Certezza Minardi: «Imola è viva sarà festa anche senza pubblico»
L’ex patron del team ora è presidente del circuito che ospita il Mondiale
Niente salsicciate né fumogeni, niente zaini impregnati di fango, né tribunette abusive. Imola conosce per la seconda volta il privilegio surreale di ospitare un GP senza pubblico. E sarà curiosamente un debutto, a 73 anni, per Gian Carlo Minardi, da dicembre presidente di Formula Imola.
Chiedi a Faenza dov’è la Minardi e ti indicheranno la sede del team a capitale austriaco che oggi si chiama Alpha Tauri. Fior di piloti (Alonso, Webber, Fisichella, Trulli), fior di tecnici (Aldo Costa) e altro personale tutt’oggi in Formula 1 ha cominciato lì. Imola ha vissuto 21 dei 340 GP corsi con la squadra che porta il suo nome.
Gian Carlo Minardi, è pronto al ventiduesimo?
«Provo a ripetere l’exploit che i miei predecessori hanno allestito in emergenza nel 2020. Il supporto di FIA e Liberty Media, l’aiuto della Regione Emilia Romagna e il consorzio dei comuni Con.Ami ci hanno permesso di tornare in ballo, e noi balliamo. Proviamo a far sì che la riuscita sia una festa per la Formula 1, pur dovendo fare a meno del pubblico».
Una festa senza la gente: è possibile?
«Sì, apriamo la serie delle gare europee come tante volte in passato, e la gara potrebbe delineare meglio la serie A, la B e la C del Mondiale. Con l’incognita della pioggia che aumenterebbe il fattore sorpresa».
Ambite a una terza volta? «Intanto ripetiamo il successo del novembre scorso in modo da essere considerati nelle scelte future. Ma non è facile: il mondo sta cambiando, c’è sempre meno la possibilità di avere due gare in un Paese, ma Imola mostrerà ancora di essere viva, com’è avvenuto con i Mondiali di ciclismo».
Imola già lo scorso anno aveva allestito tutto per una presenza di pubblico in sicurezza.
«Sì, quattordicimila persone su novantamila posti, circa mille per tribuna, ogni gruppo con parcheggio dedicato e senza incrocio dei flussi. Ma purtroppo non è stato possibile».
La richiesta di alternanza con Monza è alle spalle?
«Sì, l’alternanza anziché consentire la sopravvivenza di due impianti, fa male a entrambi. Gli screzi tra Monza e Imola non torneranno, lo garantisce la mia presenza qui, e il rapporto anche con Vallelunga, che fa parte della famiglia ACI, è ottimo».
Ricordi struggenti per lei a Imola.
«Il primo maggio 1994 fu una giornata terribile, Senna per me era come un fratello minore. Fu difficile anche per noi, con Alboreto che perse una ruota e nei box fece strike con i meccanici Ferrari e Lotus. Fu un disastro».
Rifacciamoci la bocca con qualcosa di meglio.
«Pierluigi Martini quarto nel 1991, abbiamo addirittura sfiorato il podio: avevamo il motore Ferrari».
A fine agosto Imola ospiterà il Minardi Day, un bell’amarcord. Ma quella Minardi vive ancora nell’Alpha Tauri?
«Come filosofia sì perché lavora su piloti, ingegneri e meccanici giovani, industrialmente no perché sono circa cinquecento e noi non superammo mai le centoventi persone. Pensi che al debutto nel 1985 eravamo in nove, compresi i tre soci del team».
Passa mai nella sede dell’Alpha Tauri?
«No, mi hanno gentilmente inviato un paio di volte, sono andato volentieri ma è un altro mondo».
Lei che vede i campioni in anticipo: Yuki Tsunoda lo è o siamo davanti a un abbaglio collettivo? «L’Alpha Tauri lo ha fatto girare a Imola a novembre e a febbraio, con una macchina vecchia: neanche un errore, a parte un testacoda per cercare il limite, e tempi ottimi. Mi è piaciuto tantissimo in Bahrain e scegliere le gomme sbagliate nel Q2 non è stato uno sbaglio suo».
Mick Schumacher quali errori non dovrà fare?
«Siamo noi a non doverlo giudicare sulla base del cognome. Va lasciato lavorare in pace, ha qualità perché non si vincono per caso i campionati delle serie minori e lui ce l’ha fatta nella formula quattro, nella tre e nella due».
C’è ancora un Minardi-boy in circolazione: Fernando Alonso. «A novembre ho visto nei suoi occhi l’entusiasmo di vent’anni fa: spero che l’Alpine lo metta in condizione di divertirsi, ha già fatto una gara superba surclassando Ocon che non è un paracarro, e s’è fermato per la carta di un panino nei freni. Come fisico e testa c’è, può ancora correre ben oltre i 42 di Raikkonen».
La prima volta che Fernando la colpì?
«Nel 2001 a Jerez, in un test per i giovani piloti, lui aveva venti giri a disposizione e dopo tre sotto la pioggia andava già fortissimo. Lo fermai e mi rispose serafico che non stava forzando, stava solo cercando di conoscere la macchina. Lo misi sotto contratto fino al 2006, accordo che poi cedetti a Briatore».
Poi Fernando ha sbagliato tutte le scelte che fa fatto.
«E’ un discorso nel quale non voglio entrare, ma con altre macchine avrebbe vinto sette Mondiali, com’era successo a Schumacher e com’è poi riuscito ad Hamilton».