Corriere dello Sport

«Sogno una grande in Europa»

Il giovane azzurro si lancia verso il futuro «Mi sento già pronto anche per un club straniero. E vorrei giocare le Coppe»

- Ramazzotti

Si sente pronto per giocare con la maglia di una grande. Anche a costo di andare all’estero. Manuel Locatelli dentro di sé è convinto che la sua carriera sia vicina a una svolta. Non perché due settimane fa in Bulgaria, con la maglia azzurra, ha segnato un gol pesantissi­mo, tra l’altro il suo primo con la Nazionale, ma perché il rendimento avuto in questo e nello scorso campionato è stato tanto importante da catturare le attenzioni di diversi grandi club tra i quali la Juventus, l’Inter e almeno un paio di società straniere (Manchester City e l’Atletico Madrid). Nelle sue parole, però, non c’è un filo di presunzion­e: è sempre lo stesso ragazzo innamorato del pallone che a 16 anni ha iniziato ad allenarsi nel Milan guidato da Allegri. Allora aveva il sogno di debuttare in Serie A e di diventare un calciatore profession­ista. Missione compiuta. Con il passare del tempo di obiettivi ne ha centrati altri e la prossima estate spera di raggiunger­ne un altro vincendo l’Europeo.

Locatelli, se ripensa alla stagione che lei e il Sassuolo avete vissuto finora, che giudizio dà? «Per la qualità che abbiamo in rosa, in certe partite potevamo fare di più. Siamo una bella squadra, giochiamo bene e ci siamo conquistat­i con merito un posto di prestigios­o in classifica. Ora però l’obiettivo è chiudere il campionato all’ottavo posto».

Entrare in zona Europa era davvero impossibil­e?

«Non credo, ma le prime sette stanno andando forte, mentre noi in alcune partite potevamo fare di più. Mi vengono in mente la sconfitta contro il Toro quando stavamo vincendo 2-0, una vera disfatta, ma abbiamo buttato via punti anche contro il Parma e contro lo Spezia in casa».

A San Siro con l’Inter, invece, non vi sono bastati il 70% di possesso e il doppio delle conclusion­i rispetto ai nerazzurri per evitare il ko.

«Il rammarico per quel risultato è grande. Ho visto la partita dalla tv e un episodio dubbio (mancato rigore concesso su Raspadori, rete del 2-0 dell’Inter sul ribaltamen­to di fronte, ndr) ha cambiato il match. Potevamo e dovevamo essere più concreti, anche se di fronte avevamo la formazione che vincerà lo scudetto».

Il Sassuolo può fare lo stesso percorso il crescita dell’Atalanta, in lotta per l’ingresso in Champions League per il terzo anno di fila?

«Difficile perché l’Atalanta ha fatto un’impresa pazzesca ed è un esempio per i risultati raggiunti. Anche il Sassuolo però può puntare in alto se continua così. Con De Zerbi in panchina è sotto gli occhi di tutti quello che abbiamo fatto e dare sempre dal filo da torcere a chiunque abbiamo di fronte è una bella cosa».

A lei cosa ha dato De Zerbi? «Mi ha aiutato a crescere sotto l’aspetto delle conoscenze tecnico-tattiche, ma anche sotto l’aspetto umano. Con lui sono maturato parecchio».

E ha “assaggiato” sia il bastone sia la carota... «Proprio così. Tra noi non sono state solo rose e fiori, ma ci sono stati anche diverbi. Anzi, vere e proprie litigate. Dopo quei confronti ero arrabbiato con lui, ma con il tempo ho capito: ciò che diceva era per farmi crescere. Quando sei giovane puoi sbagliare e io l’ho fatto: pensavo di dover giocare sempre e invece mi trovavo in panchina, spesso dopo essere stato pure rimprovera­to in allenament­o. Nel 2018 avevo scelto il Sassuolo perché De Zerbi mi aveva voluto e, se non mi schierava tra i titolari, me la prendevo. Non capivo che il problema ero io, non il mister».

Quando è cambiata la situazione?

«Appena ho iniziato ad allenarmi tutti i giorni dando sempre il massimo. Il resto lo hanno fatto le idee che De Zerbi mi ha trasmesso: sul campo è uno migliori tecnici in circolazio­ne e con lui impari parecchio. La fiducia in me stesso è cresciuta e ora sono più sicuro delle mie possibilit­à».

Così si è meritato la convocazio­ne in Nazionale.

«Ogni volta che indosso la maglia azzurra è il coronament­o di un sogno del bambino Manuel. Giocare per l’Italia è sempre stato il mio obiettivo e aver convinto Mancini a chiamarmi è un orgoglio. Io però non mi sento arrivato e so che devo confermarm­i un giocatore importante in ogni gara con il Sassuolo».

A proposito di Nazionale e Sassuolo, i neroverdi convocati in occasione dell’ultimo trittico di gare per Qatar 2022 erano ben quattro. Più di alcune grandi.

«Merito della società e del mister. Mancini dà un’occasione a chi se la merita e qui a Sassuolo fanno le cose per bene».

Le piace o le va stretto il ruolo di prima alternativ­a al centrocamp­o Barella-Jorginho-Verratti? «L’Italia ha una mediana fortissima e la concorrenz­a è grande. Già essere tra i convocati è stupendo. Sta a me essere sempre sul pezzo se voglio restarci. Jorginho, Verratti e Barella, oltre a essere bravissimi ragazzi, sono grandissim­i calciatori ed è bello allenarmi con loro, misurarmi con i migliori centrocamp­isti d’Italia. E’ così che si cresce».

Dopo il gol alla Bulgaria il suo primo pensiero è andato a... «Alla mia fidanzata Thessa. L’esultanza era tutta per lei e per il nostro cane Teddy che non c’è più da qualche settimana. Quando ho visto la palla entrare, mi sono venuti in mente tanti momenti da quando gioco a calcio.

E’ stata un’emozione incredibil­e, un qualcosa di davvero toccante».

Pensa già agli Europei? «Sì, ci penso sempre perché gli Europei sono una competizio­ne importante. Al tempo stesso, però, sono consapevol­e che la convocazio­ne passerà attraverso un finale di stagione importante con il Sassuolo. Non posso e non voglio mollare un centimetro».

E’ giusto considerar­e l’Italia una delle favorite per la vittoria finale a Euro 2020?

«I risultati importanti ottenuti da quando c’è Mancini, l’autostima che è cresciuta e il gruppo unito creato a Coverciano sono componenti fondamenta­li per pensare in grande. Andiamo avanti partita dopo partita, ma questa Italia può sognare».

Anche di salire sul tetto d’Europa, cosa che non accade dal 1968?

«Sì. Siamo l’Italia e il sogno deve essere quello. Non dico che siamo i favoriti assoluti perché ci sono grandi avversarie, ma l’obiettivo deve essere quello di arrivare in fondo».

Quali meriti ha Mancini? «All’Italia ha dato tanto, soprattutt­o entusiasmo e risultati. E poi è stato bravo a creare un gruppo nel quale si respira aria di famiglia. Ci sono i presuppost­i per fare grandi cose».

Prima degli Europei, come ha detto lei, c’è il finale di stagione con il Sassuolo e, sabato, la gara contro la Fiorentina.

«Mi aspetto un’avversaria avvelenata dalla classifica che non rispecchia le sue potenziali­tà. Dovremo stare molto attenti perché contro l’Atalanta i viola hanno disputato un’ottima prova e verranno a Reggio Emilia per far punti».

E’ Vlahovic il pericolo pubblico numero uno?

«Sta facendo un bel campionato, ma c’è anche Ribery, un campione che da un momento all’altro può cambiare la sfida. Fermare quei due non sarà facile».

La Fiorentina invece da chi dovrà guardarsi?

«Non do suggerimen­ti (ride, ndr). Se però volete sapere i nomi di tre giovani del Sassuolo che mi stanno impression­ando, dico Raspadori, Traore e Turati. Vedrete che questi ragazzi faranno belle cose».

«Il nostro obiettivo è l’ottavo posto Peccato per i punti persi come col Toro»

«Quattro neroverdi in Nazionale! E dico occhio a Raspadori e Turati. Più Traore»

«Penso all’Europeo tantissimo. Mancini un maestro. Gruppo che può vincere»

«Mi piace impostare ma anche finalizzar­e Il gol alla Bulgaria? Con dedica speciale»

A proposito di futuro, Locatelli è pronto per una grande?

«Sì».

Così, secco...

«Sì (sorride, ndr). Sono cresciu

to e sono pronto».

E se la chiamata arrivasse dall’estero? Sarebbe disposto a lasciare la Serie A e l’Italia? «Perché no?».

Il nostro calcio dopo Verratti, Florenzi, Jorginho, Kean ed Emerson Palmieri si deve rassegnare a perdere un altro azzurro? «Giocare all’estero per me è un’opzione e in questo momento non mi precludo niente. Non mi piace parlare troppo di mercato anche perché di questo si occupano i miei agenti e i dirigenti del Sassuolo. Non so se questo sarà il mio ultimo anno qui o cosa mi riserverà il futuro. Quando e se ci saranno delle opportunit­à, le valuteremo tutti insieme».

Lei in una grande ha già giocato visto che è cresciuto nel Milan e lì è stato protagonis­ta. «Non vorrei tornare su quell’esperienza perché preferisco concentrar­mi sul futuro. Ho già detto che è stata positiva perché mi sono allenato con grandi campioni, ho esordito in Serie A con la maglia rossonera e ho provato il brivido lungo la schiena che ti dà segnare a San Siro contro la Juventus. E’ arrivato tutto in fretta, quasi non me lo sono goduto, e per questo il momento dell’addio al Milan è stato molto pesante, una vera delusione. Avevo perso fiducia in me stesso e l’ho ritrovata grazie al Sassuolo».

Il Milan quasi tre anni fa l’ha venduta per 12 milioni complessiv­i più altri 2 di bonus. Adesso è valutato tre volte tanto. Che effetto le fa? «Sono tanti soldi, una cosa che da bambino neppure potevo pensare. Io però devo concentrar­mi sul rettangolo verde: lì devo mostrare quanto valgo e divertirmi».

Sapere di valere così tanto o di essere al centro del mercato, leggendo degli interessam­enti della Juve, dell’Inter o di altri top club, non la distrae? «Fa parte del mio lavoro e significa che ho alzato il mio livello. Certi attestati di stima e l’interessam­ento di grandi società aumentano le mie motivazion­i e mi fanno capire che sono sulla strada giusta».

Qual è il sogno rimasto nel cassetto di Locatelli? «Prima di tutto andare all’Europeo, poi giocare in Champions

League e infine vincere un trofeo. Non so ancora dirvi quale però...».

Qual è il suo ruolo ideale: mediano nel 4-2-3-1, mezzala o davanti alla difesa nel 4-3-3? «Non saprei... A me piace sia impostare sia andare a rifinire l’azione. In Nazionale ho fatto la mezzala, ma posso stare anche nel centrocamp­o a due. L’obiettivo per il futuro è migliorare davanti difesa dove mi sento al centro del gioco e tocco tanti palloni».

Quali sono i punti di riferiment­o, i miti, di Locatelli? «Da ragazzo il mio idolo era Pirlo, ma mi piacevano anche De Rossi e Marchisio. Al Milan ho imparato tanto allenandom­i con Montolivo. Ora ammiro parecchio Kroos per la sua eleganza e per quello che fa in campo».

«Il mio primo idolo è stato Pirlo. Poi DDR e Marchisio Ora ammiro Kroos»

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GETTY La felicità di Manuel Locatelli, 23 anni, sopra a segno a Napoli, lo scorso 1 novembre e qui a fianco in Bulgaria, il 28 marzo, primo gol in azzurro

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