Corriere dello Sport

Se noi restiamo al piano di sotto

- di alberto Polverosi

Sempre spettacolo, solo spettacolo. Il calcio che ieri sera Neymar ha mostrato al Parco dei Principi non ha eguali in Europa in questo momento. Non ha segnato (solo pali...), è vero, e il Psg ha perso rischiando fino all’ultimo.

Sempre spettacolo, solo spettacolo. Il calcio che ieri sera Neymar ha mostrato al Parco dei Principi non ha eguali in Europa in questo momento. Non ha segnato (solo pali...), è vero, e il Psg ha perso rischiando fino all’ultimo istante di uscire dalla Champions dopo i tre gol di Monaco di Baviera e dopo aver costruito almeno dieci palle-gol a Parigi, ma soprattutt­o stavolta non può essere il punteggio a condiziona­re il giudizio. Quando tornerà il Pallone d’Oro, questo fenomeno di numero 10 lo porterà a casa sua. All’andata doveva vincere il Bayern e ha perso, al ritorno doveva vincere il Psg e ha perso, conquistan­do però la semifinale contro il City o il Borussia Dortmund. Il Bayern, a cui mancava Lewandowsk­i e non solo, l’ha tenuta in piedi fino in fondo. Dalla Champions esce la squadra campione, una squadra che non finisce mai.

Non è stata dello stesso livello Chelsea-Porto, il 2-0 dell’andata aveva messo i londinesi nella condizione di gestire (Tuchel ha portato tre centravant­i in panchina), ma alla fine anche in una partita non indimentic­abile è arrivato un gol da Champions, quello di Taremi in rovesciata.

Stasera lo show prosegue. Lo strano e incerto Liverpool di questa stagione deve fare un’impresa ad Anfield per eliminare il Real Madrid. All’andata i Reds sono stati inceneriti dalla squadra di Zidane: nell’epoca trionfale di Klopp non era mai successo che il Liverpool concludess­e il primo tempo senza mai tirare in porta. Ma incerta e interessan­te è anche la partita del Westfalsta­dion, dove Guardiola è chiamato a risolvere il primo problema emerso in questa stagione, ovvero la gara d’andata contro il Borussia Dortmund. Il 2-1 potrebbe non bastare se di fronte hai il capocannon­iere della Champions e, se non basta, riparte la storia di Pep che, lontano da Barcellona, non è più lo stesso.

Ma il vero problema di questa e di altre Champions è soprattutt­o nostro. Se non ci diamo una mossa diventerem­o presto i vouyer d’Europa. Anche ieri e anche oggi, tutti seduti davanti alla tv senza palpiti, senza tensioni, senza emozioni se non quelle legate a uno spettacolo a cui non siamo più ammessi da tempo. Già l’andata di questi quarti di Champions aveva mostrato in modo chiaro e spietato quanta strada dovremo fare per raggiunger­e questo livello. C’è rimasta la Roma, ma nell’altra coppa, quella che si gioca di martedì e mercoledì non è affar nostro da tempo. Basterebbe mettere insieme le panchine delle quattro sfidanti di ieri per misurare in maniera attendibil­e la distanza fra noi e il resto della nobiltà europea: Kepa; Kehrer, Christense­n, Javi Martinez, Emerson Palmieri (titolare in due delle ultime tre gare dell’Italia); Rafinha, Verratti, Herrera; Kean, Giroud, Werner. Questo nonostante assenti del calibro di Lewandowsk­i, Goretzka, Marquinhos, Gnabry, Douglas Costa, Süle e Tolisso. Sul piano tecnico sono lontanissi­mi, ma la vera distanza che non riusciamo a colmare è nella visione del gioco. I timori delle italiane diventano il coraggio delle europee. Questa per ora è la Champions dei ventenni, di Haaland capocannon­iere, di Mount che con un gol al 90' ha rimesso Guardiola in corsa, di Vinicius che al “Di Stefano” ha travolto il Liverpool. Uno come Mbappè, il protagonis­ta all’Allianz Arena, a 22 anni è già vecchio... Loro ammirati, noi vouyer.

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ANSA Tutta la festa del Psg, in semifinale per la seconda edizione di fila
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GETTY Orsato in azione con un cartellino giallo al Parco dei Principi

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