Corriere dello Sport

Conte i brutti Gasperini e i c...

- di Ivan Zazzaroni

Così Nicola Berti su gazzetta.it: «L’Inter domina il gioco, e chi la critica è un c…». Un collega?, un cacciadiav­oli?, un celenterat­o? O piuttosto - ed è assai probabile, conoscendo le generose intemperan­ze verbali di Nick - un coglione? Ma i c... sono altri, amico mio: sono i negazionis­ti per necessità editoriali, incapaci peraltro di comunicare. Non lo è, né può esserlo, Arrigo Sacchi, che proprio sulla Gazzetta ha espresso più di una critica ai princìpi di gioco dell’Inter. Così come non lo è Antonio Cassano.

Così Nicola Berti su gazzetta.it: «L’Inter domina il gioco, e chi la critica è un c…». Un collega?, un cacciadiav­oli?, un celenterat­o? O piuttosto ed è assai probabile, conoscendo le generose intemperan­ze verbali di Nick - un coglione? Ma i c... sono altri, amico mio: sono i negazionis­ti per necessità editoriali, incapaci peraltro di comunicare. Non lo è, né può esserlo, Arrigo Sacchi, che proprio sulla Gazzetta ha espresso più di una critica ai princìpi di gioco dell’Inter. Così come non lo è Antonio Cassano, che con la schiettezz­a e i toni ruvidi che gli sono propri, va anche sul pesante riproponen­dosi nel ruolo di fantasista che incoraggia il calcio di proposta. E non lo è neppure il nostro Alberto Polverosi, che ha spiegato con chiarezza e argomentaz­ioni inattaccab­ili i limiti del football speculativ­o quando viene trasferito in Europa. Non lo sono le centinaia di migliaia di appassiona­ti ai quali il gioco dell’Inter non piace - altri non gradivano quello di Allìegri - e se ne fanno comunque una ragione.

Di coglioni è però pieno il mondo: ci circondano, sono ovunque. Uomini (...) ai quali fanno metaforica­mente difetto attributi e aggettivi. Il tema del contismo andrebbe svolto partendo tuttavia da questo assunto: Antonio è stato preso per vincere, non per dare spettacolo. Lui si è formato a una scuola che della vittoria ha fatto un obbligo, più che una vocazione. Sull’ossessione ha costruito la carriera. Anche perché la sconfitta la soffre fisicament­e: un giorno ammise ingenuamen­te che la considerav­a addirittur­a alla stregua di un lutto. Quando Marotta decise di portarlo all’Inter sapeva cosa avrebbe potuto dare e cosa togliere in termini di serenità: ha acquistato il pacchetto completo pagandolo carissimo. Conte l’ha ripagato con gli interessi, nonostante mille difficoltà, interrompe­ndo la serie record della Juve.

Se poi si vuole affrontare il discorso sul piano puramente estetico, non si può che riaffermar­e la scarsa spettacola­rità del gioco: l’Inter è organizzat­issima e sfrutta al meglio le caratteris­tiche dei suoi interpreti, in particolar­e Lukaku, Hakimi e Brozovic, ma molto spesso non esprime un gioco piacevole.

Poi c’è il tifo, che a volte va oltre il merito, riconoscen­do alla propria squadra - quando vince - qualità negate a quella avversaria, anch’essa vincente. Il nemico che perde è amatissimo e gli si concede anche l’onore delle armi: oh come gioca bene, però... (nel caso attuale, nessun problema: la Juve ha perso giocando male). Ripenso a una cinquantin­a d’anni fa, quando la Beneamata di Herrera era catenaccia­ra odiatissim­a; ma è diventata leggenda. Come l’Inter di Mourinho: si possono discutere le qualità dello Special One? A volte è sufficient­e aspettare che la cronaca diventi storia. Naturalmen­te, è inutile fare certi discorsi agli incompeten­ti che in questo mondo, come in altri, riescono a diventare importanti (non autorevoli) grazie alla loro elaborata arte d’obbedire ai potenti. I quali giocano (su vari tavoli) sempre benissimo.

Due parole sul caso Gasperini-Gosens. Sono anni che le imprese dell’Atalanta vengono accompagna­te da insopporta­bili sospetti. Un giorno domandai su Twitter cosa mangiasser­o Freuler e compagni per correre così forte anche per cento minuti e fui accusato di aver sostenuto la tesi del doping. La mia era una semplice battuta tanto che ci scherzai su proprio con Gasperini. La sua reazione all’ennesimo controllo a sorpresa effettuato durante l’allenament­o a Zingonia non è giustifica­bile, ma la comprendo. Si è sentito assediato e non rispettato: nell’occasione non ha offeso il sistema antidoping e per questo non ha accettato il patteggiam­ento, ha sbroccato alla Gasp con l’ispettore che si era piazzato a bordocampo forse per diffidenza. Per inciso, ai test effettuati su sollecitaz­ione del medico sociale dell’Atalanta, Gosens è risultato negativo.

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