dell’inconscio con il proprio incidente emotivo. Lettura cervelloti­ca? Ci arrampichi­amo sugli specchi? Può darsi, ma dovete capire che non ci si rassegna facilmente all’idea che una leggenda vivente si comporti come un bifolco da suburra.

Tornando alla multa. Andò peggio, ma non troppo, con quei cattivacci dei giudici Uefa che gli inflissero 20 mila euro di multa per aver esibito i suoi gioielli in aperta disfida e revanche con Juan Pablo Simeone, che a sua volta aveva mostrato i suoi nella gara d’andata con la Juve a Madrid. Un match testostero­nico tra gentiluomi­ni, insomma, senza vincitori e solo vinti. E sentenza comunque irrisoria, consideran­do che 20 mila euro è quanto il Cristiano più facoltoso del pianeta guadagnerà all’incirca da qui alle prossime cinque ore sonnecchia­ndo beato nel suo letto a sei piazze, dentro un pigiama di seta e bottoni di madreperla. Implacabil­i ricordator­i ci segnalano che sempre lui, il bravo Cristiano, durante un Barcellona-Real non di suo gradimento, apostrofò l’arbitro con un esplicito «Mateus, Te gusta?», sempre offrendo il suo pacco virile alla vista. Mateus non vide o fece finta di non vedere.

Dove vogliamo andare a parare? Sempre lì. La storia del calcio è piena di bipedi divini. La differenza sta nel come interpreti la tua parte. Il ragazzo di Madeira, quello che non doveva mai nascere, perché ultimo e non desiderabi­le di una famiglia troppo numerosa, restituito alla vita da una resipiscen­za della fede di mamma Maria Dolores, dovrà prima o poi capire che non si sta mitici in terra solo per segnare valanghe di gol e vincere la guerra dei “pacchi” con il macho Pablo. I tifosi che esultano fino alle lacrime al suo arrivo è perché vedono in lui il samurai che torna a creare una potente sintesi tra il sogno e la realtà. La riedizione incarnata di Sivori, di Platini e di Zidane che arriva insperata e ti sussurra in un orecchio: “Piccola, deliziosa, passionale bestiolina, eccomi, sono qui per te, ti autorizzo a sognare”. Diego Armando Maradona è sempre lì, ovunque egli sia, a dettare la lezione: i bipedi divini sono veramente tali solo quando ti dicono: “Io sono il più grande di tutti, ma sono parte di te, parte di voi”.

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ANSA Periodo delicato per Cristiano Ronaldo (36 anni): a sinistra la maglia lanciata

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