Se i virologi regalano gli Europei a Erdogan
A meno di una settimana dalle scelte dell’Uefa, sale la tensione Lettera di Gravina al premier per ottenere la garanzia della riapertura dell’Olimpico al 25% e non perdere l’Europeo Politica e scienza contrapposte Il coordinatore del Cts, Locatelli: «Ci s
Il messaggio è lo stesso di un anno fa. «Come si fa a parlare di riaprire il campionato con i morti per strada?», si diceva ad aprile 2020. «Come si fa a riaprire gli spalti per gli Europei con una terza ondata ancora in atto?», si ripete oggi. È scientificamente incontestabile che lo sostengano virologi e medici del calibro di Franco Locatelli e Fabrizio Pregliasco. È legittimo che lo ripetano al governo all’interno dei comitati a cui sono stati chiamati a fornire la loro preziosa consulenza. È sgrammaticato, inopportuno, oltre che scorretto, che lo vadano a ripetere in tv come se avessero loro, e non altri, la responsabilità di decidere. Tanto più se accade in una stagione di recupero di stile istituzionale, inaugurata dal buon esempio delpremier Draghi. Tacciano. La smettano di esibirsi e di rispondere a domande politiche, che non gli competono.
Il Paese è sfibrato da quattordici mesi di privazioni, lutti, depressione civile ed economica, per poter sopportare ancora questi gesti di protagonismo inconferente. Che mescola scienza e politica, ignorando che sono due arti diverse, da maneggiare con abilità altrettanto diverse. La scienza deve ancorare le sue valutazioni all’evidenza clinica. La politica deve esser in grado di programmare il futuro.
Il governo si è insediato con questo obiettivo, forte di una visione che era prima mancata del tutto. Condurre in porto con successo una campagna di vaccinazione non significa limitarsi a una somministrazione massiccia di siero. Occorre progettare la ripartenza del Paese, dando date certe, ancorché prudenziali, che consentano alle imprese e ai corpi intermedi di investire. La Gran Bretagna il 21 febbraio, quando ancora si contavano 600 morti al giorno, ha stabilito che il 9 marzo avrebbe riaperto le scuole, il 12 aprile i negozi e i ristoranti, il 17 maggio i cinema, i teatri e gli stadi, il 21 giugno tutto il Paese. Ieri, 12 aprile, le città britanniche si sono dischiuse alla vita. Con tutte le precauzioni necessarie, i commercianti hanno preparato la ripartenza, potendo contare su punti fermi.
Lo stesso può fare il premier Mario Draghi, stimando una caduta dei contagi e della mortalità, come effetto di una crescente immunizzazione delle categorie a rischio. Spetta al governo, non al professor Locatelli, per autorevole che questo sia, rispondere all’Uefa. Che legittimamente chiede una garanzia di parziale riapertura degli spalti, per poter programmare i giochi di giugno. Perché il calcio, come il turismo, non si accendono e spengono come fuochi d’artificio. Ma vivono di programmazione e di organizzazione. Valentina Vezzali ha fatto bene a correggere il tiro, annunciando che s’impegnerà per garantire le quattro partite di Roma. Sarebbe paradossale che Italia-Turchia ce la sfilasse di mano proprio Erdogan, con la maldestra complicità dei nostri incontrollabili virologi. Perciò l’intervento del sottosegretario è rassicurante, ma non basta. Occorre che la politica chieda esplicitamente alla scienza di guarire il Paese con le sue cure, ma di astenersi dall’atterrirlo con le sue parole.
Il 19 aprile l’Esecutivo e il 20 il Congresso Uefa. Il 21 il Natale di Roma. Ma i giorni di una possibile celebrazione capitolina sono questi, che si rincorrono verso la data ultima per sapere se la città potrà ospitare quattro partite “in presenza” del prossimo Europeo 2020 postdatato: dalla gara di apertura, l’11 giugno, Italia-Turchia (più le altre due degli azzurri, contro Svizzera e Galles), a un quarto di finale, il prossimo 3 luglio. Un caso Nazionale, è il caso di dire, dato le implicazioni politiche che rappresenta. Perché di questo si tratta, ancora di più dopo che venerdì scorso il presidente della Figc, Gravina, ha scritto una lettera al presidente del Consiglio, Draghi, chiedendogli un impegno diretto per ottenere l’ok dell’Uefa, legato alla riapertura parziale dell’Olimpico a 15 mila spettatori, ovvero il 25% della capienza dello stadio. Il messaggio è un appello chiaro come l’intenzione di cercare un’intesa col Premier capace di sbloccare la situazione. «Pur nella consapevolezza della fase critica del Paese mi auguro che lei condivida l’importanza per l'Italia dell’evento. Da parte nostra garantiremo il rigoroso rispetto delle prescrizioni che il Governo vorrà imporci, così come è stato per l'applicazione del protocollo sanitario che consente lo svolgimento dei campionati nazionali». Una mossa obbligata, quella di Gravina, quanto concordata con Draghi lo capiremo presto.
POSIZIONI. Di certo, il tempo come certificato all’inizio, sta per scadere. Entro lunedì, quando, a Montreaux, Ceferin riunirà il suo governo per decidere in merito allo svolgimento del torneo continentale a formula diffusa tra 12 città di 12 paesi diversi, Roma e la nostra Federazione dovranno poter esibire alla Uefa la certificazione governativa sull’agibilità, seppur ridotta, dell’Olimpico. Non il generico impegno a centrare l’obbiettivo, già espresso il 6 aprile scorso dal ministro della Salute, Speranza, che rimandava a deliberazioni future del Cts in materia di riaperture sportive.
COMPARANDO. Il fatto è che nelle stesse condizioni sospese di Roma si trovano Dublino, Bilbao e Monaco di Baviera. La capitale irlandese più della perMetropolitano
basca (destinate a ospitare quattro partite a testa: le tre della fase iniziale più un ottavo) è praticamente fuori dai giochi. Se nel suo caso è prevedibile un ricollocamento logistico a Londra (già sede di sette incontri a Wembley, compresi le due semifinali e la finale dell’11 luglio), per quanto riguarda la Spagna, il presidente della Rfef, Rubiales, punta a sostituire Bilbao con Siviglia. La sua federazione per altro ha appena chiuso un accordo triennale con la città andalusa, per 24 partite delle proprie rappresentative maggiori, maschile, femminile e U21, da disputare a la Cartuja (la Certosa), il mancato stadio olimpico del 2004 (dotato infatti di pista di atletica). L’alternativa (preferita dalla Uefa) sarebbe il Wanda
di Madrid (impianto a “tutto calcio”). Questo per dire che ancora esistono margini per un’alternativa alla semplice redistribuzione tra le altre città ospitanti (Amsterdam, Baku, Bucarest, Budapest, Copenhagen, Glasgow, Londra, S.Pietroburgo) della partite divenute vacanti.
ALLEANZA. Per molti versi il caso Roma è molto vicino al caso Monaco di Baviera (anche qui ballano quattro partite: le prime tre della Germania, e un quarto di finale). Non è un caso che la nostra Figc stia cercando un’asse con la federcalcio tedesca di Fritz Keller per predisporre una strategia comune, tesa quantomeno a ottenere flessibilità in materia di numeri e aperture. Anche in Germania la vicenda ha assunto una dimensione politica. Da una parte il sindaco socialdemocratico Reiter che anche ieri, dopo un incontro col vice presidente della DFB, Koch (membro dell’Esecutivo Uefa), ha ribadito «di non essere in grado ora di dare garanzie sulla riapertura a giugno dell’Allianz Arena».
In quel caso ballano circa
19 mila spettatori. Dall’altro, il 7 aprile scorso il Governatore della Baviera, Markus Söder, uomo forte del Partito Popolare, possibile sostituto della Merkel dopo le elezioni politiche del prossimo settembre, aveva dato garanzie a Ceferin proprio a Monaco, dove il presidente Uefa aveva assistito al trionfo del Psg in Champions.
Insomma grande è l’incertezza sotto il cielo ma la situazione non pare eccellente. Anzi. Anche perché, per l’Italia, a Roma e all’Olimpico, non ci sono alternative.
MOBILITAZIONE. Intanto alle nostre latitudini ieri si sono sovrapposte parole di tenore assai diverso. Il mondo politico sembra orientarsi su posizioni “aperturiste”,
a partire dalla sindaca
Raggi, quello scientifico resta molto prudente. Un ruolo dovrà giocarlo per forza la Sottosegretaria allo Sport, Valentina Vezzali. «Mi adopererò con tutta me stessa per far disputare queste quattro partite in Italia. Gli Europei di calcio sono un'occasione importante per il rilancio del nostro Paese». Già oggi Vezzali dovrebbe incontrare il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità e coordinatore del Comitato tecnico scientifico. Locatelli ieri ha fatto già capire qual è il punto: «Premesso che la scelta spetta alla politica, come Cts c'è massima disponibilità a valutare la presenza del pubblico, considerando anche gli spostamenti di tifosi e gruppi squadra. Sarebbe auspicabile che la Uefa lasciasse un po' più di tempo, perché è diffila
Figc in contatto con la Federcalcio tedesca per avere una linea comune
Cluster azzurro: verso la normalità Preritiro in Sardegna da ripensare
Mario Draghi, presidente del Consiglio: il Governo ha già espresso un parere favorevole ma generico «Mi adopererò con tutta me stessa per tenere queste quattro partite in Italia»
Valentina Vezzali, sottosegretario allo sport «Massima disponibilità ma l’Uefa ci lasci un po’ più di tempo»
Franco Locatelli, coordinatore del Cts «Indispensabile che l’Italia possa ospitare questo evento: è un’occasione di ripartenza»
Virginia Raggi, sindaca di Roma
cile fare una previsione per un evento che si terrà tra due mesi. Vaccinare gli atleti? Avrebbe un senso. Stadi aperti a settembre? Me lo auguro».
CLUSTER AZZURRO. Intanto ieri il professor Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani, intervenendo a La politica nel Pallone su Gr Parlamento, ha potuto dare una buona notizia, dopo i casi di positività di cui si è molto parlato: «De Rossi e Gaia Lucariello Inzaghi stanno meglio. Tra pochi giorni torneranno a casa». Poi sul tema caldo dell’Olimpico ha spiegato: «Riaprire in sicurezza sarebbe un segnale di rinascita. Vaccinare i nazionali non sarebbe uno scandalo».
Per quanto riguarda la ventina di contagiati azzurri (8 calciatori, una dozzina di membri dello staff tecnico e federale più un paio di esterni) dopo la dieci giorni di qualificazioni mondiali, le condizioni sono rimaste generalmente soddisfacenti. Gli uffici di via Allegri da ieri sono tornati a popolarsi di alcuni funzionari, scongiurata la paura. Il che non significa che una volta superato lo scoglio “Olimpico” non verrà analizzato quanto accaduto a fine marzo. Quasi certo a questo punto che verrà rivista l’organizzazione del pre ritiro in Sardegna dopo la fine del campionato. Se verrà confermato (25-28 maggio), i calciatori difficilmente saranno accompagnati dalle famiglie.